Onere della prova tra vittima di caduta accidentale e soggetto destinatario dell’obbligo di custodia

13 Maggio 2014

Il nesso di causalità rilevante nella fattispecie del danno cagionato da cose in custodia e' quello in ragione del quale ricorra la duplice condizione che il fatto costituisca un antecedente necessario dell'evento, nel senso che quest'ultimo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie di esso, e che l'antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano causale, dalla sopravvenienza di circostanze da sole idonee a determinare l'evento.Qualora il danneggiato provi l'evento dannoso e le condizioni peculiari della cosa che l'ha provocato, dimostrando di essere caduto mentre scendeva dalla scala avente le caratteristiche di cui si e' detto, ubicata in un pubblico edificio, spetta al soggetto obbligato alla custodia del bene dimostrare l'imprevedibilità' oggettiva ovvero l'eccezionalità' del comportamento della vittima, ovvero l'intervento di un fatto estraneo interruttivo di quel nesso eziologico, perché da solo idoneo a provocare l'evento, anche in mancanza di quei presidi antinfortunistici in astratto reputati necessari.
Massima

Cass.

c

iv.,

sez

. III, sent., 21

marzo

2013

n. 7125

Il nesso di causalità rilevante nella fattispecie del danno cagionato da cose in custodia e' quello in ragione del quale ricorra la duplice condizione che il fatto costituisca un antecedente necessario dell'evento, nel senso che quest'ultimo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie di esso, e che l'antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano causale, dalla sopravvenienza di circostanze da sole idonee a determinare l'evento.

Qualora il danneggiato provi l'evento dannoso e le condizioni peculiari della cosa che l'ha provocato, dimostrando di essere caduto mentre scendeva dalla scala avente le caratteristiche di cui si e' detto, ubicata in un pubblico edificio, spetta al soggetto obbligato alla custodia del bene dimostrare l'imprevedibilità' oggettiva ovvero l'eccezionalità' del comportamento della vittima, ovvero l'intervento di un fatto estraneo interruttivo di quel nesso eziologico, perché da solo idoneo a provocare l'evento, anche in mancanza di quei presidi antinfortunistici in astratto reputati necessari.

Sintesi del fatto

L'attrice nel giudizio principale adiva il tribunale di Trieste chiedendo la condanna del Ministero dell'Interno al risarcimento dei danni subiti a seguito della caduta rovinosa dalla scalinata, che si trovava all'interno dell'edificio della Questura locale, da reputarsi intrinsecamente pericolosa perché non provvista di corrimano e di accorgimenti antisdrucciolo, in violazione di precise disposizioni normative che impongono tali cautele nei pubblici edifici. Si costituiva il Ministero convenuto, resistendo alla domanda e contestando il rapporto di causalità fra la conformazione delle scale e l'evento addebitabile all'esclusiva responsabilità dell'attrice, la quale aveva deciso di scendere dalla scala monumentale anziché seguire il consiglio di usare l'ascensore, espressamente rivoltole da un agente ivi in servizio.
In esito al giudizio di primo grado, il Tribunale aveva accolto la domanda, ritenendo tuttavia la responsabilità concorrente della vittima nella misura del 50%, e, per l'effetto, condannando il Ministero dell'Interno al risarcimento dei danni, quantificati per la frazione in euro 91.922,42.
La Corte d'Appello di Trieste, adita dall'erede della danneggiata (nel frattempo deceduta), riformava la sentenza di primo grado, escludendo la responsabilità del Ministero dell'Interno, ed, in accoglimento dell'appello incidentale di quest'ultimo, rigettava la domanda risarcitoria condannando la parte istante alla restituzione di quanto percepito in esito ala domanda di primo grado, oltre al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

Ricorre l'erede della danneggiata principale per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Trieste, rilevandone la censurabilità in quattro motivi di ricorso principale.

La questione

Il ricorrente censura l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui, spettando all'attore l'onere della prova del nesso di causalità fra la cosa in custodia ed il danno, nel caso di specie parte attrice non avrebbe nemmeno offerto tale prova, che si sarebbe limitata a presumere per l'assenza sulla scala dei dispositivi antinfortunistici prescritti dalla legge. “Sostiene il ricorrente che l'affermazione sarebbe scorretta ed intrinsecamente contraddittoria perché non si sarebbe avvalsa della prova presuntiva desumibile dai seguenti fatti, emersi in causa: il fatto della caduta e il fatto della "intrinseca pericolosità" della scala, priva dei presidi antinfortunistici, e della sua struttura, curva, in pietra lucida, di per sé dunque scivolosa. Dalla combinazione logica di tali fatti, il giudice avrebbe dovuto trarre la spiegazione della dinamica dell'evento dannoso secondo un giudizio di verosimiglianza e normalità, come da giurisprudenza di legittimità richiamata in ricorso e come da corretta interpretazione dei principi sulla prova presuntiva”.

Sostiene inoltre il ricorrente che “i fattori in grado di escludere la responsabilità del custode, ai sensi dell'

articolo 2051 c. c.

, sarebbero soltanto quelli che, essendo eccezionali, cioè diversi da quelli che l'esperienza e la regola dell'id quod plerumque accidit portano a ricondurre all'oggetto in questione, ricadono perciò nel concetto di "fortuito", come interpretato dalla giurisprudenza richiamata in ricorso. Nel caso di specie, secondo il ricorrente, il Ministero non avrebbe provato il fortuito e la motivazione sul punto sarebbe del tutto contraddittoria”.

Le soluzioni giuridiche

L'

art. 2051

c.c.

disciplina una particolare categoria di colpa presuntiva, più spesso ritenuta “oggettiva”, che regola una molteplicità di ipotesi nella vita comune di ognuno di noi, seguendo il brocardo: “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

La casistica è estremamente ampia e variegata e riguarda molte situazioni della vita comune: si va dalla responsabilità presunta per il gestore di un esercizio pubblico che deve tenere l'area di accesso all'utenza libera da insidie e possibili cause di inciampo, alla colpa del gestore della rete autostradale per non avere (ad esempio) liberato la strada da possibili situazioni di pericolo per i veicoli in transito.

Ancora, il proprietario di un terreno è responsabile per i danni arrecati ai terzi per esempio dalla caduta di un albero su un bene di proprietà altrui, oppure per l'incendio accidentalmente sprigionatosi dalla sua proprietà, salvo che provi che tali accadimenti siano dovuti a forza maggiore, come un evento climatico eccezionale, ovvero dalla azione illecita di un altro soggetto responsabile (come nel caso di incendio doloso).

Più in generale il custode del bene è colui che esercita sullo stesso (nel senso che ne ha facoltà giuridica) un potere di dominio su tali beni che possano astrattamente procurare danni a terzi.

L'ordinamento considera dunque il custode presuntivamente responsabile, lasciando allo stesso la facoltà di liberarsi da tale automatica imputazione di colpa provando che il fatto non sia in minima parte a lui addebitabile.

Così, tale tipo di responsabilità, dotata di una propria specifica rilevanza ed autonomia all'interno delle varie figure di responsabilità di tipo extracontrattuale previste nel nostro ordinamento, discende direttamente dal dovere di custodia che grava su tutti quei soggetti che abbiano un effettivo e non occasionale rapporto di fatto con un bene e per il fatto dannoso provocato del bene stesso.

La ratio che ha indirizzato la scelta di codifica della norma risiede dunque nella particolare rilevanza che l'ordinamento da al potere di dominio del bene associando dunque al possesso della cosa quell'onere in capo al custode di renderla non pericolosa per la collettività e prevedendo, tramite l'adozione di una forma di responsabilità particolarmente gravosa, una colpa automatica quale sanzione per ogni mancata diligente prudenza che il titolare del diritto reale sul bene ometta nella sua gestione quotidiana.

Nel caso specifico, la Corte, nell'accogliere il ricorso dell'erede della vittima e nel cassare la sentenza assolutoria del Ministero, rileva che la decisione impugnata vada cassata non essendosi la stessa attenuta ai principi di diritto sopra richiamati ed in particolare a quelli per i quali la responsabilità del custode, di cui all'

articolo 2051 c.c.

, ha natura oggettiva e presuppone non la colpa conclamata del custode, ma la mera esistenza d'un nesso causale tra la cosa ed il danno, la cui prova e' fornita dal danneggiato mediante la dimostrazione delle condizioni potenzialmente lesive possedute dalla cosa, da valutarsi alla stregua della normale utilizzazione di essa.

Osservazioni e suggerimenti pratici

In via generale, gli enti tenuti alla gestione ed alla manutenzione dei beni di passaggio e di uso pubblico, rispondono, quali custodi, sia in forza dell'

art. 2043 del Codice Civile

(che impone un obbligo generale di diligenza ed attenzione nella gestione del bene), sia per effetto della presunzione di responsabilità contenuta nell'

art. 2051 c.c.

il quale disciplina una sorta di responsabilità oggettiva che può essere superata solo ove l'ente demandato provi che la caduta sia stata provocata da un caso fortuito.

Al tempo stesso, però, il giudice del merito non deve omettere di considerare la possibilità in fatto di una condotta responsabile e concorrente della vittima stessa la quale, per esempio per la particolare conformazione del bene stesso e per la relativa avvistabilità dell'insidia, abbia omesso di procedere senza prestare la doverosa attenzione, con ciò contribuendo attivamente alla caduta e dalla materialità del danni lamentati.

Il concorso colposo della vittima che cada a terra per effetto di una insidia, infatti, ben può essere dichiarato in associazione alla colpa del custode, ai sensi di quanto previsto dall'

art. 1227

c.c.

, che, al primo comma, dispone che “se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate”.

Conclusioni

Nel riparto dell'onere probatorio tra vittima e custode, al primo spetterà allegare e dimostrare il fatto, la pericolosità intrinseca del bene e la relazione causale tra la caduta e le lesioni subite. Mentre al custode, gravato della presunzione quasi assoluta di responsabilità, spetterà dimostrare che la caduta sia da ricollegare ad un evento fortuito, esterno ed imprevedibile, oltre che inevitabile, ovvero al fatto concausale della stessa vittima che abbia omesso l'adozione di una doverosa prudenza ed attenzione nell'accedere all'area pericolosa.

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