Risarcimento del danno morale soggettivo quale categoria autonoma
14 Luglio 2015
Massima
Va riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale dei prossimi congiunti attori, sub specie di danno morale soggettivo. Questo si identifica, com'è noto, con la sofferenza interiore, il patema d'animo, il turbamento, che originano da un fatto illecito lesivo di interessi costituzionalmente rilevanti. Quanto alla liquidazione, è, altrettanto, noto che il danno morale, non potendo essere provato e, comunque, quantificato nel suo preciso ammontare, deve essere determinato equitativamente dal giudice, avendo riguardo alla gravità del fatto illecito, da cui origina il danno, all'intensità delle sofferenze patite dall'offeso ed a tutti gli elementi peculiari del caso concreto, sì che la somma riconosciuta sia adeguata ad esso e non costituisca un simulacro di risarcimento Il caso
Gli eredi di Tizia convenivano in giudizio l'Azienda Ospedaliera Alfa per non aver rispettato la loro opposizione parziale al prelievo di organi di Tizia. Gli eredi chiedevano il risarcimento del danno non patrimoniale, in quanto non era stata rispettata la loro volontà. Il Tribunale, accogliendo la domanda attorea, condannava Alfa al risarcimento del danno non patrimoniale, nella specie il c.d. danno morale soggettivo, liquidato equitativamente.
In motivazione «Se è vero, come è vero, che, alla luce dei recenti arresti delle Sezioni Unite (vd. Cass. civ., S.U., 11 novembre 2008, n. 26972), al di fuori dei casi espressamente determinati dalla legge, in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, la tutela è estesa ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, l'interesse leso nel caso di specie trova tutela nell'art. 2 Cost. (per il quale la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, non solo come singolo, ma anche nell'ambito di quelle formazioni sociali ove si estrinseca la sua personalità) e nell'art. 29 Cost. (che riconosce e presidia i diritti della famiglia). (…) Nel caso di specie, va riconosciuto, per quanto si è detto, il risarcimento del danno non patrimoniale dei prossimi congiunti attori, sub specie di danno morale soggettivo. Questo si identifica, com'è noto, con la sofferenza interiore, il patema d'animo, il turbamento, che originano da un fatto illecito lesivo di interessi costituzionalmente rilevanti. È assolutamente ragionevole ritenere che gli attori abbiano provato profondo turbamento nell'apprendere che la salma della propria congiunta era stata oggetto di un espianto per il quale era stata formulata una precisa opposizione. Quanto alla liquidazione, è, altrettanto, noto che il danno morale, non potendo essere provato e, comunque, quantificato nel suo preciso ammontare, deve essere determinato equitativamente dal giudice, avendo riguardo alla gravità del fatto illecito, da cui origina il danno, all'intensità delle sofferenze patite dall'offeso ed a tutti gli elementi peculiari del caso concreto, sì che la somma riconosciuta sia adeguata ad esso e non costituisca un simulacro di risarcimento (si cfr., ex multis, Cass. civ., sez. III, 2 marzo 1998, n. 2272; Cass. civ., sez. III, 18 dicembre 1987, n. 9430). (…).» La questione
La questione in esame è la seguente: il c.d. danno morale soggettivo può essere riconosciuto come autonoma categoria risarcitoria? Le soluzioni giuridiche
In questa pronuncia viene riconosciuto e risarcito il c.d. danno morale soggettivo, categoria di danno che ha da sempre determinato correnti interpretative differenti e contrastanti. Già solo limitandosi ad esaminare l'excursus storico riguardante la genesi del danno non patrimoniale, si può ben comprendere come si siano succeduti molteplici orientamenti interpretativi, i quali sono ancora oggi in continuo mutamento e sviluppo. La sentenza della Corte Costituzionale (Corte. cost., sent. n. 184/1986) può configurarsi come la pietra miliare sulla vexata materia, in quanto introduce voci di danno che prima mai erano state contemplate, come ad esempio il danno estetico, sessuale e relazionale. Tale pronuncia ha configurato il danno biologico come danno evento da atto illecito e il danno morale e patrimoniale come danni conseguenza eventualmente derivanti dal primo. Il danno biologico è stato quindi classificato come l'intersezione tra l'art. 32 Cost. e l'art. 2043 c.c., considerandolo intrinseca essenza del danno alla persona, sempre e comunque risarcibile. Successivamente, con le sentenze c.d. “gemelle” del 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828, pronunciate dalla terza Sezione ed avallate dalla Corte Costituzionale (sent. n. 233 dell'11 luglio 2003) è stata data un'interpretazione ampia e costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., determinando così una considerazione non unitaria del danno non patrimoniale, tradizionalmente suddiviso nelle sottovoci del danno biologico, morale ed esistenziale. La conseguenza diretta di questa tripartizione ha determinato un'ennesima proliferazione di danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c.. Le Sezioni Unite del 2008, le c.d. Sentenze di San Martino, statuendo l'unitarietà del danno non patrimoniale, hanno tentato di arginare questo fenomeno, considerando le differenti voci di danno e, soprattutto, il c.d. danno morale, come completamente assorbite nella categoria omnicomprensiva del danno non patrimoniale: liquidarle separatamente equivaleva a riconoscere al danneggiato un'ingiusta duplicazione risarcitoria. Nonostante la statuizione delle Sezioni Unite, sono state numerose le pronunce (in primis Cass. civ., sez. III, sent. n. 1361/2014), sia di merito sia di legittimità, che hanno lasciato intendere che la categoria del danno non patrimoniale, appunto, si articolerebbe in una pluralità di voci (quali ad esempio il danno morale, il danno biologico e il danno esistenziale). Esse, tutte, rappresentando una diversità ontologica nonché un diverso pregiudizio non patrimoniale, dovranno essere prese in considerazione ai fini della determinazione del risarcimento. Soprattutto negli ultimi anni, numerose sono state le pronunce discordanti e i diversi orientamenti sviluppati. Le Sezioni Unite del 2008 non sono state sufficienti ad arginare il proliferare delle categorie di danno risarcibili, danni a volte di natura quasi c.d. bagatellare. Ulteriore riprova è costituita proprio da questa sentenza del Tribunale di Firenze, ove viene liquidato in via equitativa – e pertanto a discrezione del giudice - il danno morale, a prescindere dall'effettiva prova dello stesso, essendo stata sufficiente la mera lesione di un diritto costituzionalmente garantito. Osservazioni
Questa sentenza del Tribunale di Firenze non si può considerare di certo un unicum, ma si colloca comunque nella scia di un orientamento minoritario. La particolarità di questa pronuncia consiste nella liquidazione del solo danno morale soggettivo, identificato ne «la sofferenza interiore, il patema d'animo, il turbamento, che originano da un fatto illecito lesivo di interessi costituzionalmente rilevanti», senza un effettivo danno biologico permanente patito dai danneggiati. Per di più, il danno viene riconosciuto e risarcito in re ipsa, liquidato in via equitativa senza esigenza di alcun onere probatorio in capo al danneggiato, in quanto, come riportato in sentenza, la quantificazione del danno morale non può essere provata. Ammettere il risarcimento del danno morale soggettivo, considerato in re ipsa e a prescindere dalla prova dello stesso, può determinare uno squilibrio interpretativo ed una potenziale moltiplicazione delle voci di danno risarcibili. Infatti, nella categoria del danno morale soggettivo possono essere incluse e comprese voci che addirittura potrebbero esulare dalla concezione di diritto stesso e determinare una pluralità di richieste di natura c.d. bagatellare. Nella categoria del danno non patrimoniale dovrebbero – una volta per tutte – determinarsi con chiarezza sia le voci risarcibili sia i criteri per la liquidazione delle stesse.
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