Mala gestio impropria: al danneggiato basta dedurre il ritardo nella liquidazione
18 Dicembre 2014
Massima
Cass. civ. sez. III, sent., 23 ottobre 2014 n. 22511 Nel formulare la domanda di risarcimento del danno per responsabilità ultramassimale dell'assicuratore del danneggiante, il danneggiato in conseguenza di un sinistro stradale è onerato esclusivamente della deduzione del ritardo dell'assicuratore stesso nella liquidazione del danno, gravando su quest'ultimo l'onere di provare la non imputabilità del ritardo.
Sintesi del fatto
Calabria, luglio 1995, in un tratto della strada provinciale San Marco Argentano-Guardia Piemontese ha luogo un sinistro stradale che coinvolge due autovetture, una Golf e una Fiesta, le quali viaggiano in direzione opposta. Lo scontro frontale provoca la morte dei conducenti dei due veicoli e di una passeggera della Fiesta. Altre passeggere subiscono lesioni. Ne nascono diverse cause, poi riunite, che si concludono, in primo grado, con una sentenza del novembre 2002 (sette anni e cinque mesi dopo il fatto), la quale stabilisce che il sinistro si è verificato per concorrente responsabilità dei due conducenti. I danni sono liquidati di conseguenza. All'esito dell'impugnazione, la corte d'appello, dopo otto anni, capovolge il verdetto: il conducente della Golf ha invaso la corsia opposta percorsa dalla Fiesta, mentre il conducente della Fiesta non ha potuto fare nulla per evitare l'impatto. La liquidazione dei danni si modifica di conseguenza: ma il massimale applicato all'assicuratore della Golf (sono passati oltre 15 anni dal fatto) non basta più. La corte d'appello — questo il punto che rileva — rigetta la domanda di responsabilità ultramassimale proposta dagli eredi del conducente e della passeggera della Fiesta, sulla considerazione che «non può ritenersi la ricorrenza della mala gestio, poiché la responsabilità del sinistro era obiettivamente controversa». I danneggiati ricorrono su questo punto per cassazione.
La questione
Sorge allora la questione, tra le molte che il tema della responsabilità ultramassimale dell'assicuratore della r.c.a. continua a suscitare, del riparto degli oneri probatori concernenti la mala gestio. Le soluzioni giuridiche
La S.C. dà ragione ai ricorrenti: la sentenza d'appello viene cassata con rinvio, sicché la finale decisione di merito giungerà ormai a non meno di vent'anni dal gravissimo incidente. La decisione è conforme all'insegnamento (formatosi in riferimento alla legge n. 990 del 1969, ma pienamente attuale nel vigore del codice delle assicurazioni) secondo cui: «In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, sul danneggiato che chiede la corresponsione del risarcimento oltre il limite del massimale — limitatamente a interessi e rivalutazione, con decorrenza dalla data di costituzione in mora dell'assicuratore, coincidente con la scadenza dello spatium deliberandi di cui all'art. 22 della legge n. 990 del 1969 — incombe esclusivamente l'onere di dedurre il ritardo della società assicuratrice nella liquidazione del danno, gravando quindi su quest'ultima l'onere di eccepire e provare la non imputabilità del ritardo» (Cass., sez. III, sent., 27 settembre 2004 n. 19321; Cass., sez. III, sent., 18 luglio 2008 n. 19919; Cass., sez. III, sent., 9 ottobre 2012 n. 17167). La massima pone in evidenza che l'assicuratore della r.c.a. è in mora nei confronti del danneggiato ogni qualvolta, ricevuta la richiesta prevista dall'art. 148 Cod. Ass. (in precedenza dall'art. 22l. 990/1969 citato), abbia per colpa lasciato decorrere i termini ivi previsti, omettendo di formulare l'offerta di risarcimento ovvero di corrispondere la somma offerta. Difatti, poiché la colpa dell'assicuratore, dopo lo spirare dei termini, dettati proprio al fine di velocizzare la liquidazione del sinistro, si presume iuris tantum, una volta dedotta al danneggiato l'inosservanza di essi spetta all'assicuratore dimostrare la non imputabilità del ritardo, non imputabilità che ricorre, essenzialmente, nel caso in cui l'assicuratore non sia stato posto in condizioni di accertare la responsabilità dell'assicurato ovvero di quantificare il danno. L'applicazione del principio sembra allora nel caso in esame senz'altro corretta: si consideri che gli eredi della trasportata sulla Fiesta avevano indubbiamente diritto di essere risarciti per intero dall'assicuratore della Golf, anche nell'ipotesi in cui vi fosse stata una corresponsabilità del conducente del veicolo (la Fiesta) su cui la donna era trasportata, per l'ovvia considerazione che detto assicuratore sarebbe stato in tal caso tenuto in solido con gli altri obbligati; e gli eredi del conducente della Fiesta avevano anch'essi diritto ad essere risarciti, giacché si comprende dalla sentenza della Cassazione che la lite si è incentrata sulla sussistenza di un'ipotetica corresponsabilità di quest'ultimo conducente, ma non pare essere stata mai in dubbio la responsabilità del conducente della Golf.
Il tema della responsabilità per mala gestio è in linea di principio semplicissimo, ma l'insorgere di diversi contrasti giurisprudenziali, non tutti risolti dalle Sezioni Unite, ha suscitato alcuni dubbi applicativi che impongono all'avvocato di fare la massima attenzione. Qui non v'è spazio per esaminare l'intero argomento. C'è tuttavia almeno un aspetto — che involge direttamente il profilo della possibile responsabilità dell'avvocato — che merita di essere ricordato: nel caso in esame, abbiamo visto che gli eredi del conducente e della passeggera della Fiesta avevano proposto dinanzi al giudice d'appello una domanda di mala gestio impropria. Ma — sarebbe interessante sapere — l'avevano proposta anche dinanzi al tribunale? Non c'è dubbio, difatti, che la condanna dell'assicuratore della r.c.a. al risarcimento del danno per mala gestio impropria debba essere oggetto di apposita domanda; la ragione è semplice, ed è stata già in precedenza sfiorata: il fatto costitutivo della pretesa del danneggiato ad essere risarcito in dipendenza della mala gestio dell'assicuratore non ha nulla a che vedere con il fatto costitutivo della pretesa risarcitoria azionata per effetto del verificarsi del sinistro e, al contrario, discende, come si è visto, da una condotta aquiliana, da un fatto proprio dell'assicuratore posto in essere in violazione di un preciso obbligo di legge. Insomma, la responsabilità ultramassimale è fondata su un autonomo titolo, costituito dalla colpevole inerzia dell'assicuratore, sicché indubbiamente occorre in proposito una domanda specifica. Ciò che non è perfettamente chiaro è come e quando la domanda di mala gestio debba essere formulata. Muovendo dalla premessa che la responsabilità ultramassimale dell'assicuratore si fonda su un titolo autonomo, è stato più volte ribadito che la domanda di «integrale risarcimento» del danno cagionato dal sinistro (o la domanda proposta mediante altra formula equivalente) non può intendersi riferita anche ai danni conseguenti al colpevole ritardo dell'assicuratore (Cass., sez. III., sent., 3 gennaio 1994 n. 5; Cass., sez. III., sent., 9 gennaio 1998 n. 133; Cass., sez. III., sent., 18 maggio 2001 n. 6824; Cass., sez. III., sent., 27 febbraio 2002 n. 2910; Cass., sez. III., sent., 10 giugno 2005 n. 12311; Cass., sez. III., sent., 30 gennaio 2006 n. 1873). Perciò, è nuova la domanda in questione formulata per la prima volta in appello (Cass., sez. III, sent., 17 novembre 1997 n. 11391; Cass., sez. lav., sent., 18 novembre 2000 n. 14930). Secondo un diverso indirizzo, la domanda di condanna dell'assicuratore al risarcimento del danno per mala gestio deve ritenersi implicitamente proposta ogniqualvolta il danneggiato, anche in mancanza della deduzione di un colpevole ritardo dell'assicuratore (si presti attenzione a questo inciso e si consideri che la sentenza in esame parla invece di un onere di deduzione del ritardo dell'assicuratore), abbia richiesto interessi e rivalutazione (Cass., sez. III, sent., 19 luglio 2005 n. 15213; Cass., sez. III, sent., 24 gennaio 2006 n. 1315; Cass., sez. III, sent., 30 maggio 2008 n. 14480; Cass., sez. III, sent., 28 giugno 2010 n. 15397). Questo secondo indirizzo, che pure pare essersi per ora affermato, è in realtà francamente insostenibile (se chiedo il risarcimento del danno con interessi e rivalutazione, sto semplicemente formulando la domanda in armonia con la natura dell'obbligazione risarcitoria, che è un'obbligazione di valore, ma non sto chiedendo nulla all'assicuratore per la sua mora), e pare piuttosto spiegabile col fatto che, sovente, dietro le paludate vesti del consigliere di cassazione… batte (o vorrebbe continuare a battere) il cuore indomito del giovane pretore, che non vuole abdicare all'imperativo morale di dare ragione a chi ce l'ha, anche se il suo avvocato (che ha dimenticato di proporre la domanda di responsabilità ultramassimale…) non è propriamente un principe del foro. Però, simili indirizzi tecnicamente claudicanti non possono essere tranquillizzanti e, del resto, come accennato, anche la sentenza che stiamo commentando fa riferimento ad un «onere di dedurre il ritardo della società assicuratrice nella liquidazione del danno», ritardo che ben poco ha a che vedere con la domanda di interessi e rivalutazione. Perciò, anche senza ambire al titolo di principe del foro, gli appartenenti alla vastissima platea dei bravi avvocati, una volta spirato il termine dell'art. 148 Cod. Ass., formuleranno espressamente fin dal primo grado la domanda di responsabilità ultramassimale, ovviamente quando le circostanze del caso (e cioè nell'ipotesi di sinistri gravi) lo consiglino. |