Danno biologico terminale e danno catastrofale: nuovi criteri di liquidazione

Paolo Mariotti
Raffaella Caminiti
12 Settembre 2017

Alla lesione dell'integrità psicofisica con esito letale può, talvolta, accompagnarsi la lucida e consapevole attesa della morte e l'impossibilità di sottrarsi alla stessa, meritevole di risarcimento.
Il danno «catastrofale»

Alla lesione dell'integrità psicofisica con esito letale può, talvolta, accompagnarsi la lucida e consapevole attesa della morte e l'impossibilità di sottrarsi alla stessa.

Questa drammatica situazione fa sorgere il diritto del soggetto leso al risarcimento del danno non patrimoniale c.d. «catastrofale», conseguente alla sofferenza patita per essere sopravvissuto per un lasso di tempo, anche minimo, in condizione di «lucida agonia», tale da consentirgli di percepire la gravità della propria condizione e di soffrirne (ex permultis, Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2012, n. 6273; Cass. civ., sez. III, 21 marzo 2013, n. 7126 con nota di L.VISMARA, Un illecito civile determina la morte non immediata della vittima: qualificazione, quantificazione e prova del «danno catastrofale», in Ridare.it, nonché A.VILLA, 9 ore di agonia: riconosciuto il risarcimento del danno morale iure hereditatis, in D&G, fasc.0, 2013, pag. 350; Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2014, n. 13537.

In consonanza con la giurisprudenza ampiamente maggioritaria della Corte di cassazione, le note sentenze rese a Sezioni Unite dell'11 novembre 2008 (Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008 n. 26972; Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008 n. 26973; Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008 n. 26974; Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008 n. 26975) hanno precisato che, nel caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo, tale danno si sostanzia in una «sofferenza psichica, di massima intensità anche se di durata contenuta, (…) che, non essendo suscettibile di degenerare in danno biologico, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, non può che essere risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione. (…) Il giudice potrà (…) correttamente riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia in consapevole attesa della fine» (V., inoltre, sul tema M.FABIANI, Danno catastrofale, in Ridare.it).

Oltre che in caso di morte immediata (o pressoché immediata), non è risarcibile tale danno allorché il soggetto leso non abbia patito alcuna sofferenza nei termini sopra indicati, essendo entrato in stato di coma nell'immediatezza dell'evento lesivo, perdurato sino al decesso (Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2012, n. 6273, cit.; Cass. civ., sez. III, 16 gennaio 2014, n. 759; Trib. Milano, sez. XII, 9 giugno 2014, n. 7582; App. Napoli, 9 febbraio 2017 n. 589 , con nota di F.ROSADA, Morte del congiunto: criterio di calcolo del danno trasmissibile agli eredi, in Ridare.it; v., inoltre, Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2014, n. 13537, cit., relativa al decesso di una persona che, trasportata su un autobus adibito al pubblico trasporto, era caduto a causa di una brusca frenata del mezzo e deceduto 12 giorni più tardi. Osserva la Suprema Corte che, in difetto della consapevolezza di dover morire, «non è nemmeno concepibile l'esistenza del danno in questione, a nulla rilevando che la morte sia stata effettivamente causata dalle lesioni». V. nota di P. MARIOTTI, R. CAMINITI, Risarcibilità del «danno catastrofale» iure hereditatis solo in caso di «lucida agonia» della vittima, in Ridare.it.

Per quanto riguarda l'onus probandi, incombe sui richiedenti la dimostrazione (documentale e/o testimoniale) del requisito della sofferenza e dello stato di consapevolezza della vittima prima del decesso (ex multis, Cass. civ., sez. III, 11 ottobre 2012, n. 17320).

La quantificazione e la conseguente liquidazione del danno «catastrofale», stante la natura peculiare di tale pregiudizio, avvengono di regola secondo un criterio equitativo puro ex artt. 1226 e 2056 c.c.

Una volta provata la consapevolezza, da parte della vittima, della gravità delle lesioni e dell'imminente perdita della vita, sarà liquidabile agli eredi, in via equitativa, la corrispondente voce di danno, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto (ex permultis, Cass. civ., sez. III, 6 agosto 2007, n. 17177; Cass. civ., sez. III, 8 aprile 2010, n. 8360; App. Venezia, sez. IV, 7 aprile 2014, n. 711).

In particolare, il giudice terrà conto dell'età della vittima, della gravità delle lesioni, delle cure effettuate e delle sofferenze patite durante il periodo intercorso tra l'evento lesivo e la morte, dello stato di coscienza in tale arco temporale (Cass. civ., sez. III, 13 dicembre 2012, n. 22896).

Il dies a quo decorre non necessariamente dal momento in cui si concretizzano le lesioni a causa delle quali sopraggiungerà la morte della vittima dell'illecito, ma ben può essere il fatto dal quale si innesca la sequenza ineluttabile di accadimenti che cagioneranno le lesioni e, quindi, il decesso (Trib. Firenze, 30 aprile 2015 n. 1466, con nota di F.ROSADA, Danno catastrofale: da quando sussiste la consapevolezza dell'imminente morte?, in Ridare.it).

Segue: distinzione tra danno «biologico terminale» e «catastrofale»

Pur riscontrando, talvolta, confusione terminologica, occorre distinguere il danno «catastrofale» dal danno «biologico terminale», essendone diversi i presupposti (sull'autonomia ontologica dei predetti danni, v. Cass. civ., sez. III, 21 marzo 2013, n. 7126, cit.; Cass. civ., sez. III 14 maggio 2014, n. 10524, con nota della REDAZIONE SCIENTIFICA, La richiesta di liquidazione del danno morale terminale iure hereditatis deve essere espressa, in Ridare.it).

Difatti, il danno «catastrofale» può essere riconosciuto agli eredi della vittima primaria dell'illecito sia in presenza di un «apprezzabile» lasso di tempo tra l'evento lesivo e il decesso (e, quindi, può essere liquidato unitamente al danno «biologico terminale»), sia nel caso in cui non sussista un lasso di tempo giuridicamente «apprezzabile» per dar corso al riconoscimento del danno «biologico terminale» (Cass. civ., sez. III, 16 novembre 2011, n. 24016, cit.; v., inoltre, Cass. civ., sez. III, 20 settembre 2011, n. 19133).

Ciò in quanto, sebbene la brevità del periodo di sopravvivenza alle lesioni escluda la «apprezzabilità» a fini risarcitori del deterioramento della qualità della vita in ragione del pregiudizio alla salute (precludendo la configurabilità di un danno «biologico» risarcibile), non può escludersi, viceversa, che la vittima abbia potuto percepire le conseguenze catastrofiche delle lesioni subite e patire sofferenza, sicché il diritto al risarcimento risulta già entrato a far parte del suo patrimonio al momento della morte e, di conseguenza, può essere fatto valere iure hereditatis (ex pluribus, Cass. civ., Sez. Un., 22 luglio 2015, n. 15350, cit. Per una più ampia trattazione, v. D.SPERA, La lucida agonia del danno tanatologico in attesa delle Sezioni Unite, in Ridare.it).

Ad assumere rilievo quale criterio per la configurabilità del danno «catastrofale» non è, dunque, la sussistenza di un «apprezzabile» intervallo di tempo tra evento lesivo e decesso della vittima, ma l'intensità della sofferenza provata (oltre alle sentenze già citate, v. Cass. civ., sez. III, 20 agosto 2015, n. 16993).

La proposta elaborata dall'Osservatorio per la Giustizia Civile del Tribunale di Milano. Prime applicazioni della nuova tabella

La criticità connessa alla mancanza di certezza del diritto e di uniformità di risarcimento, allorché si proceda da parte dei giudici di merito a una liquidazione equitativa c.d. «pura» - con il rischio che situazioni simili siano trattate e risarcite in maniera sensibilmente (e inaccettabilmente) diversa -, si pone all'origine della c.d. «sentenza Amatucci», la quale ha ritenuto i valori per la liquidazione del danno alla persona elaborati dall'Osservatorio per la Giustizia Civile del Tribunale di Milano equi, vale a dire in grado di garantire la parità di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o ridurne l'entità (Cass. civ., sez. III, 7 giugno 2011, n. 12408 cit.).

È in questo contesto - non esistendo, allo stato, specifiche tabelle - che si inserisce il pregevole e articolato lavoro compiuto da apposito Gruppo formatosi in senso all'Osservatorio per la Giustizia Civile del Tribunale di Milano (Segui l'Osservatorio di Milano - Le nuove frontiere del danno non patrimoniale, in Ridare.it), sfociato nell'elaborazione di una tabella per la liquidazione del «danno terminale», con l'obiettivo di individuare ponderati criteri liquidativi che tengano conto di una definizione unitaria di danno «terminale», e dunque omnicomprensiva di tutti quei pregiudizi talora denominati come danno «biologico terminale», «da lucida agonia» o «morale catastrofale» (scongiurando possibili duplicazioni risarcitorie), salvo poi procedere all'eventuale «personalizzazione» nel singolo caso concreto, in presenza di specifici elementi idonei a dimostrare ulteriori sofferenze fisiche o psichiche (il cui onere probatorio spetta a chi invoca detta «personalizzazione»), che giustifichino l'intervento correttivo in via equitativa del giudice (v. M.HAZAN, Gruppo Quattro: danno terminale (biologico e catastrofale) e danno tanatologico, in Ridare.it e Il danno terminale da morte, in Ridare.it; C.TRAPUZZANO, Liquidazione del danno terminale secondo parametri di ragionevolezza e omogeneità: la tabella proposta dall'Osservatorio di Milano, in Ridare.it).

In tale accezione omnicomprensiva, come tale rispettosa del principio espresso dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, il danno «terminale» include al suo interno ogni aspetto biologico e sofferenziale connesso alla percezione della morte imminente.

Per la determinazione della curva risarcitoria della tabella, è stato delimitato temporalmente tale danno che, per sua stessa definizione, si produce nel periodo circoscritto tra la lesione e la morte causata dalla stessa, tenuto conto – secondo l'esperienza medico legale – che il danno tende a decrescere col passare del tempo, essendo la massima sofferenza percepita nel periodo immediatamente successivo all'evento lesivo per poi ridursi progressivamente nella fase successiva.

Muovendo dall'analisi di un rilevante campione statistico di pronunce giurisprudenziali, verificato che per lo più la morte del soggetto leso, che percepisce l'imminenza della fine della propria vita, sopravviene entro pochi giorni dall'evento lesivo, è stato adottato un criterio applicabile in un più ampio numero di fattispecie, individuando convenzionalmente un tetto di 100 giorni complessivi entro cui tale pregiudizio sarà riconoscibile e risarcibile (con valore tabellari progressivamente decrescenti), oltre il quale (ovvero a partire dal 101° giorno) può presumersi che la vittima non patisca più per una lucida agonia da morte imminente, tornando ad esser risarcibile il solo danno biologico temporaneo, con possibilità di procedere ad una «personalizzazione» fino al 50% in relazione alle particolari sofferenze soggettive.

Per quanto riguarda la soglia temporale minima perché si possa discorrere di danno «terminale», essa è rimessa alla prudente valutazione del giudice, fermo restando che deve trattarsi di un lasso di tempo «apprezzabile», affinché la coscienza elabori e rappresenti l'evento morte.

E inoltre, poiché il danno «terminale» non è in re ipsa (non trattandosi di danno evento ma di danno conseguenza), la percezione consapevole dell'approssimarsi ineluttabile della morte (e l'immensa sofferenza che da tale consapevolezza deriva) costituisce il presupposto per consentire il risarcimento del pregiudizio in parola.

La tabella in commento è stata presentata – unitamente agli altri criteri di liquidazione proposti dall'Osservatorio di Milano «Gruppo Danno alla persona» – durante la XI Assemblea nazionale degli Osservatori sulla giustizia civile, svoltosi a Milano a fine maggio 2016.

Dopo il «Laboratorio nazionale sul danno alla persona», che si è tenuto a Milano a inizio maggio 2017 e dopo i lavori del Gruppo “Danno non patrimoniale alla persona”, svoltisi nel medesimo mese a Roma nell'ambito della XII Assemblea nazionale degli Osservatori sulla giustizia civile, la tabella prevede ora un c.d. «pozzetto» per i primi 3 giorni di sopravvivenza, in relazione al quale il giudice può decidere di liquidare il danno subito in detto intervallo temporale con una somma massima convenzionalmente stabilita fino ad euro 50.000,00 (originariamente euro 30.000,00), non ulteriormente personalizzabile, tenendo conto delle peculiarità del caso concreto e delle prove fornite dalle parti, mentre per i restanti 97 giorni sono previste poste risarcitorie via via più ridotte, per un quantum risarcitorio massimo di euro 130.000,00 (v. D.SPERA, Risarcimento del danno non patrimoniale, in Ridare.it e Verso l'approvazione definitiva delle nuove tabelle milanesi, in Ridare.it).

Si registrano, nel frattempo, le prime sentenze di merito che hanno applicato la nuova tabella.

Il Tribunale di Pavia – dopo aver affermato che, «in tema di danno iure hereditatis da lucida agonia, al fine di addivenire ad una liquidazione avulsa da criteri meramente discrezionali, sono utilizzabili le tabelle di recente elaborazione da parte dell'Osservatorio su Giustizia Civile del Tribunale di Milano» – ha liquidato a favore dei congiunti di una persona sopravvissuta 64 giorni dopo il sinistro stradale, per poi decedere a causa delle lesioni subite, l'importo di euro 10.000 per il primo giorno di lucida agonia e ulteriori, complessivi euro 9.135,00 per i 63 giorni successivi in stato di coma, tenuto conto dell'età della vittima e delle circostanze del caso concreto (Trib. Pavia, 26 gennaio 2017 n. 11, con nota della REDAZIONE SCIENTIFICA, Lucida agonia della vittima: il Tribunale tiene conto della proposta tabellare dell'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, in Ridare.it).

Di poco successiva è la sentenza della Corte d'appello di Napoli (App. Napoli, 9 febbraio 2017 n. 589, cit., con note di F.ROSADA e della REDAZIONE SCIENTIFICA, Le tabelle di Milano come garanzia di uniformità nella liquidazione del danno biologico terminale, in Ridare.it) che – confermati i principi giurisprudenziali secondo cui il danno «biologico terminale» è presente «a prescindere dalla coscienza o meno della percezione che il danneggiato abbia della lesione psicofisica» e che tale danno è risarcibile mediante il «riconoscimento di una somma rapportata non già alla vita media futura della vittima, ma alla vita effettivamente vissuta utilizzando il parametro tabellare della liquidazione a punti per ogni giorno di invalidità assoluta con opportuno correttivo di congrua personalizzazione» – ha liquidato a favore degli eredi del danneggiato la somma di euro 30.000,00 a titolo di danno «terminale» («(omissis…) Tenuto conto dei criteri di liquidazione di cui alla tabella predisposta dal Tribunale di Milano per la liquidazione del danno terminale, il danno biologico iure hereditatis, tenuto conto delle circostanze del caso unitamente ai 3 giorni di sopravvivenza di R.A., alla età della stessa di anni (omissis...) alla data del sinistro nonchè alla natura e entità delle lesioni da lei riportate, può liquidarsi alla attualità nella misura massima di € 30.000,00 non ulteriormente personalizzabile»). La Corte ha affermato che «la necessità di applicare un criterio liquidativo univoco nella liquidazione del danno biologico terminale risponde all'esigenza di garantire uniformità di giudizio per casi analoghi. Tale uniformità di trattamento è garantita dall'applicazione delle Tabelle di Milano».

Ha parimenti accolto le nuove proposte tabellari milanesi anche la Sezione VIII civile del Tribunale Napoli, la quale – in un caso di decesso di un paziente sottoposto ad intervento chirurgico di resezione intestinale e deceduto tre giorni dopo per shock settico post operatorio – ha affermato che «se dalla documentazione clinica si evince un'effettiva percezione delle conseguenze ineluttabili dell'evento, che ha generato sofferenza per la consapevolezza dell'avvicinarsi della morte, può essere riconosciuto come danno biologico terminale del defunto, l'ulteriore importo complessivo di euro 30.000,00 come proposto dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano» (Trib. Napoli, sez. VIII civ., 4 maggio 2017 n. 5156, con nota della REDAZIONE SCIENTIFICA, Danno terminale: accolte le proposte di Liquidazione dell'Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano, in Ridare.it).

Per quanto attiene al dibattito sull'adozione di un metodo tabellare e convenzionale per la liquidazione del «danno terminale», v. D.SPERA, Dibattito sulle proposte tabellari dell'Osservatorio di Milano, in Ridare.it); C.TRAPUZZANO, Liquidazione del danno terminale secondo parametri di ragionevolezza e omogeneità: la tabella proposta dall'Osservatorio di Milano, in Ridare.it); C.BREGGIA, Dibattito sulla proposta tabellare del Gruppo Quattro dell'Osservatorio sulla Giustizia del Tribunale di Milano in merito al danno terminale, in Ridare.it; F.MAROZZI, Il danno terminale e la morte di Ivan Ilic, in Ridare.it; M.HAZAN, Il cattivo esempio di Ivan Ilic (qualche nota ancora sul danno terminale), in Ridare.it.

In conclusione

Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, in caso di morte non immediata della vittima di un fatto illecito – e, dunque, allorché non vi sia contemporaneità tra produzione delle lesioni letali e decesso – gli eredi acquistano il diritto risarcimento dei danni sofferti dal loro dante causa e possono, pertanto, esercitare la relativa azione risarcitoria nei confronti del responsabile dell'illecito.

In caso di morte della vittima, rimasta lucida e cosciente, sopraggiunta dopo un «apprezzabile» arco temporale, i suoi eredi possono ottenere il risarcimento sia del danno «biologico terminale», sia del danno «catastrofale».

Diversamente, se la vittima muore in stato di incoscienza dopo un lasso di tempo «non apprezzabile», non può riconoscersi a favore degli eredi il ristoro del danno «biologico terminale», in mancanza del requisito della «apprezzabilità» dell'intervallo di tempo tra evento lesivo e decesso, e neppure del danno «catastrofale», difettando lo stato di lucidità della vittima sin dal momento di tale evento. In considerazione della natura non sanzionatoria, ma solo riparatoria o consolatoria del risarcimento del danno civile, ai congiunti, in questo caso, può spettare il solo risarcimento del danno iure proprio, conseguente alla perdita del rapporto parentale con la persona defunta (Cass. civ., sez. III, 24 marzo 2011, n. 6754, cit.).

E ancora, in caso di sopravvivenza della vittima per un lasso di tempo «non apprezzabile», ma in stato di lucidità e coscienza, non è configurabile (e, pertanto, non è trasmissibile agli eredi) il diritto al risarcimento del danno «biologico terminale», mentre si può dar corso al risarcimento del danno «catastrofale», in considerazione della sofferenza patita dalla vittima che è rimasta lucida durante l'agonia, in consapevole attesa della fine imminente.

Infine, se la morte sopraggiunge dopo un «apprezzabile» lasso di tempo dall'evento lesivo, durante il quale la vittima non sia rimasta cosciente e, dunque, non abbia percepito l'approssimarsi della morte, non è reclamabile, iure hereditatis, il risarcimento del danno «catastrofale» mentre, configurandosi comunque la lesione dell'integrità psicofisica del danneggiato, è risarcibile il danno «biologico terminale» (Cass. civ., sez. lav., 18 gennaio 2011, n. 1072, con nota di G.MILIZIA, Morti bianche: all'erede spetta solo il danno biologico terminale, in D&G, fasc.0, 2011, pag. 26).

È auspicabile, con riferimento alla liquidazione del danno «terminale», «al fine di addivenire ad una liquidazione avulsa da criteri meramente discrezionali» (come affermato da Trib. Pavia, 26 gennaio 2017 n. 11, cit.), l'utilizzo di criteri comuni e condivisi in tutte le Corti italiane, che ben possono essere individuati in quelli di cui alla proposta elaborata dall'Osservatorio per la Giustizia Civile del Tribunale di Milano, fermo restando (a partire dal quarto giorno) l'eventuale intervento correttivo in via equitativa del giudice, entro il limite del 50%,

L'adozione da parte dei giudici di merito di parametri di valutazione e di liquidazione uniformi, attraverso un apposito sistema tabellare, consentirà la massima uguaglianza e una ragionevole omogeneità risarcitoria, a fronte di situazioni analoghe sul piano fattuale, oltre che la prevedibilità delle decisioni e, di conseguenza, una più agevole gestione della fase stragiudiziale della liquidazione dei danni, favorendo gli accordi transattivi, con un positivo effetto deflattivo sul contenzioso giudiziario.

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