La clausola claims made nelle polizze di responsabilità civile professionale

19 Marzo 2015

“Le clausole claims made miste o spurie – qualora non siano state specificamente approvate per iscritto e siano contenute in un modello contrattuale già predisposto all'interno di uno schema negoziale, precostituito per una serie indefinita di rapporti - sono nulle ed inefficaci, con la conseguenza che le stesse sono sostituite di diritto dall'art. 1917 c.c., in base al quale l'assicuratore è tenuto ad indennizzare i terzi dei danni subiti dall'assicurato per il sinistro accaduto durante il tempo dell'assicurazione”
Massima

«Le clausole claims made miste o spurie – qualora non siano state specificamente approvate per iscritto e siano contenute in un modello contrattuale già predisposto all'interno di uno schema negoziale, precostituito per una serie indefinita di rapporti - sono nulle ed inefficaci, con la conseguenza che le stesse sono sostituite di diritto dall'art. 1917 c.c., in base al quale l'assicuratore è tenuto ad indennizzare i terzi dei danni subiti dall'assicurato per il sinistro accaduto durante il tempo dell'assicurazione».

Sintesi del fatto

Tizio conveniva in giudizio il medico Caio e la Casa di Cura Alfa, per sentirli condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza di un intervento neurochirurgico. Entrambi i convenuti chiedevano di essere autorizzati a chiamare in causa le Compagnie Assicurative, rispettivamente X per Caio e Y e Z per Alfa, al fine di essere da queste manlevati.

Le terze chiamate eccepivano l'inoperatività della polizza; in particolare, X richiamava il contenuto della clausola claims made.

Il Tribunale, in parziale accoglimento delle domande attoree, condannava Caio e Alfa al risarcimento del danno e condannava altresì X, Y e Z a manlevare i rispettivi assicurati.

In motivazione

«Le clausole claims made o a denuncia fatta (che sono di origine americana e furono introdotte dalle compagnie assicurative in Italia a partire dalla fine degli anni ‘90) sono clausole con le quali le assicurazioni delimitano la copertura (contrariamente a quanto previsto dall'art. 1917 c.c., che è legato al fatto illecito o comunque al sinistro) al momento di denuncia del sinistro, anche quando l'evento dannoso si è verificato in un periodo antecedente alla stipulazione della polizza (periodo di retroattività), entro il quale il sinistro deve essere realizzato per la vigenza della garanzia; (…).

Le clausole claims made (c.d. pure), che prevedono un periodo di retroattività di dieci anni, termine di prescrizione per le azioni risarcitorie in ordine alla responsabilità medica o professionale in generale, si distinguono dalle clausole (c.d. spurie o miste) che prevedono un periodo di retroattività inferiore (il più delle volte di 3 o 5 anni).

Orbene, le polizze con clausola claims made pura sostanzialmente anticipano il periodo di garanzia per il tempo di prescrizione del rischio spostando indietro la copertura del rischio previsto in polizza al periodo antecedente alla sottoscrizione della stessa, bilanciando interamente il periodo successivo alla vigenza della polizza (…).

In tale caso, la clausola non può dirsi vessatoria in quanto non vi è una vera riduzione della garanzia, ma solo una traslazione del periodo di copertura.

Al contrario, la clausola claims made spuria o mista, riducendo il periodo di garanzia anticipata, a vantaggio della sola compagnia assicuratrice, sbilanciano la responsabilità contrattuale in danno dell'assicurato, che non trova equivalente riparo per il periodo anteriore alla sottoscrizione della polizza, alla mancata copertura per i sinistri che vengono denunciati successivamente alla vigenza della stessa per il lungo lasso di tempo di dieci anni. Si è in presenza di clausole claims made spurie o miste quando l'assicurazione garantisce le richieste di risarcimento pervenute durante il periodo di assicurazione e limita il periodo di retroattività, ovvero l'estensione della copertura, alle condotte negligenti tenute dall'assicurato nel passato, ovvero quando la copertura assicurativa si limita alle richieste risarcitorie che siano non solo giunte durante il periodo di assicurazione, ma che siano anche relative a condotte tenute durante lo stesso periodo o comunque in un periodo inferiore al termine di prescrizione decennale.

Per la ragione che precede, secondo l'orientamento prevalente in giurisprudenza di legittimità (cfr. ad es. Cass. n. 5624/2005 e Cass. n.10619/2012) e di merito (cfr., ad es. Trib. Roma, sent. 10 aprile 2013), che viene qui condiviso, la clausola claims made pura è valida ed efficace, mentre le clausole claims made miste o spurie sono vessatorie e pertanto necessitanti, per la loro validità, ai sensi dell'art. 1341 c.c. della doppia sottoscrizione da parte dell'assicurato proprio per sottolineare la importante riduzione della responsabilità contrattuale dell'assicurazione (…).

A fronte della sua inefficacia, la stessa deve essere sostituita con quanto disposto dall'art. 1917 c.c.. cioè dalla norma che si voleva (da parte della sola assicurazione) derogare: sia perché secondo l'art. 1932, comma 2 c.c., in materia di assicurazione, le clausole che derogano in senso meno favorevole all'assicurato, sono sostituite di diritto dalle corrispondenti disposizioni di legge con conseguente applicazione del modello legale di insorgenza del danno, a norma del quale la copertura assicurativa opera con riferimento ai rischi che derivano da fatti accaduti nel periodo di vigenza della polizza, indipendentemente dalla data di richiesta di risarcimento e di denuncia; sia perché, diversamente opinando, si verificherebbe la irragionevole ipotesi per la quale il professionista, malgrado si sia premurato di rimanere continuativamente assicurato, rimanga di fatto scoperto dalla garanzia per la quale ha sempre pagato l'intero premio richiesto».

La questione

La questione in esame è la seguente: in caso di polizza con clausola claims made, in quali casi opera la copertura assicurativa?

Le soluzioni giuridiche

La clausola claims made comporta che l'assicurazione copra le richieste di risarcimento pervenute per la prima volta all'assicurato nel corso del periodo di assicurazione e da questi denunciate all'assicuratore durante il medesimo periodo, a condizione che tali richieste siano conseguenti a comportamenti colposi posti in essere successivamente alla data di retroattività indicata in polizza (ovvero durante il periodo di efficacia dell'assicurazione) e non riguardino fatti già noti all'assicurato.

Tale clausola è stata introdotta nel nostro ordinamento assicurativo agli inizi degli anni novanta ed è stata fin da subito oggetto di dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza, con varie correnti di pensiero riguardo alla validità/nullità della stessa.

In dottrina, le teorie sulla nullità della clausola sono corroborate dalla concezione che la stessa sia in contrasto con gli artt. 1917 c.c. (responsabilità a carico dell'assicuratore) e 1895 c.c. (nullità di un contratto qualora il rischio non sia mai esistito o sia cessato di esistere prima della conclusione del contratto). Un primo orientamento la considera nulla in quanto l'esistenza della clausola sarebbe fondata proprio su un evento anteriore, ma la cui pretesa risarcitoria avverrebbe durante il periodo coperto da assicurazione. Un secondo orientamento, invece, la ritiene nulla perché sarebbe in contrasto con la struttura dell'art. 1917 c.c., il quale è derogabile solo in punto di colpa grave e dolo e, pertanto, la clausola claims made non sarebbe meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c..

Diametralmente opposta la tesi della validità, che si basa sulla concezione che l'alea non si ravvisa nel fatto illecito commesso dall'assicurato, ma nella richiesta risarcitoria del danneggiato.

Anche in giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, ci sono state pronunce discordanti.

Una delle ultime è proprio della Cassazione (Cass. Civ., sez. III, 17 febbraio 2014, n. 3622) la quale sostiene la piena validità ed efficacia della clausola claims made, la quale ritiene che la sussistenza dell'alea, lungi dal garantire comportamenti dolosi del professionista, concerne quei comportamenti tenuti dall'assicurato in un periodo antecedente al periodo di validità del contratto, dei quali non si ha conoscenza della loro illiceità o idoneità a produrre danno.

La sentenza sopra menzionata conferma l'orientamento che definisce il contratto di assicurazione contenente la clausola claims made come un contratto atipico: sarà dunque compito del giudice valutare nel merito la vessatorietà della clausola ai sensi dell'art. 1341 c.c. (Cass., 22 marzo 2013, n. 7273; Cass., 15 marzo 2005, n. 5624).

Al contrario, il Trib. Roma, sez. XIII, con sentenza del 5 gennaio 2007 dichiarava che la nullità non deriva dalla vessatorietà delle clausole oggetto della valutazione di merito del giudice, ma dall'assunzione di un rischio putativo.

Osservazioni

La sentenza oggetto di commento è senz'altro innovativa e utile in senso pratico, infatti, per la prima volta, viene fatta la distinzione tra clausola claims made c.d. pura e mista, analizzando concretamente le conseguenze determinate dalla diversa operatività.

La pronuncia del Tribunale di Bologna si colloca nella giusta posizione rispetto a tutte quelle emesse a riguardo e rappresenta anche un valido supporto per quelle future.

Sarebbe auspicabile una pronuncia della Cassazione, magari a Sezioni Unite, che precisi ulteriormente i parametri e i criteri di valutazione per i giudicanti, senza più lasciare spazio a dubbi o incongruità.

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