Il risarcimento del danno morale quale massima espressione della dignità umana
13 Maggio 2014
Massima
Trib. Milano, sez. X, 14 febbraio 2014 n. 2327 Deve essere risarcito il danno non patrimoniale della persona offesa minore di età, consistente nella lesione della libertà sessuale e dignità - diritti fondamentali che l'art. 609quater c.p. è volto a tutelare - nella sofferenza psico-fisica derivante, nonchè il danno relativo alle profonde modifiche delle abitudini di vita e delle relazioni. Anche i genitori della persona offesa dal reato di atti sessuali con minorenne, pur non essendo vittime primarie dell'illecito penale, hanno diritto iure proprio al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi del combinato disposto degli art. 185 c.p. e art.2059 c.c. Ai fini della quantificazione del danno non patrimoniale si devono tenere in considerazione: la gravità degli atti di un insegnante sull'alunno; il contesto in cui si è verificato l'evento lesivo (durante l'affidamento del minore alla scuola); la giovane età del ragazzo (anni 13); le sostanziali modifiche delle abitudini di vita (cambio di paese, abitazione, scuola). (Nel caso di specie, a titolo di danno non patrimoniale complessivo viene liquidato in via equitativa, alla persona offesa, la somma di euro 70.000,00 e ai suoi congiunti euro 40.000,00 al padre ed euro 50.000,00 alla madre). Sintesi del fatto
La vicenda riguarda un giovane di tredici anni che subisce atti sessuali da parte della sua insegnante di scuola, durante l'orario scolastico. In seguito alla vicenda, la famiglia aveva ritenuto necessario spostare il giovane in altro plesso scolastico oltre che cambiare paese di residenza. Interveniva sentenza penale di condanna dell'insegnante per il reato di cui all'art. 609 quater, nn. 1 e 2 c.p. (atti sessuali con minorenne) per aver commesso atti di masturbazione sull'alunno all'epoca dei fatti tredicenne. I genitori del ragazzo in proprio e quali genitori esercenti la potestà genitoriale sul figlio minore proponevano la causa civile nei confronti del Ministero della Pubblica Istruzione dell'Università e della Ricerca e dell'ente scolastico Il Tribunale riteneva vincolante, ex art. 651 c.p.p., la decisione nel giudizio civile di danno, essendo la sentenza passata in giudicato e per l'effetto, dichiarava la responsabilità contrattuale dei convenuti nei confronti del giovane, la responsabilità extracontrattuale nei confronti dei genitori e li condannava, in solido, al risarcimento di tutti i danni subiti dagli attori. La questione
La questione in esame è la seguente: in tema di liquidazione del danno morale, ai fini dell'integrale risarcimento, è corretto ancorarsi ai criteri sino ad oggi adottati oppure, alla luce dei nuovi aspetti evidenziati dagli ultimi arresti giurisprudenziali, è necessario procedere ad una rivisitazione degli stessi? Le soluzioni giuridiche
Per una corretta quantificazione del danno morale, sono intervenute le Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza Cass. S.U. n. 26972/2008, nonché, da ultimo, la Cass. n. 1361/2014 che per la prima volta, nel trattare le problematiche sottese a detta posta di danno, ha riferito che trattasi della massima espressione di dignità umana e integrità morale, agganciandolo all'art. 1 della Carta di Nizza. La giurisprudenza è univoca, inoltre, nel ritenere che anche il danno morale rientri nell'alveo dei “danni conseguenza” e pertanto postula la verifica degli elementi nei quali si articola l'illecito extracontrattuale ex art. 2043 c.c. (condotta, nesso causale, danno conseguenza, ingiustizia determinata dalla lesione di interessi meritevoli di tutela).
Osservazioni e suggerimenti pratici
Il metodo sistematico individuato dalle Sezioni Unite del 2008 (unicità del danno non patrimoniale) è stato spesso utilizzato dagli operatori del diritto per limitare il risarcimento dei danni, strumentalizzando la necessità di evitare indebite duplicazioni (ad esempio: no il danno morale perché già incluso nel danno biologico; no danno esistenziale del quale non si deve più discorrere). In realtà, il pregio delle ss.uu. è stato principalmente quello di confermare che il danno non patrimoniale è un danno conseguenza e che pertanto abbisogna della specifica prova della sua esistenza oltre che del nesso causale rispetto al fatto illecito. Seguivano, invece, ingiustificate contrazioni risarcitorie da parte dei giudici di merito e di legittimità, così che i Supremi giudici, con la sentenza Cass. n. 20292/2012, hanno sentito l'esigenza di chiarire che non importano le “etichette” delle poste di danno, bensì è fondamentale che tutte le conseguenze dannose siano oggetto di apprezzamento e di liquidazione da parte del giudice, al fine di evitare tanto le duplicazioni quanto le omissioni risarcitorie. Seguiva, quindi, ancora la necessità – che si ravvisa chiaramente nella sentenza della Suprema Corte (Cass. n. 1361/2014) - di sottolineare il principio dell'integralità del risarcimento del danno. Ed è in questo solco che, a mio parere, la sentenza Cass. n. 1361/2014 ha affrontato l'argomento del danno morale, mettendone in risalto gli aspetti di massima espressione di dignità umana e integrità, agganciandolo all'art. 1 della Carta di Nizza. Detto collegamento, va considerato ai fini della valorizzazione del danno morale più che per una sua autonomia vera e propria. Si è voluto sensibilizzare l'interprete sul fatto che anche il danno morale non è “in re ipsa” e che se provate talune circostanze, non è un “minus” rispetto al danno biologico o ad altri elementi di cui è composto il danno non patrimoniale. La predetta sottolineatura non deve essere letta quale apertura ad indeterminati ulteriori risarcimenti di danni, ma quale invito a porre l'attenzione al fatto che anche il danno morale, in certi casi, ha la dignità di essere ulteriormente valorizzato sotto il profilo della sua conversione in moneta, così come in altri casi potrebbe addirittura non essere oggetto di risarcimento del danno. In sintesi, si ritiene che l'evoluzione della giurisprudenza in tema di danno non patrimoniale tenda ad invitare gli operatori del diritto a non adagiarsi su automatismi risarcitori (il che non significa diminuire il valore delle tabelle che restano un punto di partenza fondamentale ed insostituibile); gli avvocati, pertanto, devono assolvere con diligenza all'onere probatorio, valorizzando quegli aspetti del danno non patrimoniale che caratterizzano il caso di specie. Nel contempo, il Giudice, è invitato a prendere in considerazione quanto emerge dall'istruttoria e ciò al fine di addivenire all'integrale risarcimento del danno, senza che prevalgano barriere (così nei massimi come nei minimi) rappresentate da tabelle (di legge e non) o da mere differenziazioni nominalistiche dei danni richiesti. Conclusioni
Stella polare del danno non patrimoniale, pertanto, partendo dal principio che esso sia un danno conseguenza, si ritiene debba essere la prova del caso specifico e la conseguente giusta valorizzazione di tutte le sue componenti (senza duplicazioni e senza omissioni) per tendere all'integralità del risarcimento e quindi alla sua equa conversione in moneta. In quest'ottica di valorizzazione anche del danno morale, euro 70.000,00 sono sufficienti a ristorare la lesione in un minore della “massima espressione di dignità e integrità morale quale più alta espressione della dignità umana” in conseguenza della violazione dell'art. 609 quater c.p. (atti sessuali con minore)? Probabilmente no. |