Azione sociale di responsabilità e oneri di allegazione e probatorio dell'attrice
14 Maggio 2014
Massima
Cass. civ., sez. I, 14 giugno 2013, n. 14988 Incombe sulla società che esercita l'azione sociale di responsabilità l'onere di individuare (oltre che dimostrare) le condotte compiute dall'amministratore in violazione dei doveri inerenti alla funzione svolta - cioè i fatti costitutivi di tale responsabilità - ed i danni che ne assume derivati, onde consentire poi all'amministratore di assolvere all'onere, su di lui gravante, di fornire, con riferimento agli addebiti contestati, la prova positiva dell'adempimento dei propri doveri. L'indicazione specifica dei fatti materiali che l'attore assume essere stati lesivi del proprio diritto costituisce del resto un elemento essenziale - richiesto dalla legge a pena di nullità (articolo 163 c.p.c., n. 4 e articolo 164 c.p.c.) - della domanda introduttiva di un giudizio avente ad oggetto un diritto c.d. eterodeterminato quale quello di risarcimento del danno. (massima non ufficiale). Sintesi del fatto
La pronuncia trae origine da un'azione ex art. 2393 c.c., antecedente alla riforma del diritto societario del 2003, promossa da una s.r.l. (cui, come noto, era direttamente applicabile la predetta disposizione) nei confronti di un amministratore al quale erano stati contestati, con l'atto di citazione del primo grado di giudizio, una serie di addebiti genericamente individuati (tra i quali l'"omesso rendiconto delle attività svolta e omessa consegna della cassa risultante dalla contabilità; ricezione di una richiesta di pagamento, poi soddisfatta" da parte di un terzo "senza che" quest'ultimo "fornisse alla società la documentazione contabile"). La società aveva inoltre domandato, per la prima volta nella comparsa conclusionale, il risarcimento di ulteriori danni derivanti da operazioni diverse da quelle summenzionate, emerse in sede di consulenza tecnica d'ufficio. Il giudice di primo grado aveva accolto le sole domande risarcitorie formulate dalla società in comparsa conclusionale, mentre aveva implicitamente rigettato quelle connesse agli addebiti contestati con l'atto di citazione. La Corte d'Appello ha ribaltato il decisum del primo giudice, rilevando la tardività delle domande risarcitorie accolte e il conseguente vizio di ultrapetizione della sentenza appellata. La società, soccombente in appello, ha quindi adito la Cassazione, sostenendo che gli addebiti di responsabilità specificati per la prima volta nella comparsa conclusionale non avevano irritualmente ampliato il thema decidendum, posto che già con l'atto di citazione l'attrice aveva domandato all'amministratore il risarcimento di danni "subiti per effetto di operazioni contabili e comportamenti esorbitanti dalla sue funzioni, da lui compiuti sia durante che dopo la cessazione formale dalla carica".
La questione
Nella fattispecie in esame viene posto al vaglio della Suprema Corte il tema dell'estensione dell'onere di allegazione dell'attrice nelle azioni ex art. 2393 c.c., in correlazione con le regole procedurali che disciplinano il regime delle preclusioni nel processo civile; la Cassazione coglie inoltre l'occasione per accennare al problema della ripartizione dell'onere probatorio tra società attrice e amministratore convenuto. Le soluzioni giuridiche
La sentenza, per vero assai succinta, ribadisce principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità e di merito (Cfr. Trib. Milano, 24 agosto 2011, in Società, 2012, 5, 493; Trib. Milano, 10 giugno 2004, in Dir. e prat. soc., 2005, 6, 80). In primo luogo, la Cassazione sottolinea che la società è onerata di allegare (e di provare) in modo specifico le condotte poste in essere dall'amministratore che essa assume integrare un illecito, istituendo un altrettanto specifico nesso causale tra ciascuno dei comportamenti così individuati e i danni che ne sarebbero derivati al patrimonio sociale. Discende poi direttamente dal regime delle preclusioni che regola il processo civile, nonché dalla disciplina degli elementi costitutivi necessari della domanda giudiziale, l'ulteriore affermazione della Suprema Corte secondo cui l'individuazione delle specifiche condotte la cui illiceità e dannosità vengono contestate all'amministratore deve essere effettuata con l'atto introduttivo del giudizio, e non oltre. L'eventuale tentativo attoreo di rimediare attraverso i successivi atti processuali a un'eventuale carenza, sotto il profilo in esame, della citazione, risulterebbe infatti tardivo e inammissibile. Corollario di tali enunciazioni è la conclusione della Cassazione, secondo cui una individuazione soltanto generica, delineata nell'atto di citazione, della tipologia di illeciti che l'amministratore avrebbe compiuto, non può legittimare l'introduzione nel dibattito processuale, attraverso atti successivi, di una specifica allegazione della condotta inadempiente. Quest'ultima evenienza comporterebbe un vulnus al diritto di difesa dell'amministratore convenuto, al quale deve essere concessa la possibilità di sfruttare tutti i mezzi processuali disponibili per assolvere all'onere probatorio su di egli incombente "di fornire, con riferimento agli addebiti contestati, la prova positiva dell'adempimento dei propri doveri". Osservazioni
L'assetto della ripartizione degli oneri di allegazione e probatorio tra società attrice e amministratori convenuti discende in primo luogo dalla consolidata opinione circa la natura contrattuale della responsabilità dei secondi. L'applicazione del regime contrattuale all'obbligazione risarcitoria dell'amministratore comporta anzitutto l'applicabilità della regola, dalle implicazioni sia sostanziali che processuali, di cui all'art. 1218 c.c. La tematica è, invero, assai complessa, e non è certo questa la sede idonea neppure per accennare alle varie teorie sui concetti di colpa contrattuale e di adempimento impossibile. Con riguardo invece ai corollari applicativi delle suddette teorie, occorre sottolineare, come si è già accennato, che nell'azione ex art. 2393 c.c. l'attore è onerato di allegare e dimostrare, prima del danno e del nesso causale, i fatti storici integranti la condotta contestata all'amministratore (onere che si può risolvere anche in una mera allegazione, quando la condotta sia di natura omissiva), mentre può limitarsi ad allegare che la medesima condotta integra la violazione di un obbligo (tale configurazione dell'onere probatorio, secondo cui il creditore attore può limitarsi ad una mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, è comune a tutte le azioni alle quali si applica il regime di cui all'art. 1218 c.c.: per l'enunciazione della regola generale cfr., da ultimo, Cass., 17 febbraio 2014, n. 3612). Ciò posto a livello di regola generale, va introdotta una distinzione, tenendo presente la bipartizione delle violazioni imputabili all'organo amministrativo, che tradizionalmente si suole dividere tra inadempimenti di doveri a contenuto specifico - enucleati in modo esauriente a livello legislativo o statutario - e inadempimento di obblighi o doveri "generali", tra cui quello di diligenza nella gestione di cui all'art. 2392 c.c. Una recente pronuncia di merito ha infatti sottolineato l'esistenza di una parziale diversità tra il regime probatorio della violazione del dovere di diligenza e quello della violazione dei doveri a contenuto specifico, affermando che quando i comportamenti contestati all'amministratore "non siano in sé vietati dalla legge o dallo statuto e l'obbligo di astenersi dal porli in essere discenda dal dovere di lealtà, coincidente col precetto di non agire in conflitto di interessi con la società amministrata, o dal dovere di diligenza, consistente nell'adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali a lui affidati, l'illecito è integrato dal compimento dell'atto in violazione di uno dei menzionati doveri. In tal caso l'onere della prova dell'attore non si esaurisce nella prova dell'atto compiuto dall'amministratore ma investe anche quegli elementi di contesto dai quali è possibile dedurre che lo stesso implica violazione del dovere di lealtà o di diligenza" (Così Trib. Milano, 24 agosto 2011, cit., con nota di S. Cassani, Responsabilità degli amministratori ex art. 2392 c.c. e onere della prova ). In altre parole, quando contesta la violazione del dovere di diligenza, nelle sue varie applicazioni, la società attrice deve allegare anche quale sarebbe stata la condotta esigibile in quel determinato frangente da un amministratore diligente; e, al fine di consentire al giudice di verificare la fondatezza dell'addebito, la società deve inoltre dimostrare il contesto fattuale che, secondo la propria prospettazione, avrebbe imposto all'amministratore di adottare il comportamento dal quale si è invece astenuto. Venendo infine alla posizione processuale dell'amministratore convenuto, si osserva come la Cassazione richiami principi tralatizi derivanti dalla declinazione dell'art. 1218 c.c. alla fattispecie del giudizio di responsabilità ex art. 2393 c.c. Coerentemente con la natura contrattuale della responsabilità ex art. 2392 c.c., infatti, la colpa dell'amministratore si presume, mentre è quest'ultimo ad essere onerato di dimostrare "la non imputabilità a sé del fatto dannoso fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi" su di egli incombenti (Così Cass., 29 ottobre 2008, n. 25977; per una particolare applicazione dei principi in esame ad una fattispecie nella quale all'amministratore era stato contestato di aver utilizzato per fini extrasociali denaro prelevato dal conto corrente della società, cfr. Cass., 16 gennaio 2012, n. 434, annotata da M. Castiglioni, Brevi note in materia di insindacabilità delle scelte gestionali degli amministratori e di onere della prova nell'azione sociale di responsabilità, in Resp. civ. e prev. , 2012, 4, 1206.).
Conclusioni
La regola di ripartizione degli oneri di allegazione e probatoria nel giudizio ex art. 2393 c.c. enunciata dalla pronuncia in commento è l'espressione di un orientamento consolidato della giurisprudenza. Ciò non significa peraltro che il tema sia banale: a fronte dell'apparente linearità della regola astratta, l'applicazione dei principi brevemente trattati alle variegate fattispecie concrete di responsabilità degli amministratori espone tutti gli interpreti a problematiche di significativa complessità. Da un punto di vista eminentemente pratico, di una qualche rilevanza è anche la questione più prettamente processualistica affrontata nella sentenza. E' infatti ricorrente, nella prassi dei tribunali, imbattersi in citazioni ex art. 2393 c.c. oltremodo generiche, che vengono sostanziate in corso di causa sulla base delle difese del convenuto. Tale pratica andrebbe, a nostro avviso, fortemente scoraggiata dai giudici attraverso una più rigorosa applicazione dei principi richiamati, seppur succintamente, nella sentenza annotata. |