Insidia stradale: condotta colposa del danneggiato ai fini della attenuazione della responsabilità oggettiva della P.A.
20 Ottobre 2014
Massima
App. Milano, sez. II, sent., 14 maggio 2014 n. 1743 “In tema di risarcimento del danno cagionato all'utente da insidia posta su strada provinciale che attraversa comune con popolazione non superiore ai ventimila abitanti, la provincia in quanto proprietaria risponde ex art. 2051 c.c. e l'Ente territoriale ex art. 2043 c.c. verso terzi ed eventualmente ex contractu verso la Provincia. La condotta priva di diligenza dell'utente danneggiato esclude la responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. della P.A. ove idonea ad interrompere il nesso eziologico tra causa del danno e danno stesso, integrando altrimenti un concorso di colpa ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c. rilevabile d'ufficio. La diminuzione della responsabilità del danneggiante è proporzionale all'incidenza causale del danneggiato”.
Sintesi del fatto
Tizio, percorrendo una strada provinciale in sella ad un ciclomotore, raggiunge e attraversa un Comune allorquando a causa di un grosso avallamento residuato a seguito della recente esecuzione di lavori “idrici” sulla platea commissionati dall'Ente territoriale, cade subendo lesioni e danni al mezzo. Promossa azione risarcitoria nei confronti della Provincia, il danneggiato si vede respingere la domanda con condanna alla rifusione delle spese di lite tanto in favore della convenuta quanto del Comune terzo chiamato dalla prima, quale obbligato alla manutenzione di quel tratto di strada ex art. 1, L. n. 105/1967. Il danneggiato soccombente impugna quindi integralmente la prima sentenza lamentando l'errore del Tribunale per aver questi escluso: a) la legittimazione passiva e la titolarità della posizione giuridica della Provincia viceversa esistente in quanto ente proprietario della strada e dunque responsabile ex art. 2051 c.c.; b) l'applicabilità dell'art. 2051 c.c. avendo l'attore assolto l'onere di provare l'evento dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno; c) l'esistenza di un'insidia o trabocchetto, avuto riguardo alle caratteristiche dell'avvallamento e alla situazione dei luoghi”. La Provincia appellata si costituisce chiedendo la reiezione del gravame ribadendo l'eccezione di difetto di propria legittimazione passiva e chiedendo in via di mero subordine, accertata la misura delle reciproche responsabilità, di condannare in manleva del Comune ovvero al pagamento diretto delle somme eventualmente accertare come dovute. Quest'ultimo, costituitosi anch'esso, chiede a sua volta la reiezione dell'appello eccependo ulteriormente la novità della domanda di condanna in solido con la Provincia formulata per la prima volta dall'appellante solo nel secondo grado. Previo espletamento della CTU medico legale sulla persona dell'appellante la Corte, pur non pronunciandosi sulla domanda formulata dal danneggiato direttamente nei confronti del Comune in quanto nuova, accoglie l'appello e riforma la sentenza condannando la Provincia ex art. 2051 c.c. al risarcimento ed il Comune a rimborsare quest'ultima, condannandolo contestualmente alla rifusione delle spese li lite.
La questione
Le questioni in esame sono le seguenti: l'onere gravante sul comune ex L. n. 105/1967 ed ex contractu di provvedere agli adempimenti relativi ai servizi urbani comunque interferenti con i tratti di strada provinciale, libera la Provincia dalla responsabilità ex art. 2051 c.c.? Quale responsabilità è eventualmente addebitabile al Comune? Premesso poi che la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, quale caratteristiche deve avere la condotta del danneggiato per integrare un concorso di colpa dello stesso ex art. 1227, comma 1, c.c.? Le soluzioni giuridiche
La prima questione sostanziale trattata dalla sentenza in esame attiene la individuazione della P.A. titolare dell'obbligo di custodia e controllo di una strada provinciale che attraversa un abitato comunale. Viene richiamato nella parte motiva l'art. 1 della L. 28 febbraio 1967 n. 105 (Disposizioni per confermare la competenza dei Comuni sugli attraversamenti degli abitati- GU n.74 del 23 marzo 1967 ) a mente del quale “Per i tratti di strada che attraversano abitati di Comuni con popolazione non superiore a ventimila abitanti e che fanno parte della rete delle strade provinciali giusta la lettera c) dell'articolo 7 della legge 12 febbraio 1958, n. 126, resta ferma la competenza dei Comuni per tutti gli adempimenti relativi ai servizi urbani comunque interferenti con i suddetti tratti di strade. Gli adempimenti di cui al comma precedente, qualora comportino lavori che investono la consistenza del corpo stradale, sono subordinati alla preventiva autorizzazione del presidente dell'Amministrazione provinciale. In ogni caso i Comuni devono ripristinare a loro spese i tratti di strada manomessi per l'esecuzione dei lavori (..)”. A giudizio della Corte d'appello di Milano tale disposizione, pur applicabile ove ne ricorrano i presupposti fattuali, “non sottrae il bene alla custodia e al controllo della provincia, che continua ad esserne proprietaria e a rispondere ex art. 2051 c.c. dei danni causati dall'insorgere nella strada di agenti pericolosi, bensì onera il comune… unicamente agli adempimenti relativi ai servizi urbani, si che, ove si renda inadempiente, è configurabile a suo carico una responsabilità ex art. 2043 c.c. nei confronti dei terzi danneggiati”. Conclusione questa suffragata dal fatto che la “preventiva autorizzazione del presidente dell'Amministrazione provinciale” cui è subordinata l'esecuzione da parte del Comune di lavori che investono la consistenza del corpo stradale”, implica di norma l'insorgenza di uno specifico obbligo contrattuale tra le due P.A. che -nella fattispecie- prevedeva la liberazione della Provincia “da ogni responsabilità fino al collaudo favorevole delle opere”, ed è proprio tale ultima circostanza del collaudo previsto tra le parti, a confermare secondo la Corte “il permanere del controllo e della sorveglianza in capo all'ente proprietario” La seconda questione trattata dalla sentenza in esame attiene la responsabilità del proprietario/ custode, i suoi limiti e l'attenuazione da riferire all'accertamento di elementi esterni tali da determinare l'interruzione o l'affievolimento del nesso causale. Premesso infatti e ribadito l'orientamento della Suprema Corte a mente del quale “la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo” i magistrati della Corte milanese rammentano che affinchè tale responsabilità possa configurarsi in concreto “è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, per cui tale tipo di responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito” Precisa tuttavia la Corte d'Appello che tale fattore,” attiene non ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell'evento, da ricondurre non alla cosa, che ne è fonte immediata, ma ad un evento esterno, recante i caratteri dell'oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità” Comportamento quindi “che può essere costituito anche dal fatto del terzo o dello stesso danneggiato” Cosicchè -in definitiva-, a quest'ultimo spetta l'onere della prova dell'esistenza del rapporto di custodia, del nesso causale tra la cosa ed il danno subito; il convenuto viceversa è gravato della prova del caso fortuito atto ad interrompere il nesso causale e tale da escludere la sua responsabilità. Laddove tuttavia il danno non sia ascrivibile direttamente ed esclusivamente alla struttura o al funzionamento della cosa come potrebbe essere il caso dello scoppio della caldaia o la scarica elettrica, la prova del nesso causale può diventare “particolarmente rilevante e delicata” posto che l'uso del bene demaniale da parte del danneggiato senza osservare una normale diligenza ovvero con affidamento soggettivo anomalo, è condotta idonea ad interrompere il nesso di eziologico tra la causa ed il danno e integra un concorso di colpa dell'utente danneggiato ex art. 1227, 1 comma c.c., rilevabile anche d'ufficio, tale da determinare la diminuzione della responsabilità del danneggiante in proporzione all'incidenza causale del comportamento del danneggiato. La corretta individuazione del titolare del rapporto che si intende dedurre in giudizio a fini risarcitori e la tempestività della relativa domanda di condanna, richiedono la migliore attenzione. Nella fattispecie, proprietaria della strada ove si è verificato il sinistro è risultata essere la Provincia. Il fatto che il danno si sia verificato su strada provinciale ma in territorio di comune con popolazione non superiore ai ventimila abitanti, ha legittimato il richiamo alla L. n. 105/1967. Tale disposizione tuttavia, attribuisce ai siffatti comuni solo “la competenza”, per tutti gli adempimenti relativi ai servizi urbani interferenti con la Strada Provinciale senza per ciò sottrarre alla Provincia la custodia e l'attività di controllo del bene. Cosicchè la Provincia rimane responsabile ai sensi dell' art. 2051 c.c. Viceversa nei confronti del comune, a fronte dell'accertato inadempimento agli obblighi previsti ex L. n. 105/1967, è stata ritenuta configurabile una responsabilità ex art. 2043 c.c. nei confronti dei terzi danneggiati e contrattuale verso la Provincia causa violazione degli obblighi ivi assunti di ripristino della carreggiata a regola d'arte in caso di esecuzione di lavori sulla platea stradale. La domanda di condanna solidale del Comune e della Provincia al risarcimento in favore dell'Appellante riferita ad una concorrente responsabilità nella determinazione del danno è stata invece giudicata inammissibile dalla Corte. Ed infatti, tale domanda, pur essendo stata introdotta dall'appellante con la prima memoria ex art. 183, comma 6 n. 1 c.p.c., non è stata fatta seguire da specifiche, conseguenti ed esplicite conclusioni. Eguale attenzione va riposta nella valutazione della condotta del danneggiato. Una condotta colposa dell'utente della strada contraddistinta da negligenza o da affidamento soggettivo anomalo, può escludere la responsabilità della P.A, laddove si tratti di comportamento idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra danno e causa dello stesso. Nel caso di specie la Corte ha riesaminato criticamente la sussistenza dei presupposti fattuali ed ambientali: a) della esistenza della anomalia insista nella platea stradale; b) della non visibilità e non prevedibilità dell'ostacolo; c) della condotta di guida del conducente il veicolo; d) della familiarità con il luogo del sinistro. I Magistrati hanno concluso affermando e riconoscendo l'esistenza dell'avallamento ” successivamente eliminato “con un rappezzo, come lamentato dal danneggiato, “che sia pure di non rilevante profondità, interessava quasi l'intera larghezza della carreggiata” e dunque non era “facilmente evitabile stante la sua dimensione”. Parimenti la Corte, sia pure in termini presuntivi, ha riconosciuto “che l'avallamento non fosse avvitabile a grandissima distanza perché, asfaltato, non aveva un colore diverso dalla zona circostante”. Tuttavia i Giudici dell'Appello hanno contestualmente ritenuto probabile la conoscenza da parte dell'infortunato della situazione di pericolosità della strada dovuta ad una contiguità abitativa ed anche alla durata dei lavori interessanti la platea; parimenti hanno concluso per la visibilità dell'anomalia essendosi il sinistro verificato “a mezzogiorno di una serena giornata estiva” “in un tratto rettilineo e con fondo stradale asciutto”, addebitando altresì al danneggiato una “eccessiva velocità” del mezzo, desumibile dalle sintomatiche “lunghe tracce si scarrocciamento” lasciate dal motoveicolo “prima di terminare la corsa”. Accertamenti tutti questi tale da impedire di escludere la responsabilità del custode ma contestualmente idonei ad affermare un “rilevante concorso di colpa del danneggiato” valutato nel caso in esame nella misura del 50% delle conseguenze lesive accertate tramite CTU disposta nel grado d'appello. La sentenza qui commentata richiama e conferma utilmente e con chiarezza che le azioni risarcitorie promosse dall'utente della strada danneggiato da insidie e/o trabocchetti celati nella platea stradale necessitano ogni migliore, più attenta e critica analisi preventiva di ogni singolo presupposto. E ciò a partire dalla esatta individuazione del legittimato passivo per proseguire all'accertamento della natura giuridica della sua responsabilità e alla esatta e tempestiva formulazione della domanda introduttiva, per continuare fino all'esame della sussistenza dei presupposti fattuali dell'insidia come giuridicamente definibile, per giungere infine alla valutazione della condotta del danneggiato stesso. Quest'ultima infatti ben potrebbe avere caratteristiche tali da interrompere il nesso eziologico tra la cosa in custodia ed il danno ed escludere ovvero attenuare di conseguenza la responsabilità del/i convenuto/i.
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