La nozione di gravi difetti nel contratto di appalto
24 Febbraio 2016
Massima
Configurano gravi difetti dell'edificio anche le carenze costruttive dell'edificio, inteso, altresì, come singola unità abitativa, che ne pregiudichino o menomino in modo grave il normale godimento, la funzionalità o l'abitabilità, pur se incidenti su elementi secondari ed accessori dell'opera stessa. Il caso
Due acquirenti citavano in giudizio la società costruttrice dell'immobile acquistato, lamentando la presenza di gravi vizi e difetti presenti nell'appartamento e, rappresentati da immissioni provenienti da canne fumarie presenti in altri immobili. I giudici di merito con pronuncia poi confermata dalla Suprema Corte hanno ritenuto la responsabilità della impresa costruttrice ai sensi dell'art. 1669 c.c. sul rilievo che vi erano continue ed intollerabili immissioni di fumo nell'abitazione.
In motivazione «L'eventuale destinazione non abitativa di una porzione immobiliare non esime il costruttore dal dovere di realizzare i relativi impianti in modo da evitare che il loro uso dia luogo, all'interno di questa, a situazioni di danno anche solo potenziale, riconducibili alla previsione dell'art. 1669 c.c.». La questione
La questione in esame è la seguente: quando sono configurabili i gravi difetti dell'edificio? Le soluzioni giuridiche
Secondo la tesi prevalente in giurisprudenza, l'art. 1669 c.c., nonostante la sua collocazione sistematica entro la disciplina del contratto d'appalto, prevede una responsabilità di tipo extracontrattuale, in quanto posto a tutela di interessi aventi rilevanza pubblica, concernenti la stabilità e solidità degli edifici di lunga durata e l'incolumità personale della collettività. La ratio della norma, in quest'ottica, è di garantire una maggiore protezione a chiunque possa subire pregiudizio a causa dei vizi di costruzione di un immobile di lunga durata, anche considerata la possibilità che i difetti costruttivi si manifestino dopo anni dalla realizzazione dell'edificio. In altri termini, l'art. 1669 c.c. non tutela tanto l'interesse privato del committente alla realizzazione di un'opera dotata di stabilità, quanto piuttosto l'interesse generale a che non vengano costruite opere pericolose per la collettività, in modo tale da preservare l'incolumità pubblica (Cass. n. 4622/2002, a mente della quale «le disposizioni di cui all'art. 1669 c.c. mirano a disciplinare le conseguenze dannose di quei difetti che incidono profondamente sugli elementi essenziali dell'opera e che influiscono sulla durata e solidità della stessa compromettendone la conservazione e configurano, quindi, una responsabilità extracontrattuale sancita per ragioni e finalità di interesse generale»). In base a questa impostazione, proprio la tutela dell'esigenza di ordine pubblico della conservazione e funzionalità degli edifici giustifica il maggior rigore della responsabilità addossata al costruttore ai sensi dell'art. 1669 c.c. rispetto a quella di cui agli artt. 1667-1668 c.c. Conseguentemente, si afferma che tale responsabilità non trae fondamento dal contratto d'appalto, bensì, piuttosto, dal fatto in sé di aver costruito l'immobile, indipendentemente dalla qualifica del rapporto giuridico sottostante, assumendo così i caratteri propri della responsabilità da fatto illecito. Logico corollario di questa tesi è che l'art. 1669 c.c. non è speciale rispetto alla disciplina della garanzia per i vizi di cui all'art. 1667-1668 c.c., ma va raccordato, piuttosto, all'art. 2043 c.c., norma generale in tema di responsabilità extracontrattuale. Più precisamente, in quest'ottica, la responsabilità dell'appaltatore ex art. 1669 c.c. si pone in un rapporto di genere a specie con la disciplina generale della responsabilità aquiliana, trovando applicazione nel caso specifico in cui il pregiudizio consista nel crollo, o nei gravi difetti o nel pericolo di rovina di immobili destinati a lunga durata e sia stato causato da vizi del suolo o difetti di costruzione. L'obbligo generale di neminem laedere in capo a ciascun consociato si specifica così, in riferimento a chi costruisce immobili di lunga durata, nel dovere di realizzare l'opera in modo sicuro ed immune da vizi, sì da evitare che dalla stessa possano conseguire danni alla collettività. In quest'ottica, proprio in considerazione della gravità dei pregiudizi per la pubblica incolumità che possono derivare da edifici costruiti in modo non sicuro, l'art. 1669 c.c. detta una disciplina più rigorosa rispetto all'art. 2043 c.c. (Cass. 2284/2014). In particolare, la peculiarità della responsabilità ex art. 1669 c.c. consiste nella durata decennale della responsabilità, nonché nella presunzione di responsabilità iuris tantum in capo al costruttore, di cui non andrà provata la colpa (Cass. n. 1026/2013). Peraltro, il giudice di legittimità ha evidenziato che per gravi difetti di costruzione, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1669 c.c., devono intendersi ogni deficienza o alterazione che vada ad intaccare in modo significativo tanto la funzionalità quanto la normale utilizzazione dell'opera. In particolare, in tema di appalto, i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall'art. 1669 c.c. non si identificano con i fenomeni che influiscono sulla staticità, durata e conservazione dell'edificio ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando direttamente una parte dell'opera, incidano sulla struttura e funzionalità globale, menomando in modo apprezzabile il godimento dell'opera medesima, come ad esempio si verifica nel caso di infiltrazioni di acqua e di umidità per difetto di copertura dell'edificio (Cass. n. 21351/2005; Cass. n. 84/2013; Cass. n. 20644/2013). Inoltre, configurano gravi difetti dell'edificio a norma dell'art. 1669 c.c. anche le carenze costruttive dell'opera - da intendere anche come singola unità abitativa - che pregiudicano o menomano in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o l'abitabilità della medesima, come allorché la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei e/o non a regola d'arte ed anche se incidenti su elementi secondari ed accessori dell'opera (quali impermeabilizzazione, rivestimenti, infissi, pavimentazione, impianti, etc.), purché tali da compromettere la sua funzionalità e l'abitabilità ed eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorché ordinaria, e cioè mediante opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici o che mediante opere che integrano o mantengono in efficienza gli impianti tecnologici installati (Cass. n. 8140/2004). Osservazioni
Il difetto di costruzione che, a norma dell'art. 1669 c.c., legittima il committente all'azione di responsabilità extracontrattuale nei confronti dell'appaltatore, come del progettista, può consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un'insoddisfacente realizzazione dell'opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la rovina o il pericolo di rovina), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l'impiego duraturo cui è destinata, incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell'immobile medesimo" (Cass., n. 2007/2011). In sostanza, i gravi difetti che, ai sensi dell'art. 1669 c.c., fanno sorgere la responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura (Cass., n. 19868/2009). |