La responsabilità per lite temeraria dell’Amministrazione nel giudizio pensionistico innanzi la Corte dei Conti

18 Gennaio 2017

Nei giudizi innanzi la Corte dei Conti, quando sussiste la responsabilità dell'Amministrazione per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.?
Massima

Nei giudizi innanzi la Corte dei Conti, sussiste la responsabilità dell'Amministrazione per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. laddove il Giudice contabile, in una propria precedente sentenza, abbia già riconosciuto la fondatezza delle pretese attoree e fissato la corretta interpretazione del quadro normativo di riferimento, e l'Amministrazione finanziaria abbia, dapprima, correttamente eseguito il dictum giudiziale, salvo poi, in sede di liquidazione del quantum debeatur, disconoscerlo sulla base di un'ermeneusi erronea, formale ed eccessivamente burocratica, costringendo l'istante ad adire il Giudice contabile per sentire nuovamente accolte le proprie domande.

Il caso

Il ricorrente agiva in giudizio chiedendo la corresponsione, sul proprio trattamento pensionistico privilegiato, dell'indennità integrativa speciale (di seguito “IIS”), in misura intera e per tutto il periodo di contestuale prestazione di attività lavorativa retribuita presso una società privata, considerando rilevante anche la tredicesima mensilità.

La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Campania, riconosceva la debenza dell'IIS in misura intera e, conseguentemente, il Ministero dell'Economia e delle Finanze quantificava correttamente la somma spettante al ricorrente, salvo poi ridurla in sede di liquidazione sostenendo che il dictum del Giudice contabile non avrebbe potuto automaticamente riferirsi agli effetti successivi del rapporto derivanti dal D.M. 107/2009 medio tempore adottato.

Avverso detta ricostruzione operata unilateralmente dal Ministero, il ricorrente adiva nuovamente il Giudice contabile reiterando le proprie istanze.

La questione

Il punto è il seguente: quando, nei giudizi innanzi la Corte dei Conti, sussiste la responsabilità per lite temeraria dell'Amministrazione?

Le soluzioni giuridiche

Oggetto della sentenza in commento è la nota questione afferente le conseguenze della declaratoria di incostituzionalità delle disposizioni che escludevano la corresponsione dell'IIS sul trattamento pensionistico, nelle due differenti ipotesi:

  • di svolgimento da parte del pensionato di attività lavorativa retribuita;
  • sull'eventuale seconda pensione, in caso di soggetto titolare di più trattamenti previdenziali, come pure delle norme che escludevano la debenza della tredicesima mensilità in favore del titolare di pensione che presti opera retribuita per il periodo di svolgimento della stessa.

L'elemento di novità, invece, riguarda la condanna per lite temeraria della P.A. resistente, colpevole, secondo il Giudice contabile, di aver inutilmente obbligato l'istante a sollecitare nuovamente la tutela giurisdizionale e di aver resistito in giudizio in modo manifestamente infondato.

La Corte, infatti, premesso di aver già fissato con la propria precedente pronuncia il quadro normativo di riferimento e che il principio della conteggiabilità dell'IIS in misura intera, in presenza del contemporaneo svolgimento da parte del pensionato di prestazione lavorativa retribuita, è ius receptum nella giustizia contabile, accoglieva nuovamente le domande attoree e condannava il Ministero per lite temeraria.

Per comprendere la portata innovativa della pronuncia occorre, tuttavia, una pur breve ricostruzione della questione di diritto sottesa alla presente sentenza e oggetto della precedente.

Ebbene, secondo il Giudice delle leggi, non sono legittime le norme che implichino una sostanziale decurtazione del complessivo trattamento pensionistico, senza stabilire il limite minimo dell'emolumento dell'attività esplicata oltre il quale tale decurtazione diventa operante. La Consulta, in plurime occasioni, chiarì che compete al Legislatore, nei limiti della ragionevolezza e, comunque, in conformità all'art. 36, comma 1, Cost., la fissazione di detto limite. A oggi, il Legislatore non ha ancora esercitato questi poteri sicché, espunte ex tunc dall'Ordinamentole norme che precludevano la corresponsione dell'IIS e della tredicesima mensilità sul trattamento pensionistico, le menzionate voci sono dunque da corrispondersi per intero, nei limiti dell'eventuale prescrizione quinquennale, da eccepirsi tempestivamente a cura dell'Amministrazione resistente.

Di qui, il consolidato principio contabile a mente del quale l'IIS, nell'ipotesi di soggetto titolare di più trattamenti pensionistici, è dovuta sul secondo assegno solo nei limiti necessari al raggiungimento dell'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti (di seguito, “minimo INPS”), mentre, nell'ipotesi di pensionato lavoratore a titolo oneroso, l'IIS è dovuta in misura intera, dovendosi considerare anche la tredicesima mensilità per tutto il periodo della prestazione lavorativa, unitamente ad interessi e rivalutazione monetaria.

Nel caso di specie viene in rilievo la seconda delle ipotesi sopra richiamate, donde il riconoscimento della debenza dell'IIS per la misura intera, e detto principio di diritto era già stato applicato nella precedente sentenza resa inter partes. Tuttavia, il Ministero, nonostante, dapprima, avesse correttamente eseguito il dictum giudiziale, in sede di liquidazione del quantum debeatur, negava che il medesimo potesse automaticamente spiegare i propri effetti in seguito all'adozione del D.M. 107/2009. Sulla base di detta motivazione, giudicata dalla Corte «un'ermeneusi erronea, formale ed eccessivamente burocratica», la P.A. non solo non dava attuazione al giudicato contabile, ma costringeva altresì l'istante ad adire il Giudice per sentire nuovamente accolte le proprie domande. Di qui, «attesa la manifesta temerarietà della resistenza in giudizio del Ministero e della complessiva condotta dell'Amministrazione finanziaria», la condanna della stessa a norma dell'art. 96 c.p.c.

Osservazioni

La sentenza in commento merita senza dubbio adesione, poiché è evidente che mediante essa la Corte dei Conti abbia operato un nuovo passo in avanti sulla strada della tanto auspicata parificazione delle parti nel giudizio contabile.

È noto, infatti, che, in ragione della sua “sensibilità istituzionale”, il Giudice contabile, pur accogliendo i ricorsi, abbia spesso compensato le spese di giudizio nei confronti della P.A. Negli ultimi anni, però, si è assistito a un cambio di orientamento, avendo iniziato la Corte a condannare alle spese di giudizio l'Amministrazione soccombente. Con la sentenza in commento la Sezione campana si è spinta anche oltre: in primis, facendo puntuale applicazione del principio della soccombenza, il Giudice, accogliendo il ricorso nel merito, ha condannato il Ministero al pagamento delle spese di giudizio; in secundis, accertando «la manifesta temerarietà della resistenza in giudizio e della complessiva condotta dell'Amministrazione», ha condannato la medesima al pagamento di ulteriori somme (non irrisorie) a titolo di responsabilità per lite temeraria.

Centrale è dunque il chiarimento su ciò che debba intendersi per «temerarietà della resistenza in giudizio». Dalla lettura della sentenza appare dirimente, per la sua astratta configurabilità, il ruolo giocato dalla Consulta nella definizione del quadro normativo e dal conseguente - seppur limitatamente all'ipotesi oggetto del presente giudizio - consolidamento della giurisprudenza contabile.

La Corte costituzionale, infatti, con le sentenze C. cost. n. 566/1989, C. cost. n. 204/1992 e C. cost. n. 232/1992, aveva annullato le disposizioni che, per il periodo di svolgimento di attività d'opera retribuita da parte del pensionato, sancivano la sospensione del pagamento dell'IIS e dell'esclusione della debenza della tredicesima mensilità sulla pensione, in quanto non determinavano la misura della retribuzione oltre la quale diventavano operanti l'esclusione e il congelamento dell'IIS o non era dovuta la tredicesima. Ciò perché «la diminuzione del trattamento pensionistico complessivo può essere giustificata e compatibile col principio stabilito dall'art. 36, comma 1, Cost. soltanto se sia correlata ad una retribuzione della nuova attività lavorativa che ne giustifichi la misura».

Di qui, il generarsi di un notevole contenzioso dinanzi alla Corte dei Conti sulla legittima applicazione del divieto di cumulo dell'IIS in entrambe le ipotesi normative previste: in breve, pensione e contestuale retribuzione e compresenza di due pensioni pubbliche.

La giurisprudenza contabile, in un primo momento incerta e oscillante, dopo ulteriori interventi della Consulta, si è attestata nel senso che:

1) è illegittima la sospensione dell'IIS sulla pensione durante la contestuale prestazione lavorativa alle dipendenze di terzi - sia pubblici che privati - e spettano al richiedente gli assegni non percepiti nel quinquennio precedente la domanda amministrativa o il ricorso giurisdizionale;

2) in ipotesi di contestuale fruizione di più pensioni pubbliche, anteriori al 1 gennaio 1995, l'IIS spetta in misura intera su una pensione, mentre sull'altra spetta ai soli fini dell'integrazione differenziale del minimo INPS, sicché se la seconda pensione è superiore anche di un solo euro al minimo INPS non spetterà alcun importo d'IIS, mentre, diversamente, il diritto ad eventuali differenze non percepite dall'avente diritto sarà comunque limitato al quinquennio precedente la domanda o il ricorso;

3) se il diritto ad uno dei due assegni pensionistici è maturato successivamente al 1° gennaio 1995, sulla pensione anteriore a detta data spetterà l'IIS intera con assegno separato, mentre su quella successiva l'IIS dovrà essere conteggiata nella base pensionabile.

In conclusione, al di là dello specifico oggetto della sentenza, il suggerimento pratico è banale: in caso di giudicato favorevole sorretto da chiara e solida motivazione, ottenuto nei confronti della P.A., ricordare al Dirigente preposto, in caso di mancata puntuale esecuzione, gli estremi della decisione in commento, avendo cura di sottolineare gli evidenti profili connessi alla responsabilità per danno erariale nel caso si renda nuovamente necessario adire il Giudice contabile.

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