La realtà socio-economica nella quale vive il danneggiato è irrilevante ai fini della liquidazione del danno

23 Ottobre 2015

La realtà socio-economica nella quale vive il soggetto danneggiato da un fatto illecito ed in cui la somma da liquidare è presumibilmente destinata ad essere spesa è del tutto irrilevante ai fini della liquidazione del danno aquiliano, atteso che si tratta di un elemento estraneo all'ambito dell'illecito e che – ove venisse considerato – determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento ed una lesione del principio di integralità del risarcimento.
Massima

La realtà socio-economica nella quale vive il soggetto danneggiato da un fatto illecito ed in cui la somma da liquidare è presumibilmente destinata ad essere spesa è del tutto irrilevante ai fini della liquidazione del danno aquiliano, atteso che si tratta di un elemento estraneo all'ambito dell'illecito e che – ove venisse considerato – determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento ed una lesione del principio di integralità del risarcimento.

Il caso

Tizio e Caia convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Milano, la Delta s.n.c. nonché la Beta Assicurazioni s.p.a. nelle rispettive qualità di conducente proprietaria e assicuratrice di un autobus sul quale viaggiava Tizietto, il loro figlio minore che era rimasto vittima di un incidente allorquando il medesimo intendendo accedere alla toilette dell'autobus in cui era trasportato insieme ai predetti genitori, aveva azionato la leva di apertura della porta del mezzo ed era stato risucchiato all'esterno, rovinando sull'asfalto e riportando gravissime lesioni. Il giudice meneghino, tuttavia, rigettava la domanda attorea, individuando proprio nei genitori del minore i soli responsabili dell'accaduto per omessa vigilanza sul figlio. La Corte d'appello di Milano, invero, in riforma della suddetta pronuncia, escludeva qualunque concorso colposo dei genitori del bambino, ascrivendo la responsabilità del sinistro alle condizioni di oggettiva pericolosità della maniglia posteriore del mezzo e alla negligenza del conducente, riconoscendo conseguentemente il risarcimento del danno non patrimoniale e patrimoniale futuro in favore del minore, nonché il risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dai genitori in conseguenza della gravità delle lesioni riportate dal figlio e il rimborso degli esborsi sostenuti per le spese occorse al minore.

Avverso quest'ultima decisione la Beta Assicurazioni s.p.a. ricorreva per cassazione facendo valere quattro motivi di gravame. In particolare, la ricorrente, nel quarto motivo censurava la sentenza per avere ritenuto di dover applicare i parametri economici e di monetizzazione del danno vigenti in Italia nella liquidazione del danno patito da Tizio, Caia e Tizietto, in quanto soggetti residenti all'estero e quindi in un diverso contesto socio-economico.

Gli Ermellini, tuttavia, respingono in toto il ricorso precisando che la realtà socio-economica nella quale vive il soggetto danneggiato da un fatto illecito ed in cui la somma da liquidare è presumibilmente destinata ad essere spesa è del tutto irrilevante ai fini della liquidazione del danno aquiliano. E, pertanto, la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere le spese di lite.

In motivazione

«(…) il tema del concorso del comportamento colposo del minore non risulta affrontato dalla sentenza impugnata, (…) neppure in questo caso la parte ricorrente ha fornito gli elementi necessari ad evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura».

«(…) la decisione della Corte territoriale è conforme ai più recenti approdi di legittimità che (superando il diverso orientamento espresso da Cass. n. 1637/2000) hanno affermato che la realtà socio-economica nella quale vive il soggetto danneggiato da un fatto illecito (…) è del tutto irrilevante ai fini della liquidazione del danno aquiliano (…)».

La questione

La questione in esame è la seguente: è rilevante o meno ai fini della liquidazione del danno aquiliano, la realtà socio-economica nella quale vive il soggetto danneggiato da un fatto illecito?

Le soluzioni giuridiche

Un aspetto che in tempi recenti è stato affrontato sia dalla giurisprudenza di merito che da quella di legittimità è quello relativo alla necessità che nella determinazione della somma volta al risarcimento del danno debba tenersi conto della realtà economica in cui vive il danneggiato. Sul punto già da oltre un decennio si era consolidato un orientamento secondo il quale nella liquidazione del danno patito da soggetti residenti all'estero e quindi in un diverso contesto socio-economico non si dovessero applicare i parametri economici e di monetizzazione vigenti in Italia. Tale orientamento é stato affermato con la sentenza della Suprema Corte n. 1637/2000, (v. Cass. civ., sez. III., sent., 14 febbraio 2000, n. 1637), che precisa come il risarcimento ha funzione meramente surrogante e compensativa delle sofferenze indotte dal fatto illecito costituente reato, se l'entità delle soddisfazioni compensative ritraibili dalla disponibilità di una somma di denaro è diversa a seconda dell'area nella quale il denaro è destinato ad essere speso, non l'entità delle soddisfazioni deve variare, ma la quantità di denaro necessaria a procurarlo.

Questo orientamento é stato di recente seguito anche dalla giurisprudenza di merito, (v. Trib. Torino, 20 luglio 2010, inForo it., 2010, I, 3556), che, in particolare, nella pronuncia de qua citata, esprime il convincimento che l'esigenza di riconoscere a tutti i danneggiati un risarcimento uguale non può ritenersi soddisfatta dalla attribuzione di un uguale valore monetario che sia indipendente dal contesto economico in cui vive il danneggiato, perché ad avviso del Tribunale in tal modo si creerebbe un ingiustificato arricchimento in capo a coloro che vivono in stati ad economia depressa con prezzi medi del costo della vita inferiori a quelli dell'Italia o di altri paesi. Il giudice torinese ha dunque ritenuto opportuno procedere ad una decurtazione del quantum debeatur – rispetto all'importo ordinariamente attribuibile ad una persona residente o soggiornante in Italia – in ragione del differente potere d'acquisto che nello stato in cui risiede il danneggiato ha la valuta in cui viene effettuata la liquidazione.

Secondo il predetto orientamento, dunque, il risarcimento del danno non patrimoniale non ha la funzione di ricostruire il bene perduto, ma solo quello di offrire alla vittima delle utilità alternative, in grado di compensare la sofferenza patita. Di conseguenza, nella aestimatio del danno dovrebbe tenersi conto della realtà economica e sociale in cui vive il danneggiato, per adeguare il potere d'acquisto della valuta in cui viene effettuata la liquidazione a quello del Paese di residenza della vittima. Tale criterio è stato applicato, anche in anni recenti, quando la vittima è uno straniero temporaneamente soggiornante in Italia proveniente da Paesi estremamente poveri, ovvero che ivi abbia i propri congiunti, anch'essi danneggiati dal fatto illecito, ad esempio per avere patito un danno non patrimoniale in conseguenza della morte o delle lesioni del familiare.

Tale criterio della realtà socio-economica nella quale vive il soggetto danneggiato da un fatto illecito inizia però ad essere scalfito con la sentenza della Cassazione n. 7932/2012, (v. Cass. civ., sez. III, sent., 18 maggio 2012 n. 7932), con la quale i Supremi giudici precisano come l'illecito aquiliano debba essere riparato considerando esclusivamente la condotta illecita dolosa o colposa, il danno ed il nesso di causalità. Per quanto attiene invece al luogo dove il danneggiato abitualmente vive, e presumibilmente spenderà o investirà il risarcimento a lui spettante, esso rappresenta un elemento esterno e successivo alla fattispecie dell'illecito, un posterius, come tale ininfluente sulla misura del risarcimento del danno. La Consulta, poi, (v. Corte cost., sent., 30 luglio 2008 n. 306), recependo i contenuti dell'art. 3 Cost. ha sancito come debbano essere garantiti i diritti fondamentali della persona indipendentemente dall'appartenenza a determinate entità politiche, vietando discriminazioni nei confronti degli stranieri, legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato.

Successivamente la Suprema Corte interviene nuovamente sul punto con la sentenza n. 24201/2014, (v. Cass. civ., sez. III, sent., 13 ottobre 2014 n. 24201) chiarendo che il giudice non può rivedere al ribasso il risarcimento del danno non patrimoniale in funzione del luogo dove abita il danneggiato e dove si presume ci sia un tenore di vita notevolmente inferiore rispetto al luogo in cui è avvenuto il sinistro.

Volendo poi risolvere la questione del riconoscimento della tutela ai soli cittadini il suddetto decisum richiama un non lontano precedente (v. Cass. civ., sez. III, sent., 11 gennaio 2011, n. 450) che ha riconosciuto allo straniero, indipendentemente dalla condizione di reciprocità completa il risarcimento dell'intero danno non patrimoniale previsto dall'art. 2059 c.c.. Difatti, si tratta di un risarcimento della lesione di un valore della persona umana, costituzionalmente garantito.

E, pertanto, la Cassazione precisa che in materia di illecito aquiliano, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale il giudice di merito, procedendo alla necessaria valutazione equitativa di tutte le circostanze del caso concreto, non deve tener conto della realtà socio-economica nella quale la somma liquidata è destinata ragionevolmente ad essere spesa, poiché tale elemento è estraneo al contenuto dell'illecito. Questo principio di diritto - che può dirsi ormai pacificamente acquisito dalla giurisprudenza di legittimità - viene ribadito nell'odierno decisum dai giudici di Piazza Cavour.

Osservazioni

Il legislatore, partendo dalla considerazione che non è possibile eliminare ciò che in natura si è definitivamente prodotto, ha fatto emergere come predominante il modello della tutela per equivalente, secondo cui si tende a riprodurre uno status quo equivalente a quello esistente prima della verificazione del danno, attraverso la corresponsione di una somma di denaro. Infatti, fra le norme codicistiche dedicate alla materia risarcitoria, quella che prevede il risarcimento in forma specifica assume un ruolo del tutto secondario, subordinando l'art. 2058 c.c., tale forma di risarcimento alla circostanza che sia possibile e non eccessivamente onerosa per il danneggiante. Il giudice è pertanto chiamato alla liquidazione del danno, ossia alla conversione, nel caso di responsabilità contrattuale, dell'obbligazione inadempiuta in una obbligazione pecuniaria, e nella responsabilità extracontrattuale, alla somma di denaro idonea a reintegrare il patrimonio della vittima.

In diritto, è noto che nella liquidazione del danno non patrimoniale il giudice deve procedere con valutazione equitativa, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto. La fattispecie astratta “illecito aquiliano” si compone di tre elementi essenziali, costituiti dalla condotta illecita (colposa o dolosa), del danno e del nesso causale tra la prima ed il secondo. Questi sono dunque i tre elementi le cui circostanze sono suscettibili di incidere sulla aestimatio del danno.

Ora, se il risarcimento del danno deve, in termini quantitativi, equivalere all'entità del danno arrecato, ne consegue che sono normalmente irrilevanti ulteriori elementi dell'illecito, quali il grado di colpevolezza dell'agente o le condizioni economiche delle parti. La funzione della responsabilità civile è, pertanto, essenzialmente economica sicché dalla stessa rimangono estranee connotazioni di carattere punitivo o solidaristico-satisfattivo.

Parimenti, il luogo ove il danneggiato abitualmente vive, e presumibilmente spenderà od investirà il risarcimento a lui spettante, è un elemento esterno e successivo alla fattispecie dell'illecito, e, come tale, ininfluente sulla misura del risarcimento del danno.

La tesi secondo cui la misura del risarcimento andrebbe ridotta se la vittima vive in un Paese povero è del pari non condivisibile da un punto di vista di fatto per almeno quattro motivi:

  1. essa si fonda, in primo luogo, su una praesumptio hominis che il danneggiato spenda il risarcimento nel luogo ove vive. Tale presunzione è però priva dei requisiti di cui all'art. 2729 c.c., in quanto dal fatto noto che il danneggiato viva in una determinata zona o Paese non può legittimamente inferirsi né come, né dove spenderà il risarcimento ricevuto;
  2. in secondo luogo si creerebbero le cosiddette “gabbie risarcitorie”, vale a dire abbattimenti del risarcimento proporzionali alla ricchezza della regione abitata dal danneggiato e per essere equa e consequenziale dovrebbe operare anche in bonam partem, si dovrebbe cioè ammettere un innalzamento del risarcimento là dove la vittima risiede in zone geografiche dal tenore di vita assai elevato;
  3. in terzo luogo la riduzione del risarcimento in considerazione del luogo di residenza del danneggiato, se condivisa, dovrebbe valere anche per il danno patrimoniale, e per il danno contrattuale come quello aquiliano, - che qui ci occupa - il che non sembra sostenibile;
  4. infine, non appare condivisibile la pretesa relazione tra entità del risarcimento e zona ove esso è presumibilmente destinato ad essere speso. Infatti, se il ritenuto collegamento tra la pecunia doloris e l'uso che il danneggiato ne farà fosse valido esso potrebbe essere portato a conseguenze estreme: il risarcimento cioè potrebbe essere modulato in funzione non soltanto del luogo, ma anche del tempo in cui sarà speso, ovvero in funzione delle caratteristiche soggettive del creditore. La evidente paradossalità di queste conseguenze rivela la debolezza della premessa, e cioè che il risarcimento del danno non patrimoniale possa variare in funzione del luogo ove sarà presumibilmente speso.

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