Antieconomicità della riparazione del veicolo
13 Giugno 2014
In tema di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, la domanda avente ad oggetto la condanna della controparte al pagamento di una somma di denaro necessaria per effettuare la riparazione è qualificabile come domanda di risarcimento in forma specifica? In caso di notevole differenza tra il valore commerciale del veicolo incidentato ed il costo richiesto per eseguire le riparazioni necessarie, quale decisione andrà verosimilmente ad assumere il Giudice?
La domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, costituita dalla somma di denaro necessaria per effettuare la riparazione dei danni, è configurabile come domanda di risarcimento in forma specifica. Se a seguito di un sinistro stradale il valore della riparazione supera quello del veicolo, non spetta il risarcimento in forma specifica bensì quello per equivalente. In tal senso di è recentemente espressa la Corte di Cass. n. 24718/2013. Principio fondamentale per determinare il quantum del risarcimento cui ha diritto il danneggiato è quello di porre il patrimonio di quest'ultimo nello stesso stato in cui si sarebbe trovato in assenza dell'avvenuto fatto dannoso. E ciò entro il limite dell'effettiva perdita subita. Ai sensi dell'art. 2058 c.c., il risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, può avvenire in due modi: a) in forma specifica; b) per equivalente. Il primo prevede un rimborso integrale che deve essere corrispondente alla entità effettiva del danno. Il secondo viene calcolato sul valore effettivo del bene. Questo si evince valutando il prezzo di mercato che il veicolo avrebbe nel momento della verificazione del sinistro e ammette il computo ella svalutazione del bene causata sia dal tempo che dall'uso. In caso di notevole differenza tra il valore commerciale del veicolo incidentato ed il costo richiesto delle riparazioni necessarie, il giudice potrà, in luogo di quest'ultimo, condannando il danneggiante (ed in caso di azione diretta ex art. 18, l. n. 990/ 1969), al risarcimento del danno per equivalente. Il risarcimento infatti non può creare a favore del danneggiato una situazione migliore rispetto a quella in cui si sarebbe trovato in assenza del sinistro, E ciò in ossequio al principio della compensatio lucri cum damno, per la quale dalla pretesa quantitativa del danno vanno detratti gli eventuali vantaggi che il fatto dannoso abbia procurato al danneggiato come conseguenza diretta ed immediata. ( Così Cass.civ. sez. III, 14 giugno 2001, n. 8062 ). Ciò detto, l'ordinanza della Cassazione è conforme ai precedenti La giurisprudenza aveva affrontato reiteratamente il problema della antieconomicità delle riparazioni riconoscendo la possibilità di liquidare il danno per equivalente nell'ipotesi di rilevante onerosità delle e spese per l'officina. E ciò in quanto da un lato il danneggiato non deve realizzare una locupletazione per effetto del danno subito, dall'altro, la liquidazione del danno non deve essere necessariamente contenuta nei limiti di valore del bene danneggiato, ma deve avere per oggetto l'intero pregiudizio subito dal soggetto leso. Il risarcimento infatti è diretto alla completa restituito in integrum del patrimonio del danneggiato (Ex multis Cass. civ., 8 marzo 1974, n. 619 ). A tale riguardo, sono riconosciute somme integrative al fine di evitare un eccesivo pregiudizio al danneggiato tra le quale, le più ricorrenti sono: 1) il risarcimento del danno da cosiddetto "fermo tecnico" ovvero un indennizzo per i giorni lavorativi necessari per riparare il mezzo) ; 2) i costi per la eventuale rottamazione dell'auto danneggiata; 3) i costi per la nuova immatricolazione di un nuovo veicolo.
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