Variazioni nella giurisprudenza di legittimità sulla clausola claims made
21 Maggio 2015
Massima
La clausola cosiddetta "a richiesta fatta" (claims made) inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile è valida ed efficace, mentre spetta al giudice stabilire, caso per caso, con valutazione di merito, se quella clausola abbia natura vessatoria ai sensi dell'art. 1341 c.c.. Il caso
Nel corso di un giudizio di primo grado vertente in materia di responsabilità medica, il Tribunale di Roma, accolta la domanda principale, condannava la compagnia assicurativa dell'ente ospedaliero a tenere indenne lo stesso per le somme corrisposte al danneggiato in ragione della decisione. Tale pronuncia veniva riformata, limitatamente all'accoglimento della domanda di garanzia dalla Corte d'Appello di Roma, sull'assunto della liceità e non vessatorietà della clausola claims made stipulata dalle parti, mediante la quale era stabilito che l'assicurazione era valida per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta durante il periodo di efficacia dell'assicurazione, purché il fatto che avesse dato origine alla richiesta di risarcimento fosse stato commesso nel medesimo periodo o anche in epoca antecedente tale periodo ma comunque non prima di tre anni dalla data di perfezionamento del presente contratto. L'ente ospedaliero proponeva quindi ricorso per cassazione avverso tale sentenza denunciando, mediante diversi motivi, la vessatorietà e la contrarietà a buona fede della clausola c.d. a richiesta fatta. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, confermando, sulla scorta di alcuni precedenti, il ragionamento seguito dalla Corte d'Appello. La questione
Per meglio comprendere la portata della questione esaminata dalla Suprema Corte, occorre ricordare che nell'ambito delle assicurazioni della responsabilità civile dal disposto dell'art. 1917, comma 4, c.c. si desume che il fatto ovvero il danno, ossia il sinistro cui dà luogo l'obbligazione indennitaria della compagnia assicurativa, deve essersi verificato nel periodo di vigenza del contratto, atteso che l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi,in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare a un terzo. Tuttavia nella prassi dei contratti di assicurazione per responsabilità professionale è in uso la clausola claims made in forza della quale l'assicuratore è chiamato a rispondere “a richiesta fatta”, ossia laddove la richiesta risarcitoria da parte del danneggiato venga ad essere formulata nel periodo di vigenza del contratto. Ne consegue che la copertura assicurativa sussiste anche per fatti verificatisi prima della stipula del contratto e che, per converso, non opera per fatti accaduti durante la vigenza del contratto se la richiesta è spiegata successivamente. La validità della clausola in esame è discussa. Invero, soprattutto una parte della giurisprudenza di merito, dubita della validità della clausola claims made. Tra le altre argomentazioni utilizzate, particolare rilievo assume quella del contrasto della clausola con il disposto dell'art. 1895 c.c. in quanto al momento della stipula del contratto di assicurazione il rischio si è già concretizzato, sicché potrebbe mancare l'alea negoziale. In tale direzione si segnala la giurisprudenza per la quale le clausole claims made contenute nel contratto di assicurazione sono radicalmente nulle in quanto contrarie alla previsione dell'art. 1917 c.c. secondo cui l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare a un terzo, mentre radicare l'obbligo assicurativo al momento nel quale viene effettuata la richiesta risarcitoria fa venir meno il rischio, elemento essenziale del contratto di assicurazione contro i danni (Trib. Roma, sez. XIII, 1° marzo 2006, est. Rossetti, in dejure.giuffre.it). In senso diverso ha tradizionalmente opinato la giurisprudenza del Tribunale di Milano per la quale non soltanto deve ritenersi ammissibile la deroga all'art. 1917, comma 1, c.c. che costituisce, in parte qua, norma derogabile tenendo conto del disposto dell'art. 1932 c.c. che limita ad altri commi l'inderogabilità dell'art. 1917 c.c. ma che è altresì possibile ricondurre il contratto con clausola c.m. allo schema tipico del contratto assicurativo sulla responsabilità civile atteso che la deroga all'art. 1917 c.c. non determina né una diversa natura del rischio stesso, rimanendo oggetto della copertura assicurativa il fatto colposo dedotto in polizza (Trib. Milano, 18 marzo 2010, in Dir. ed econ. ass., 2010, 778; conf. Trib. Milano, sez. XII, 10 gennaio 2012, in Resp. civ. e prev., 2012, n. 3, 916, con nota di Bugiolacchi).
Le soluzioni giuridiche
La Corte di Cassazione nel rigettare il ricorso proposto ribadisce il principio, già affermato nella propria giurisprudenza, per il quale «la clausola cosiddetta "a richiesta fatta" (claims made) inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile (in virtù della quale l'assicuratore si obbliga a tenere indenne l'assicurato dalle conseguenze dannose dei fatti illeciti da lui commessi anche prima della stipula, se per essi gli sia pervenuta una richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato durante il tempo per il quale è stata stipulata l'assicurazione) è valida ed efficace, mentre spetta al giudice stabilire, caso per caso, con valutazione di merito, se quella clausola abbia natura vessatoria ai sensi dell'art. 1341 c.c.». A tal proposito, invero, la Suprema Corte ha più volte affermato che il contratto di assicurazione della responsabilità civile con clausola a richiesta fatta (claims made) non rientra nella fattispecie tipica prevista dall'art. 1917 c.c., ma costituisce un contratto atipico, generalmente lecito ex art. 1322 c.c., poiché, del suindicato art. 1917 c.c., l'art. 1932 c.c. prevede la inderogabilità - se non in senso favorevole all'assicurato - dei commi 3 e 4, ma non anche del primo, in base al quale l'assicuratore assume l'obbligo di tenere indenne l'assicurato di quanto questi deve pagare a un terzo in conseguenza di tutti i fatti (o sinistri) accaduti durante il tempo della assicurazione, di cui il medesimo deve rispendere civilmente, per i quali la connessa richiesta di risarcimento del danno, da parte del danneggiato, sia fatta in un momento anche successivo al tempo di efficacia del contratto e non solo nel periodo di efficacia cronologica del medesimo. Al riguardo, inoltre, non assume rilievo l'art. 2952 c.c., relativo alla richiesta di risarcimento fatta dal danneggiato all'assicurato o alla circostanza che sia stata promossa l'azione, trattandosi di norma che ha differente oggetto e diversa ratio, volta solamente a stabilire la decorrenza del termine di prescrizione dei diritti dell'assicurato nei confronti dell'assicuratore. Pertanto, in accordo con tale giurisprudenza, spetta al giudice di merito accertare - caso per caso - se la clausola a richiesta fatta riducendo l'ambito oggettivo della responsabilità dell'assicuratore fissato dall'art. 1917 c.c., configuri una clausola vessatoria per l'assicurato (Cass. civ., sez. III, 22 marzo 2013, n. 7273). Osservazioni
Nella pronuncia in esame, la Suprema Corte, richiama quale precedente sulla legittimità della clausola c.d. a richiesta fatta anche la recente decisione Cass. civ. n. 3622/2014. In realtà, mediante tale sentenza, la Corte di Cassazione, sebbene abbia effettivamente ribadito che la legittimità delle clausole claims made, in forza delle quali possono risultare coperti da assicurazione comportamenti dell'assicurato anteriori alla data della conclusione del contratto, qualora la domanda di risarcimento del danno sia per la prima volta proposta dopo tale data, predisposte dallo stesso assicuratore nelle condizioni generali di contratto siano frutto di scelte meditate e consapevoli, nonché di un'attenta valutazione dei rischi e della remuneratività del corrispettivo convenuto come premio, pur in relazione ai sinistri verificatisi in data anteriore, ha effettuato una non trascurabile precisazione proprio con riferimento all'opposta fattispecie qui in esame. In particolare, invero, con riguardo alla clausola volta ad escludere la copertura assicurativa per fatti verificatisi nella vigenza del contratto sebbene scoperti e quindi denunciati successivamente alla compagnia, in un obiter dictum della sentenza n. 3622/2014, la Corte di Cassazione ha osservato che in tale ipotesi la clausola potrebbe effettivamente porre problemi di validità, venendo a mancare, in danno dell'assicurato, il rapporto di corrispettività fra il pagamento del premio e il diritto all'indennizzo, per il solo fatto che la domanda risarcitoria viene proposta dopo lo scioglimento del contratto. In sostanza, il problema potrebbe essere quello dell'invalidità della clausola per difetto di causa in concreto del contratto atipico di assicurazione della responsabilità civile “arricchito” dalla clausola c.d. a richiesta fatta. Ci sembra, pertanto, che si stia formando, anche all'interno della giurisprudenza di legittimità, un contrasto in ordine alla validità della clausola claims made, laddove la stessa sia volta ad escludere la responsabilità dell'assicuratore per fatti verificatisi durante il periodo di vigenza del contratto (non ponendo, invero, la fattispecie speculare particolari problematiche di tutela per l'assicurato). Infatti se continua a prevalere l'orientamento che assume la validità della clausola in questione, salvo il sindacato sull'efficacia della stessa sotto il profilo della vessatorietà, sembra riproporsi, in termini in parte difformi da quelli proposti nella prassi di merito, il problema della validità della stessa sotto il profilo della mancanza di causa in concreto.
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