Claims made “impura” e RC professionale: un connubio in crisi
16 Maggio 2016
Massima
Nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l'operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo, preventivamente individuati (c.d. claims made mista o impura) non è vessatoria; essa in presenza di determinate condizioni, può tuttavia essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina di cui al d. lgs. n. 206/2005, per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto; la relativa valutazione, da effettuarsi dal giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata. Il caso
Una persona promuove un giudizio nei confronti della struttura sanitaria per ottenere il risarcimento del danno da responsabilità medica conseguente ad un'omessa diagnosi. Il Tribunale accoglie la domanda e condanna la struttura e le compagnie di assicurazione in coassicurazione, dichiarando l'inoperatività della clausola claims made in quanto derogativa del primo comma dell'art. 1917 c.c. e quindi, del principio in base al quale la copertura assicurativa deve estendersi a tutti i fatti accaduti durante la vigenza del contratto. Propone gravame la compagnia di assicurazione delegataria, sostenendo che il Tribunale non ha tenuto in conto che la clausola che prevede la copertura assicurativa a condizione che le domande risarcitorie siano formulate nel periodo di efficacia dell'assicurazione - purché il fatto che le ha originate sia stato commesso nello stesso periodo o nel triennio precedente alla sottoscrizione - è valida ed efficace anche se non sottoscritta, in quanto volta a delimitare l'oggetto del contratto e non a stabilire una limitazione di responsabilità. La Corte d'Appello riforma la sentenza di primo grado, affermando la piena validità della clausola ed escludendone la vessatorietà. Ricorre in Cassazione la struttura sanitaria. Su istanza dell'impugnante, il Primo Presidente, ritenuto che la controversia rappresenta una questione di massima di particolare importanza, ne dispone l'assegnazione alle Sezioni Unite. La questione
Le questioni trattate dal provvedimento in esame sono le seguenti: se in sede di stipulazione e adempimento del contratto, la violazione delle norme comportamentali di correttezza, buona fede ed equità, incidenti in ordine al giudizio di meritevolezza delle pattuizioni interessate, può comportare la nullità della clausola; se è valido il contratto assicurativo che copre rischi antecedenti la stipula dello stesso; se la clausola claims made è contraria alla struttura tipica del contratto di assicurazione della responsabilità civile come delineato dall'art. 1917 c.c.; se la validità della clausola claims made resiste ad uno scrutinio di meritevolezza e quali sono gli effetti in caso di immeritevolezza. Le soluzioni giuridiche
La sentenza qui commentata esordisce evidenziando l'elemento caratterizzante il contratto di assicurazione della responsabilità civile con clausola claims made, identificato nella sottoposizione della copertura alla condizione che il sinistro venga denunciato nel periodo di vigenza della polizza o in un delimitato arco temporale successivo, a differenza del modello classico delineato dall'art. 1917 c.c. (cd. loss occurrence) che prevede la copertura di tutte le condotte insorte nel periodo di durata della polizza. Viene chiarito, inoltre, come la prassi commerciale contempli, principalmente, due tipologie di clausole claims made:
I supremi Giudici si soffermano, quindi, sulle conseguenze che le violazioni comportamentali (correttezza, buona fede ed equità) in sede di stipula e adempimento dell'obbligazione - incidenti sul giudizio di meritevolezza delle pattuizioni interessate - possano avere in ordine alla validità della clausola, affermando che in nessun caso può conseguire la nullità del vincolo, osservando come unicamente la violazione di precetti inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità, non già l'inosservanza di norme, quand'anche imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti, inosservanza che può costituire solo fonte di responsabilità per danni. Le Sezioni Unite affrontano, successivamente, la problematica inerente la vexata questio della validità del trasferimento all'assicuratore di un rischio pregresso, affermandone la liceità. La clausola claims made con copertura di fatti accaduti prima della sottoscrizione del contratto, infatti, afferisce ad «un solo elemento del rischio garantito (la condotta materiale) (…) restando invece impregiudicata l'alea dell'avveramento progressivo degli altri elementi» (la manifestazione del danneggiato di esercitare i diritto al risarcimento). Sgombrato il campo dalle questioni precedenti, si affronta un'altra importante problematica quale la conformità della clausola claims made alla struttura propria del contratto di assicurazione della responsabilità civile di cui all'art. 1917 c.c. Alcune pronunce giurisprudenziali e parte della dottrina, infatti, ritengono che la clausola sia affetta da nullità in quanto contraria alla “causa” del contratto che, con particolare riferimento all'assicurazione della responsabilità professionale, deve riguardare il trasferimento del rischio - dall'assicurato all'assicuratore - della specifica predetta attività e non, invece, della richiesta risarcitoria. Sul punto, le Sezioni Unite chiariscono come la clausola claims made “impura”, nel «circoscrivere la copertura assicurativa in dipendenza di un fattore temporale aggiuntivo» rispetto all'originaria condotta lesiva, si limiti a specificare imodi e i limiti entro i quali l'assicuratore sia tenuto a risarcire e ciò nell'alveo del disposto dell'art. 1905 c.c.. Il patto claims made, quindi, stabilisce unicamente quali siano, rispetto al contratto tipico di cui all'art. 1917 c.c., i sinistri indennizzabili, così delimitando l'oggetto del contratto e non certo la responsabilità dell'assicurato. Gli Ermellini, pertanto, concludono, ritenendo che sia da escludersi la vessatorietà della clausola. Terminata la trattazione volta ad affermare la compatibilità della clausola claims made con il nostro diritto civile oltre che in quello precipuo delle assicurazioni, il relatore si sofferma a valutarne la conciliabilità anche con il principio della meritevolezza. Esclusa l'immeritevolezza con riferimento alle clausole c.d. “pure”, si afferma che «l'esito dello scrutinio sembra assai più problematico con riferimento alle clausole c.d. impure, a partire da quella particolarmente penalizzante, che limita la copertura alla sola ipotesi che, durante il tempo dell'assicurazione, intervengano sia il sinistro che la richiesta di risarcimento». In relazione, invece, alle clausole (impure o miste) che estendono la garanzia al rischio pregresso, i supremi giudici, dopo aver esemplificato come nell'ultimo periodo del rapporto assicurativo, così come per l'esordiente, il sinallagma contrattuale è destinato a funzionare in maniera assai ridotta (l'esordiente non è certo interessato alla copertura assicurativa del periodo precedente l'inizio e l'errore commesso a fine rapporto assicurativo è improbabile che sia oggetto di domanda risarcitoria prima del termine del contratto), affermano che «l'eventualità paventata nell'arresto n. 3622/2014 (della Corte di Cassazione), di una mancanza di corrispettività tra pagamento del premio e diritto all'indennizzo, non è poi così scontata». L'attenzione, quindi, si sposta sui contratti di assicurazione stipulati dal “consumatore” e quindi sottoposti alla disciplina del d.l.gs. 6 settembre 2005 n. 206, inclusa la nullità di protezione ex art. 36 in caso di «significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto». Le sezioni unite, pur dando atto dell'inapplicabilità della tutela al professionista che stipula una polizza collegata all'attività svolta (assicurazione della RC professionale), sottolineano come in questi casi, il vaglio di meritevolezza dovrà essere ancora più rigoroso. L'estensore, inoltre, precisa che in caso di incertezza interpretativa, non si possa «Infine, le sezioni unite chiariscono che ove si ravvisi l'immeritevolezza della clausola, gli effetti non possono non avere carattere reale, con l'applicazione dello schema legale del contratto di assicurazione della responsabilità civile, e cioè della formula loss occurrence». Osservazioni
Se da un lato il provvedimento oggetto della presente trattazione accredita definitivamente e con estrema chiarezza la compatibilità della clausola claims made con il nostro diritto civile e delle assicurazioni, dall'altra ne rileva l'inconciliabilità con il mondo dell'assicurazione della responsabilità civile professionale, ovverossia con il settore nel quale il modello claims è utilizzato in quasi tutte le polizze presenti sul mercato. Le Sezioni Unite sono ben consapevoli delle ricadute pratiche di tale decisione, tanto da richiamare la «delicata questione della compatibilità della clausola (…) con l'introduzione, in alcuni settori, dell'obbligo di assicurare la responsabilità civile connessa all'esercizio della propria attività, stigmatizzando l'incongruenza della previsione di un obbligo per il professionista di assicurarsi, non accompagnata da un corrispondente obbligo a contrarre in capo alle società assicuratrici, quel che in questa sede rileva è che il giudizio di “idoneità” della polizza difficilmente potrà avere esito positivo in presenza di una clausola “claims made”, la quale, comunque articolata, espone il garantito a buchi di copertura». Ove sia posto l'obbligo ad assicurarsi, infatti - affermano le Sezioni Unite - non ci si deve più limitare a valutare il rapporto assicurato/assicuratore, bensì si deve tenere ancor più in conto, il rapporto tra professionista e terzo, «essendo stato quel dovere previsto nel preminente interesse del danneggiato» che rischia di rimanere esposto, per incapienza del patrimonio del professionista, rispetto ai danni da quest'ultimo causati. All'esito dell'analisi del provvedimento oggetto del presente commento, seppur possa presumersi che non vi sarà un'adesione generalizzata della giurisprudenza di merito ai principi espressi dalle Sezioni Unite, non può non rilevarsi come il connubio tra assicurazione della responsabilità civile professionale e clausola claims made (“impura”), salvo interventi legislativi ad hoc o ripensamenti della giurisprudenza di legittimità, difficilmente potrà proseguire senza una rimodulazione degli equilibri tra tutte le parti interessate: assicuratore, professionista e danneggiato.
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