Diffamazione on line a mezzo stampa: no alla cautela preventiva
17 Marzo 2017
Massima
La tutela costituzionale assicurata dal comma 3 dell'art. 21 Cost. alla stampa è applicabile al giornale o al periodico pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico qualora possieda i medesimi tratti caratterizzanti del giornale tradizionale su supporto cartaceo: una testata, diffusione o aggiornamento regolare, organizzazione in una struttura con un direttore responsabile, una redazione ed un editore registrato presso il registro degli operatori della comunicazione e che sia finalizzata all'attività professionale di informazione diretta al pubblico, cioè di raccolta, commento e divulgazione di notizie di attualità e di informazioni da parte di soggetti professionalmente qualificati. Pertanto, nel caso in cui sia dedotto il contenuto diffamatorio di notizie ivi contenute, il giornale pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico non può essere oggetto, in tutto o in parte, di provvedimento cautelare preventivo o inibitorio, di contenuto equivalente al sequestro o che ne impedisca o limiti la diffusione, ferma restando la tutela eventualmente concorrente prevista in tema di protezione dei dati personali. Il caso
La questione analizzata dalla Corte è relativa all'applicabilità della disciplina relativa alla stampa on line, disciplinata dal comma 3 dell'art. 21 Cost., nella misura in cui impedisce l'adozione di provvedimenti cautelari secondo quanto previsto dall'art. 700 c.p.c. Il caso analizzato si riferisce alla pronuncia delle Sezioni Unite chiamate a decidere sull'enunciazione del principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi riguardo un'università telematica che deduceva il carattere diffamatorio di un articolo pubblicato nella pagina web di un noto giornale volto ad ottenerne la rimozione, e dall'altro, la conseguente deindicizzazione dell'articolo dai più diffusi motori di ricerca. In particolare, la prima controversia, riguardava alcuni articoli apparsi sulla versione cartacea e digitale del settimanale “L'Espresso”, definita con accoglimento del reclamo avverso la declaratoria di inammissibilità del ricorso cautelare del diffamato e contestuale ordine al gruppo editoriale di rimuovere l'articolo dalla pagina web e deindicizzazione dai motori di ricerca, nonché di non rendere più visibile, il blog del sito web collegato all'articolo medesimo. Il secondo provvedimento, relativo ad alcuni articoli apparsi sul sito web del quotidiano “La Repubblica”, era stato invece definito con valutazione di inammissibilità del provvedimento cautelare in materia. In sede di reclamo le due ordinanze, decise dal Tribunale di Napoli, hanno avuto un esito nettamente contrastante: mentre la prima imponeva al gruppo editoriale al quale la testata online apparteneva la rimozione dell'articolo dalla pagina web e quindi alla relativa procedura di deindicizzazione, la seconda, invece, dichiarava non ammissibile la tutela cautelare. La Corte si è dunque occupata di stabilire se fosse ammissibile l'ordine di cancellazione o di oscuramento di una o più pagine pubblicate in alcune testate on line, attraverso il ricorso all'inibitoria ex art. 700 c.p.c., con l'obiettivo di annullare l'aggravamento del danno sia patrimoniale che non patrimoniale che scaturiva dalla pubblicazione di articoli diffamatori attraverso la rete. La questione
Un giornale pubblicato su Internet può o meno essere oggetto di sequestro preventivo per il reato di diffamazione a mezzo stampa, così come già succede per le edizioni cartacee? Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte si è definitivamente pronunciata sulla questione relativa all'inammissibilità della cautela preventiva contro i contenuti diffamatori di una testata giornalistica on line. La pronuncia analizzata ha ad oggetto un caso che ha visto da sempre in contrapposizione il mondo dell' informazione e l'universo telematico, in particolare il diritto di informazione e la tutela di chi “fa” la notizia. Con la pronuncia in commento sono state quindi chiarite le relazioni tra diritto e web, nonché i relativi rischi di diffamazione che questi possono ricomprendere. Le Sezioni Unite, esprimendosi sull'impossibilità di sequestro preventivo nei confronti di un giornale “on line” e dei corrispettivi ricevuti nei casi di diffamazione sospetta, ha stabilito che nessuna censura e nessun sequestro preventivo possono essere imposti su richiesta della parte che si sente danneggiata, impedendo alla notizia di circolare, posta la prevalenza dell'interesse generale su quello personale. Secondo la pronuncia de quo, la stampa online è equiparata alle testate giornalistiche tradizionali estendendo a quest'ultime le garanzie previste dall'art. 21 Cost.; nella definizione di “stampa” dettata dalla l. n. 47 dell'8 febbraio 1948, difatti, «sono considerate stampe o stampati tutte le riproduzioni tipografiche o ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione». La Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: «la tutela costituzionale assicurata dal terzo comma dell'art. 21 Cost. alla stampa si applica al giornale o al periodico pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico, quando possieda i medesimi tratti caratterizzanti del giornale o periodico tradizionale su supporto cartaceo e quindi sia caratterizzato da una testata, diffuso o aggiornato con regolarità, organizzato in una struttura con un direttore responsabile, una redazione ed un editore registrato presso il registro degli operatori della comunicazione, finalizzata all'attività professionale di informazione diretta al pubblico, cioè di raccolta, commento e divulgazione di notizie di attualità e di informazioni da parte di soggetti professionalmente qualificati». La tutela speciale enunciata dalle Sezioni Unite civili riguarda dunque i siti internet contraddistinti dai medesimi requisiti del giornale cartaceo: - pubblicazione periodica regolare; - organizzazione in una struttura con a capo un direttore responsabile; - iscrizione nel registro degli operatori della comunicazione dell'editore. Nel caso in cui sia dedotto il contenuto diffamatorio di notizie pubblicate in un giornale diffuso con mezzo telematico, questo non può essere oggetto, in tutto o in parte, di provvedimento cautelare preventivo o inibitorio, di contenuto equivalente al sequestro o che ne impedisca o limiti la diffusione, ferma restando la tutela eventualmente concorrente prevista in tema di protezione dei dati personali. La Corte evidenzia come l'art. 21, comma 3, Cost., dispone che il sequestro della stampa generalmente intesa può essere disposto, con atto motivato dell'autorità giudiziaria, soltanto nei casi per i quali la legge sulla stampa lo autorizzi espressamente o, ancora, nel caso di stampa clandestina. Già la sentenza della Corte costituzionale del (C. cost., 24 giugno 1970, n. 122) sancì il divieto di sequestro della stampa, salvo i casi previsti dalla legge sulla stampa stessa, per la prevalenza della libertà di stampa su ogni altro interesse meramente individuale. La Cassazione ha riaffermato tale principio in relazione al giornale telematico nel caso di contenuti sospettati di essere diffamatori e quindi lesivi della reputazione e dell'onore. Infatti, il solo diritto alla reputazione e all'onore, benché fondamentale, deve intendersi cedere dinanzi alla tutela della libertà di stampa, anche nella fase cautelare finalizzata all'adozione di misure urgenti. Ulteriore soluzione che postula la valorizzazione del concetto di stampa da un punto di vista funzionale è fornita dalla Giurisprudenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite penali (Cass. pen., Sez. Un., 29 gennaio 2015 n. 31022). In tale provvedimento la Corte ha stabilito che sia il giornale cartaceo che quello digitale si caratterizzano per essere degli strumenti di divulgazione e commento di notizie aventi determinate caratteristiche organizzative ed anche formali. I giudici penali, quindi, negano il sequestro tramite oscuramento o altra forma di controllo preventivo di una testata giornalistica on line, essendo inquadrabile nel concetto di stampa che, come tale, è un prodotto editoriale sottoposto alla normativa di rango costituzionale e di livello ordinario, che disciplina l'attività di informazione professionale diretta al pubblico. In quest'ottica, la predisposizione di un'organizzazione strutturale con a capo un direttore responsabile è finalizzata a garantire che la libertà di informazione riconosciuta alla stampa sia rispettosa dei limiti derivanti dalla necessità di salvaguardare diritti altrui di natura personale. Tale sistema faciliterebbe l'individuazione dei soggetti responsabili in caso di contenuti diffamatori o lesivi di altrui diritti; in presenza di tali tratti strutturali è possibile accordare alle testate online le garanzie costituzionali ai sensi dell'art. 21 Cost. Ciò andrebbe ad escludere la possibilità di ricorrere alla tutela cautelare inibitoria e preventiva per scongiurare gli effetti pregiudizievoli scaturenti da una pubblicazione presentata come diffamatoria. Secondo la Corte di Cassazione questo è in linea anche con la Giurisprudenza europea della Corte di Giustizia e della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha ribadito l'equiparazione tra stampa intesa in senso tradizionale e stampa online. Osservazioni
Posto che essendo stata esclusa in modo espresso la tutela cautelare, e quindi la tutela del danneggiato, potrebbe trovare protezione solamente nel risarcimento per equivalente, ci si chiede se la tutela cautelare rappresenterebbe il solo strumento per evitare il prodursi, o il protrarsi, di un pregiudizio grave all'onore ed alla reputazione altrui magari non facilmente riparabile, poste le particolari modalità di divulgazione dei contenuti on line. Le Sezioni Unite hanno esaminato la questione dell'ammissibilità o meno del sequestro preventivo, partendo dal presupposto che la libertà di stampa è un principio primo su cui si fonda lo Stato democratico e ribadendo i casi nei quali è consentito tale sequestro preventivo: violazione delle norme sulla registrazione delle pubblicazioni periodiche e sull'indicazione dei responsabili, stampati osceni o offensivi della pubblica decenza. Tuttavia la più recente Giurisprudenza della Corte Suprema ritiene che la garanzia costituzionale, in tale tema, non possa essere estesa alla “stampa telematica” poiché il termine stampa sarebbe stato assunto dalla Carta Costituzionale in riferimento solo alla “carta stampata”. A tal riguardo un periodico o un quotidiano digitale avente la struttura di un giornale cartaceo, non può essere paragonato ad un qualunque portale web ma assume una sua connotazione particolare. Considerando lo sviluppo delle nuove tecnologie, nel concetto di “stampa” devono pertanto rientrare anche i quotidiani o i periodici online regolarmente registrati, i quali sottostanno alla normativa sulla stampa cartacea, poiché funzionalmente sono ad essa assimilabili. Conseguentemente, la “stampa telematica”, al pari di quella tradizionale, non può essere sottoposta a sequestro preventivo, se non nei casi eccezionali espressamente previsti dalla legge. Analizzando la sfera di una potenziale vittima di un articolo diffamatorio e la tutela della molteplicità di persone che finiscono con l'essere vittime delle c.d. “fake news” diffuse in rete, non può non ravvedersi l'esigenza di riconoscere la tutela cautelare ed interventi normativi mirati in tale ambito. Se da un lato, infatti, tali notizie (derivanti da siti o blog non ricompresi nel concetto di testata giornalistica), pubblicate senza fondamento tecnico-scientifico ma divenute “virali” conseguentemente alla loro continua divulgazione, non troverebbero terreno fertile relativamente ai limiti affermati dalle Sezioni Unite, d'altro canto non si può escludere che tali bufale siano diffuse in rete da soggetti organizzati in strutture assimilabili alle testate giornalistiche con finalità informative. Di conseguenza, si potrebbe correre il rischio di riconoscere una licenza alla divulgazione di fake news. Le Sezioni Unite penali della Cassazione hanno inoltre inserito una definizione di documento informatico che non risulta aggiornata alla normativa attuale. La nuova definizione di documento informatico, art. 3 D.P.C.M. del 13 novembre 2014, indica le modalità di formazione del documento che non rientrano nel concetto di supporto che lo contiene; inoltre, né il CAD né le Regole tecniche sulla conservazione fanno riferimento ad un supporto fisico su cui debba essere memorizzato il file. Pare dunque utile, al fine di uniformare le soluzioni oggi contrastanti, cercare di raggiungere un'armonizzazione nella disciplina di tale materia. |