Condanna alla “disalimentazione” del PDR del Gas

23 Agosto 2017

Con le finalità di privatizzare i servizi di pubblica utilità ed in particolare di garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità, dal 1995 è stata introdotta una complessa normativa per la conservazione, il trasporto e la distribuzione del gas. Per il caso di morosità dei clienti finali..
Inquadramento

La l. 481/1995, con la finalità di garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità, ha istituito l'Autorità per l'energia elettrica e il gas come autorità incaricata di organizzare, disciplinare e controllare questi complessi rapporti. Il d.lgs. n. 164/2000 (art. 14) ha disciplinato le modalità di affidamento del servizio di distribuzione del gas. Diverse delibere dell'Autorità (In particolare il TIVG, testo integrato della vendita al dettaglio del gas ed il TIMG, testo integrato morosità gas) hanno regolato nel dettaglio i rapporti e le competenze dei diversi soggetti coinvolti.

Da questa normativa si ricava che gli impianti e le dotazioni necessarie competono agli enti territoriali (art. 14 d.lgs. n. 164/2000), i quali possono conferirli a diverso titolo alle società di distribuzione che effettuano attività di trasporto e di consegna del gas, in collaborazione con l'utente del servizio; questi ha titolo per immettere e prelevare gas naturale per cessione ai clienti finali. In pratica, il rapporto con il cliente finale è regolato da un contratto con un esercente la vendita (venditore), ove questa qualifica non sia rivestita dallo stesso utente del servizio di distribuzione.

Il contratto tra venditore e cliente finale è un normale contratto sinallagmatico di somministrazione; nel caso in cui il cliente sia inadempiente al suo obbligo di pagare il prezzo dovuto, il contratto si risolve. La normativa citata prevede in questi casi la fornitura temporanea di gas per il tramite della c.d. fornitura di default. Se, però, non viene stipulato un nuovo contratto o non si verificano altre situazioni particolari, l'utente del servizio di distribuzione può chiedere all'impresa di distribuzione la chiusura del punto di riconsegna per sospensione della fornitura per morosità (art. 5 TIMG) e l'impresa di distribuzione procede alla chiusura richiesta (art. 6 TIMG). Qualora non si sia potuto eseguire la chiusura del punto di riconsegna, previa richiesta da parte dell'utente del servizio all'impresa di distribuzione, questa è tenuta a porre in essere le iniziative giudiziarie finalizzate ad ottenere la disalimentazione fisica del punto di riconsegna (art. 13-bis TIMG) e, come precisato dall'art. 40.2 del TIVG, essa ha l'onere delle iniziative giudiziarie finalizzate ad ottenere l'esecuzione forzata della predetta disalimentazione.

Le difficoltà operative

Così riassunta la complessa normativa primaria e secondaria della distribuirne del gas, si osserva che numerose decisioni di merito hanno rigettato i ricorsi delle imprese di distribuzione che, in seguito alla morosità dei clienti finali ed al loro rifiuto all'accesso per la disalimentazione fisica del punto di riconsegna, chiedevano un provvedimento che autorizzasse l'esecuzione forzata di questa disalimentazione.

L'argomento principale a motivazione di queste decisioni di rigetto è l'inviolabilità del domicilio sancita dall'art. 14 Cost. e affermata da norme convenzionali internazionali (art. 8 della CEDU) e dal trattato UE (artt. 7 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, cd. Carta di Nizza). In particolare ( Trib. Milano, 10 febbraio 2017) si è sostenuto che le norme citate (art. 13-bis TIMG e art. 40.2 del TIVG) non sarebbero idonee a conferire all'impresa di distribuzione un diritto alla disalimentazione. Esse «finirebbero per consentire, anche in via forzata, l'accesso presso un luogo che tipicamente può essere ricondotto alla nozione di domicilio», la cui inviolabilità è protetta da riserva di legge. Le norme secondarie, quali sono il TIVG ed il TIMG semplici allegati alle delibere dell'Autorità rispettivamente del 28 maggio 2009 (ARG 64/2009) e del 21 luglio 2011 (ARG 99/2011), sarebbero inidonee a consentire deroghe ad un diritto costituzionale.

Osservazioni

A mio parere l'ostacolo precedentemente esposto non può essere superato con il richiamo alla decisione n. 2512/2012 del Consiglio di Stato (invocata da altra decisione del medesimo Trib. Milano, 10 febbraio 2017), che osserva come le leggi di settore attribuiscano all'Autorità non soltanto poteri amministrativi, ma anche veri e propri poteri regolamentari, nel cui esercizio vengano precisate le norme di dettaglio lasciate in bianco dalla legge ordinaria. La l. 481/1995, che ha istituito l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ed ha trasferito a questa tutte le funzioni di regolamentazione e di controllo, precedentemente esercitate da altre Pubbliche Amministrazioni, ha attribuito all'Autorità solo compiti di controllo e consultivi (art. 2, comma 6: «Le Autorità, in quanto autorità nazionali competenti per la regolazione e il controllo, svolgono attività consultiva e di segnalazione al Governo nelle materie di propria competenza anche ai fini della definizione del recepimento e della attuazione della normativa comunitaria del recepimento e della attuazione della normativa comunitaria») e non le ha conferito poteri di disciplina dei rapporti con i privati. Le disposizioni dell'Autorità hanno, quindi, efficacia interna diretta agli enti, che da essa dipendono e che da essa prendono direttive; esse non possono creare diritti nei confronti di soggetti estranei, quali i consumatori finali.

Ciononostante ritengo non pertinente, per negare l'esecuzione della c.d. disalimentazione fisica dal PDR in caso di morosità del cliente finale, l'argomento invocato dalla giurisprudenza maggioritaria della riserva di legge prevista dall'art. 14 Cost. a tutela dell'inviolabilità del domicilio.

Le norme citate e le altre contenute negli allegati alle delibere dell'Autorità sono dirette a regolare i compiti dei soggetti coinvolti nella distribuzione del gas, impresa di distribuzione, utente del servizio ed esercente la vendita ed i rapporti tra gli stessi. Gli obblighi, che vengono imposti a questi soggetti, sono sanzionati con eventuali addebiti e maggiori oneri pecuniari. Mi pare, dunque, corretto affermare che esse non possono porre obblighi a carico di soggetti estranei all'organizzazione della distribuzione del gas, quali sono i consumatori finali. In particolare, queste disposizioni non attribuiscono direttamente all'impresa di distribuzione il diritto di accedere alle abitazioni dei clienti finali per effettuare la disalimentazione fisica del punto di riconsegna; esse, però, pongono a carico di questa impresa l'obbligo (con sanzione pecuniaria interna all'organizzazione) di assumere le iniziative giudiziarie finalizzate ad ottenere l'esecuzione forzata della predetta disalimentazione. L'impresa per adempiere i suoi obblighi, diretti ad evitare la prosecuzione senza limiti della fornitura di gas a soggetti, che, secondo gli accordi contrattuali stipulati con l'esercente la vendita del gas, abbiano perso il diritto relativo (essendo inadempienti agli obblighi di pagamento dei corrispettivi pattuiti), può e deve soltanto rivolgersi all'autorità giudiziaria. Rientra nei compiti e nei poteri di quest'ultima accertare se il cliente finale moroso possa continuare a ricevere la fornitura del gas o se questi possa essere condannato a subire l'esecuzione forzata della cessazione della fornitura in suo favore, attraverso la disalimentazione fisica del PDR.

L'inviolabilità del domicilio non può seriamente costituire un ostacolo all'esecuzione forzata di una siffatta condanna; la riserva di legge posta dall'art. 14 Cost., infatti, è rispettata, in quanto le norme del III libro del codice di procedura civile hanno il requisito di norma primaria autorizzata a derogare la suddetta inviolabilità.

A mio avviso, quindi, non è corretto rigettare le richieste delle imprese di distribuzione dirette ad ottenere un provvedimento dotato di forza esecutiva nei confronti dei clienti finali morosi con la motivazione che le delibere dell'Autorità non possono consentire, anche in via forzata, l'accesso presso un luogo che tipicamente può essere ricondotto alla nozione di domicilio.

Occorre, viceversa, verificare se sussistano nel nostro ordinamento i presupposti per una condanna dei clienti finali morosi a subire la disalimentazione del PDR e in favore di chi questa condanna possa eventualmente essere emessa.

La difficoltà di affermare questa possibilità deriva dalla mancanza di un rapporto contrattuale diretto tra il cliente finale moroso e l'impresa di distribuzione, che, in conformità alle menzionate regole poste dall'Autorità, ha l'obbligo di assumere le iniziative, anche giudiziarie, necessarie per eseguire la disalimentazione del PDR.

Con qualche ragione è stata esclusa la possibilità di applicare, a questo scopo, l'art. 843 c.c.; questa norma consente al vicino di accedere al fondo altrui al fine di costruire o riparare un muro o altra opera. Anche se l'impresa di distribuzione è proprietaria del punto di riconsegna (valvole di accesso, contatore e strumentazione accessoria) collocato all'interno del domicilio del cliente finale, non sussiste tra questi soggetti quel rapporto, disciplinato dall'art. 843 c.c., relativo a fondi confinanti che giustifica il diritto di accesso per eseguire interventi altrimenti impossibili. Similmente, se una cosa di mia proprietà è depositata in un magazzino altrui non potrò invocare l'art. 843 c.c. per accedere allo stesso per ripararla o prelevarla.

Il cliente finale ha un rapporto contrattuale diretto solo con l'esercente la vendita (talora coincidente con l'utente del servizio); si tratta di un tipico contratto di somministrazione, in cui il venditore deve fornire il gas ed il cliente deve pagare un prezzo. In caso di mancato pagamento, previi adempimenti e comunicazioni che le delibere (TIVG e TIMG) impongono all'utente del servizio, questo contratto si risolve per inadempimento ed il cliente perde il diritto alla fornitura. Per la complessa organizzazione di distribuzione del gas, però, il venditore non è legittimato e non ha il potere materiale di interrompere la fornitura stessa; egli può solo chiedere all'impresa di distribuzione la chiusura del punto di riconsegna per sospensione della fornitura per morosità (art. 5 TIMG). È compito e onere di questo diverso soggetto giuridico attivarsi per la disalimentazione fisica del PDR. L'impresa di distribuzione, sia perché è proprietaria delle apparecchiature, sia perché a ciò delegata dalle norme di settore, è il soggetto legittimato ad agire in giudizio per ottenere la cessazione della prestazione, che è il risultato tipico della risoluzione per inadempimento comune ad ogni contratto sinallagmatico.

Nonostante la mancanza di un rapporto contrattuale diretto con la suddetta impresa di distribuzione, legittimato passivo delle sue pretese è il cliente finale. Questi, in forza del contratto di somministrazione aveva ottenuto la detenzione degli strumenti costituenti il PDR; egli, però, a causa del suo inadempimento ed alla conseguente risoluzione del contratto con il venditore ha perduto, non solo il diritto alla fornitura del gas, ma anche il diritto alla detenzione del PDR. Il cliente dovrà restituirlo o consentire che questo venga reso inutilizzabile attraverso la disalimentazione fisica. Il diritto alla restituzione o alla sua disattivazione spetta, come detto, all'impresa di distribuzione sia a titolo reale, per la qualità di proprietaria, che la legittima alla rei vindicatio, sia a titolo personale, perché a ciò delegata dall'Autorità.

Non ritengo, viceversa, che possa giovare ad affermare questo diritto dell'impresa di distribuzione la disciplina del contratto a favore di terzi. Le norme relative consentono che tutte o alcune prestazioni contrattuali dovute dal promittente siano eseguite non in favore dello stipulante, ma di un terzo, qualora quello vi abbia interesse. Nel caso in esame, però, la prestazione richiesta dall'impresa di distribuzione non è una prestazione contrattuale (non è certo la somministrazione del gas, ma neppure il pagamento del prezzo); si tratta di un obbligo di contenuto passivo (consentire la restituzione o la disattivazione), che sorge in forza ed in seguito alla risoluzione del contratto. Pertanto, fatto salvo il caso che nel contratto di fornitura sia espressamente previsto che in caso di risoluzione per morosità il cliente deve consentire all'impresa di distribuzione (soggetto terzo rispetto al contratto) la disalimentazione, questa non potrà invocare un diritto che non può nascere da un contratto ad essa estraneo e ormai risolto.

In conclusione ritengo che il diritto alla c.d. disalimentazione spetti all'impresa di distribuzione, non per origine contrattuale, ma per fonti concorrenti autonome, quali la proprietà del PDR e l'individuazione contenuta nelle norme (secondarie) come soggetto tenuto ad attivarsi per perseguire quel risultato. Accertata l'esistenza di questo diritto, nel caso di rifiuto del cliente all'accesso, la relativa esecuzione forzata non deve essere autorizzata dalle norme secondarie sopra ricordate, ma dalle norme generali che disciplinano l'esecuzione forzata dei provvedimenti giudiziari.

Esclusa, dunque, l'efficacia paralizzante dell'inviolabilità del domicilio, che non può costituire impedimento all'esecuzione forzata di una legittima condanna emessa dall'autorità giudiziaria, resta, a mio avviso, argomento di semplice supporto il richiamo al possibile e necessario bilanciamento tra l'interesse della collettività alla effettiva cessazione di fornitura di gas a chi abbia perso il diritto relativo (il richiamo a motivi di sicurezza, mi pare fuori luogo, perché normalmente i contratti di fornitura prevedono espressamente il diritto dell'impresa di distribuzione di verificare il corretto funzionamento degli impianti e perché altre norme, anche di livello costituzionale, ne assicurano la tutela) e il diritto all'inviolabilità del domicilio.

Infatti, se, nonostante quanto sopra osservato, si dovesse ritenere che la condanna del cliente finale a tollerare l'accesso al suo domicilio per la disalimentazione del PDR violasse un suo diritto, questa lesione non supererebbe la soglia di rilevanza che le sentenze di San Martino hanno affermato. Queste, da un lato, hanno affermato la tutela, attraverso il risarcimento del danno non patrimoniale, dei diritti costituzionalmente riconosciuti e protetti, ma, dall'altro lato, hanno subordinato questa tutela alla effettività e rilevanza della lesione; violazioni insignificanti anche dei diritti tutelati dalla Costituzione devono considerarsi come l'inevitabile prezzo per il vivere in un contesto sociale e devono essere tollerati senza possibilità di pretendere risarcimenti. Con riguardo al problema specifico, la modesta intromissione nell'abitazione del cliente finale dell'ufficiale giudiziario ed eventualmente di un tecnico della società di distribuzione per il breve tempo necessario ad eseguire l'ordine del giudice non può considerarsi rilevante al punto di prevalere rispetto alla necessità di dare esecuzione ad un provvedimento giudiziario reso nell'interesse della collettività.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario