La responsabilità dell'amministratore di condominio per danni cagionati da cose in custodiaFonte: Cod. Civ. Articolo 2051
27 Luglio 2017
Data la responsabilità ex art. 2051 c.c. del condominio non è infrequente che si ponga la questione se anche l'amministratore possa essere personalmente citato in giudizio per vedere affermata la sua responsabilità risarcitoria, imputandogli la violazione del dovere di vigilanza, di gestione e custodia delle cose comuni. La casistica è variegata, potendo spaziare dalla responsabilità per caduta su uno spazio comune per la presenza di una buca o di acqua nella fase di pulizia, fino alla responsabilità per non aver vigilato sulla corretta esecuzione delle opere appaltate o per le insidie causate dall'appaltatore, per non dimenticare la responsabilità per omessa predisposizione di ponteggi antintrusione che abbiano favorito accessi di soggetti malintenzionati, etc. Un rapido esame delle decisioni più recenti fa emergere una eterogeneità di soluzioni: - per danni da infiltrazioni d'acqua, si è ritenuto che custode ex art. 2051 c.c. non è il condominio in sé (che è ente di sola gestione), né il suo amministratore (che è mandatario dei condomini), ma i singoli condomini solidalmente obbligati (Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2015, n. 1675); - nel caso di appalto di lavori su parti comuni, si è ritenuto che l'amministratore abbia anche il compito di provvedere alla custodia delle cose comuni, con conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danni a terzi o ai condomini. Tale obbligo permane anche in caso di appalto, salva la nomina di una diversa persona atta a vigilare sui lavori, e l'amministratore risponde nel caso di danno alla persona in conseguenza di inciampo in una buca creata dall'impresa appaltatrice nel cortile condominiale (Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 2008, n. 25251, che cassa App. Roma, 19 dicembre 2003); - in altri casi, si è ritenuto che l'amministratore non abbia una legittimazione personale passiva, ma, essendo comunque tenuto a provvedere alla gestione e alla custodia delle cose comuni, possa essere soggetto solo all'azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme versate ai terzi danneggiati (Cass. civ., sez. III, 14 agosto 2014, n. 17983; Cass. civ., sez. II, 30 settembre 2014, n. 20557 per un caso di danni cagionati dalla cattiva esecuzione di lavori condominiali); - di recente è stata confermata la responsabilità dell'amministratore e del condominio in solido ex art. 2051 c.c. per caduta sulle scale bagnate per presenza di acqua durante le pulizie (Cass. civ., sez. III, 22 novembre 2016, n. 23727, che conferma App. Venezia 11 aprile 2013, n. 831).
Senza pretesa di esaustività, questa sommaria ricognizione delinea diversi percorsi argomentativi, che portano a conclusioni tra loro diverse. Pertanto, appare utile esaminarli in chiave dialettica per cercare di approdare, alla fine, ad una conclusione convincente. Affermazione ricorrente e che dovremo verificare è che l'amministratore di condominio, avendo l'obbligo di gestione delle cose comuni, ha anche quello di custodia e, in particolare, di vigilare affinché esse non rechino danni a terzi o agli stessi condomini (per tutti, Cass. civ., n. 25251/2008, cit.). All'amministratore compete l'adozione dei controlli necessarî alla conservazione delle parti comuni ex art. 1130, comma 1, n. 4 e all'assemblea dei condomini di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria ex art. 1135, comma 1, n, 4 c.c. (Cass. civ., Sez. Un., 10 maggio 2016, n. 9449; VENCHIARUTTI, Condomino cade in una buca durante i lavori di manutenzione dell'immobile: dei danni risponde l'amministratore, in Resp. civ. e prev., 2009, 2313 ss.). Oltre alle disposizioni codicistiche occorre tener presente la nuova figura professionale di amministratore di condominio che il legislatore ha nel tempo delineato con la normativa speciale, attribuendogli specifici obblighi di controllo. Ci si riferisce, solo per citarne alcune, alle normative urbanistiche, alla sicurezza sugli impianti e agli obblighi tributari come sostituiti di imposta (in motivazione, Cass. civ., sez. II, 24 ottobre 2006, n. 22840, nonché Cass. civ., n. 25251/2008 cit., che ricorda il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 in materia di acqua e inquinamento; il d.l. 25 giugno 2008, n. 112 in materia di Certificazione energetica; il Decreto Min. Svil. 22 gennaio 2008, n. 37 in materia di impianti; la l. 27 marzo 1992, n. 257 e il D.M. 6 settembre 1994 sulla bonifica dall'amianto; il d.lgs. 30 maggio 2008, n. 115,in materia di coibentazioni; il d.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37 sul certificato di prevenzione incendi e manutenzione degli impianti ed il relativo D.M. Interno 16 maggio 1987, n. 246 e D.M. Interno 1 febbraio 1986 contenenti le corrispondenti norme tecniche; il d.P.R. 30 aprile 1999, n. 162 sulla manutenzione degli ascensori e sulle relative verifiche, certificazione Ce e tenuta del libretto d'impianto; il d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412 e il d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 551 sulla nomina del terzo responsabile degli impianti di riscaldamento; il d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 sulla frequenza obbligatoria da parte del portiere del corso d'informazione su rischi, pronto soccorso e prevenzione incendi; il d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 sulla durata dei lavori, rischiosità e idoneità delle imprese e verifica della redazione del piano di sicurezza e di coordinamento). Si aggiunga che il concetto di custodia ex art. 2051 c.c. è inteso in senso assai ampio dalla giurisprudenza: non è infatti limitato al concetto di derivazione contrattuale o alle figure del proprietario, dell'usufruttuario, del possessore o del detentore, bensì si guarda all'effettivo potere materiale sulla cosa, quale sussistenza di un rapporto tra il soggetto e la cosa tale da consentire il potere di controllarla e di eliminare le situazioni di pericolo (Cass. civ., sez. III, 20 luglio 2016, n. 15761), rilevando la disponibilità della cosa e i poteri di effettivo controllo sulla medesima (Cass. civ., sez. III, 27 giugno 2016, n. 13222). Il fondamento della responsabilità ex art. 2051 c.c. viene ravvisato nel rischio che grava sul custode, ossia nella necessità di addossare le conseguenze dannose in capo a chi sia concretamente in grado di controllare i rischi derivanti a prescindere dal titolo giuridico su cui si basa tale controllo (ZATTI P. – COLUSSI V., Lineamenti di diritto privato, Padova, 2017, 673; CARUSI D., Forme di responsabilità e danno, in Dir. civ., diretto da Lipari e Rescigno, IV, Attuazione e tutela dei diritti, III, La responsabilità e il danno, Milano, 2009, 478). Posta la questione in tali termini, si dovrebbe concordare con l'orientamento secondo cui si integrano le condizioni per l'applicazione all'amministratore di condominio dell'art. 2051 c.c. proprio in forza di quel potere di controllo e vigilanza che gli viene predicato. Tuttavia, il presupposto argomentativo (l'esistenza di un obbligo di custodia rilevante ai fini che interessano) non pare del tutto verificato, sembrando piuttosto il portato di affermazioni generali e di principio, che non permettono di individuare un vero e proprio obbligo di custodia determinante per sancire la responsabilità de quo.
Con particolare riferimento all'obbligo di eseguire lavori (deliberati) di manutenzione o ripristino si è sostenuto che l'amministratore non abbia una legittimazione passiva a titolo personale ad eseguire i lavori, in quanto tale l'obbligazione ha natura comune e non personale. Al più, l'amministratore che frapponga ritardi ingiustificati può essere evocato in giudizio ai soli fini inibitori di tali comportamenti ostruzionistici. Questo non esclude l'accertamento della responsabilità dell'amministratore in proprio per negligente omissione di opere di fatto (AMENDOLAGINE, Lastrico solare: responsabilità per il danno da infiltrazioni, in Giur. it., 2017, 779, 4 ss.; Cass. civ., sez. III, 17 maggio 1994, n. 4816). Più in generale, quindi, si esclude una legittimazione passiva personale dell'amministratore in forza della diversa natura dell'obbligazione risarcitoria: non si tratterebbe di responsabilità ex art. 2051 c.c., ma di violazione degli obblighi inerenti il rapporto di mandato, che rileva, pertanto, solo nei rapporti interni (Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2015 n. 1675). In altre parole, si tende a ridurre quell'idea mistificatrice ed inadeguata del condominio come ente di gestione, per evidenziare come il custode non può essere identificato né nel condominio (che rimane un mero ente di gestione dei beni comuni), né nell'amministratore (che è un mandatario dei condomini). Solo questi ultimi possono essere considerati “custodi”, ossia investiti del governo della cosa in base ad una disponibilità di fatto e ad un potere di diritto che deriva dalla proprietà piena sui beni comuni. In effetti, richiamando i principî espressi per il diverso (ma applicabile estensivamente) caso di rapporto tra proprietario e conduttore/detentore in tema di art. 2051 c.c., si è osservato che il potere di fatto e di diritto spetta solo al proprietario (Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 1991, n. 12019). È innegabile che la disponibilità giuridica sui beni comuni spetti unicamente ai condomini. In sé, poi, l'art. 1135, comma 2, c.c. prevede, in modo neutro, che l'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea. Vale a dire, stando alla formulazione della norma, l'amministratore non avrebbe un obbligo legale di attivarsi. Se si può concordare con tale conclusione, con riferimento a danni derivanti da omessi lavori di manutenzione che esulano dalle attribuzioni dell'amministratore, la questione rimane per i casi di lavori deliberati e non eseguiti oppure di mancata verifica e controllo sui lavori o sulle opere eseguite. In questi ultimi casi è difficile non riconoscere un obbligo (almeno contrattuale) di controllo, tanto più che l'amministratore riceve un compenso vuoi per la gestione ordinaria, vuoi per la gestione straordinaria. Riconosciuto un inadempimento contrattuale, occorre comunque verificare se possa essere “trasposto” nella responsabilità extracontrattuale per riconoscere una custodia rilevante ai fini dell'art. 2051 c.c. Inadempimento contrattuale e azione di rivalsa
Proprio sulla scorta dell'osservazione appena fatta, un orientamento intermedio riconosce che il condominio risponde ai sensi dell'art. 2051 c.c. dei danni originati da parti comuni dell'edificio, mentre l'amministratore, in quanto tenuto a provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia delle stesse, è soggetto solo all'azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme che abbia versato ai terzi danneggiati (Cass. civ., sez. III, 14 agosto 2014, n. 17983; Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2014, n. 20557). Pur riconoscendo che tra i compiti dell'amministratore vi è anche quello di custodia, questo ha natura contrattuale, mentre la custodia “giuridica” ai sensi dell'art. 2051 c.c. è diversa. L'amministratore non è un'entità diversa dal condominio che rappresenta, perché il condominio è un ente di gestione privo di personalità giuridica diversa da quella dei singoli condomini. Solo questi ultimi possono ritenersi custodi ai sensi dell'art. 2051 c.c., salva l'azione interna di rivalsa in caso di inadempimento contrattuale. Circa la natura dell'incarico di amministratore di condominio, le opinioni, in realtà, non sono unanimi (GIUSTI A., Il condominio negli edifici, in Dir. civ., diretto da Lipari e Rescigno, II, Successioni, donazioni, beni, II, La proprietà e il possesso, Milano, 2009, 301-302). Se ne è affermata la natura di mandatario (SALIS L., Il condominio negli edifici, in Tratt. Vassalli, V-3, Torino, 1956, 251), oppure di organo (MARINA F.A., - GIACOBBE G., voce Condominio negli edifici, in Enc. Dir., VIII, Milano, 1961, 820). In questa sede basti ricordare che è opinione diffusa che si tratti di un ufficio di diritto privato, assimilabile al mandato con rappresentanza (per tutti, Cass., sez. II, 05.06.2014, n. 12678). In questo senso, tuttavia, è doveroso osservare che l'appiattimento al rapporto di mandato non sarebbe consentito, perché l'ufficio di diritto privato è un qualcosa di più: il potere-dovere è imposto a tutela, in via generale, di un interesse superiore, caratterizzato dallo svolgimento di una funzione (GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2004, 69; GALGANO, Diritto civile e commerciale, I, Padova, 2004, 30; BIGLIAZZI GERI L., BRECCIA U., BUSNELLI F.D., NATOLI U., Diritto civile, Torino I, 1, 1986,341-342 MACIONE F., voce Ufficio (dir. priv.), in Enc. Dir., XLV, Milano, 1992, 656 s.). L'amministratore agisce nell'interesse altrui. La sua presenza è prevista dalla legge anche a tutela dei terzi, quale interfaccia necessaria. A titolo esemplificativo, da una parte è legittimato e deve riscuotere i crediti condominiali (anche verso i condomini morosi), dall'altra ha legittimazione passiva in ordine alle questioni comuni (agevolando i terzi che debbano “relazionarsi col condominio”). È affermazione ricorrente che «il condominio è un ente di gestione, privo di personalità giuridica distinta da quella dei condomini, i quali sono rappresentati dall'amministratore, nell'ambito dell'esercizio delle attribuzioni al medesimo spettanti ai sensi dell'art. 1130 c.c., tra le quali rientrano le iniziative giudiziarie per la conservazione dei beni comuni. Deriva da quanto precede, pertanto, che come l'amministratore è legittimato ad agire senza espresso mandato dei singoli condomini per la tutela di tali beni, senza che si configuri al riguardo alcuna ipotesi di litisconsorzio processuale, del pari deve escludersi la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini, nei casi di proposizione di azioni reali aventi a oggetto i beni anzidetti, proposte nei confronti del condominio. Ciò tenuto conto che l'amministratore è legittimato "ex lege" a resistere in via esclusiva o concorrente a siffatte pretesi di terzi (o anche di condomini) in virtù delle attribuzioni lui spettanti ai sensi del combinato disposto delle norme citate, avendo il solo obbligo - di natura interna e non incidente sui suoi poteri rappresentativi - di informare l'assemblea» (Cass., sez. II, 23 maggio 2012, n. 8161; Cass. civ., 4 ottobre 2012, n. 16901; Cass. civ., 4 febbraio 2014, n. 2438). Infatti, l'art. 1131 comma 2 c.c. prevedendo la legittimazione passiva dell'amministratore in ordine ad ogni lite avente ad oggetto interessi comuni dei condomini senza distinguere tra gli oggetti delle varie azioni, deroga alla disciplina valida per le altre ipotesi di pluralità di soggetti passivi, rendendo più agevole per i terzi la chiamata in giudizio del condominio, ovviando alle difficoltà pratiche di promuovere il litisconsorzio passivo nei confronti dei condomini (Trib. Roma, sez. XII, 22 ottobre 2002; Giusti, op. cit., 300). Senza esagerare la portata di tale ultima funzione, quanto meno per la sua portata “solo” processuale, non si può negare che possa essere indice di una posizione qualificata e di garanzia, derivante da una funzione di vigilanza e controllo, che potrebbe legittimare la configurabilità di una responsabilità ex art. 2051 c.c. In conclusione
Indubbiamente la questione della responsabilità personale dell'amministratore di condominio ex art. 2051 c.c. pone numerose questioni di fondo. Alla suggestiva attribuzione in capo all'amministrazione di un obbligo di vigilanza e custodia, si oppone la tranciante considerazione che la responsabilità di cui si discute implica non solo un potere di fatto sulla cosa, ma anche la disponibilità giuridica con il relativo potere di intervento del titolare (Cass. civ., sez. III, 27 ottobre 2015, n. 21788; Cass. civ., 18 settembre 2014, n. 19657; Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2010, n. 13881). Tale disponibilità materiale e giuridica spetta solo ai singoli condomini. D'altra parte, questa osservazione vale solo per i lavori o le decisioni che esulano dalle attribuzioni dell'amministratore. Nelle altre ipotesi (come pure in quella di lavori deliberati ed omessi ovvero ritardati) non si può negare che l'amministratore di condominio assuma una veste ed una posizione di garanzia (anche tra i condomini stessi) diversa. In caso di violazione di obblighi, l'azione di rivalsa del condominio non è dubitabile, ma non riguarda il tema prefissatoci, che attiene alla responsabilità personale dell'amministratore ex art. 2051 c.c. Nel condominio vi è un interesse oggettivo collettivo, di cui l'amministratore dovrebbe farsi sapiente portatore, nel senso di svolgere un ruolo in autonomia che non sia espressione dei meri interessi individuali. Se, a differenza del mandato, nell'ufficio di diritto privato emerge l'interesse collettivo (e non l'interesse del mandante in sé), se il titolare dell'ufficio agisce in nome proprio e per l'adempimento di un dovere proprio (e non in nome altrui come nella rappresentanza convenzionale), se l'efficacia degli atti compiuti dal titolare dell'ufficio è conseguenza dell'esercizio legittimo del potere rappresentativo (e non dell'applicazione di norme di imputazione degli effetti quando ricorrono tutti gli elementi oggettivi che integrano certe fattispecie), se la rappresentanza costituisce, nell'ambito dell'ufficio, solo l'espediente tecnico che consente il miglior perseguimento dei fini al cui scopo è preordinato l'ufficio, e se l'ufficio è una situazione giuridica attiva che consiste nello svolgimento di una funzione che è il dovere di rappresentanza e caratterizzata dall'assunzione di obblighi e di potestà nei confronti del rappresentato (MACIONE, op. cit., 656-657), allora la natura dell'incarico di amministratore di condominio non può essere del tutto appiattita nel fenomeno della rappresentanza volontaria, per ammettere solo una responsabilità interna verso i mandanti. È noto che l'amministratore ha poteri stringenti: in tema di riscossione per cui è sufficiente lo stato di ripartizione approvato senza bisogno di autorizzazione dell'assemblea (art. 63, comma 1, disp. att. c.c.); in tema di sospensione dei servizi suscettibili di godimento separato in caso di mora (art. 63, comma 3, disp. att. c.c.); in tema di legittimazione passiva generale per le azioni concernenti le parti comuni (art. 1131, comma 2, c.c.). In senso evolutivo, poi, non si può prescindere dagli obblighi imposti all'amministratore dalla legislazione speciale, di cui si è detto. Si è osservato che l'amministratore non ha solo una funzione esecutiva, ma anche di governo, in forza dei maggiori obblighi e delle più ampie responsabilità (anche penali) attribuite dalla riforma del condomino e dalle leggi speciali, riferibili alla tutela di interessi superiori. L'amministratore ha poteri autonomi e decisionali, che denotano un passaggio dal tipico munus di rappresentanza ad un onus foriero di responsabilità (BELLONI PERESSUTTI, Artt. 1117-1139, in Comm. al cod. civ. Cian-Trabucchi, sub art. 1130, Padova, 2016; Id., Note introduttive al Libro III, Titiolo VII, Capo II, ibidem, 1130; Petrelli P., L'amministratore di condominio, in Tratt. dir. immob. Visintini, Padova, 2013, 535 s.). Concludendo, non ci pare che si possa predicare una responsabilità oggettiva dell'amministratore in modo indiscriminato. Solo ove si riconosca l'esistenza di una posizione (rilevante esternamente) di controllo e garanzia, può individuarsi uno spazio in cui l'amministratore assume una custodia eventualmente implicante responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c. Occorre che tale posizione sia apprezzabile dall'esterno quale funzione di garanzia attribuita dalla legge, come, ad esempio, la sicurezza degli impianti, che non è un solo obbligo dei singoli condomini. L'art. 2051 c.c. evoca, infatti, «l'idea di una relazione con la cosa che impegni il soggetto a proteggere i consociati, e di una responsabilità collegata al fatto che tale impegno non sia stato efficacemente assolto» (Carusi, op. cit., 478). Si pensi al caso di danni a cose e persone rimaste intrappolate nell'autorimessa al piano interrato a seguito di un incendio: essendo previste norme di sicurezza ed antincendio, se ed in quanto ricorrano gli altri presupposti sostanziali, non si può escludere la legittimazione passiva personale dell'amministratore ex art. 2051 c.c. In questo modo, si esclude una “custodia generalizzata”, a favore di una “custodia finalizzata” a certi aspetti/adempimenti individuati dalla legge ai fini generali di sicurezza. Fuori di queste ipotesi e in presenza di danni cagionati dalle cose comuni in sé, la responsabilità (ovvero il rischio) pare essere ascrivibile ai soli singoli condomini. Nel caso, poi, di negligente omissione o ritardo di opere di rimessione in condizioni d'uso ovvero di mancata vigilanza sui lavori di riparazione, all'amministratore pare imputabile una responsabilità generale per colpa ex art. 2043 c.c. Il danneggiato, quindi, dovrebbe allegare e provare anche l'elemento soggettivo della colpevolezza. È stato osservato che «nelle argomentazioni dei giudici compaiono alcuni lemmi che attengono alla condotta del custode (amministratore). Va da sé che in una configurazione dell'ipotesi di cui all'art. 2051 c.c. in termini di rigorosa responsabilità oggettiva, il condominio (e dunque l'amministratore), risponderebbe sempre dei danni cagionati … Il riferimento, da parte del Supremo Collegio, al dovere “di curare i beni comuni che non rechino danni agli stessi condomini” sembra dischiudere quantomeno le porte per una valutazione … della condotta dell'amministratore in termini soggettivi» (VENCHIARUTTI, op. cit., 2313 s.).
ALPA G., BESSONE M., ZENO-ZENCOVICH V., I fatti illeciti, in Tratt. dir. priv., diretto da P. Rescigno, VI, 14, Torino, 2004; AMAGLIANI R., Danno da “lastrico solare” tra responsabilità da cose in custodia e disciplina del condominio negli edifici, in Dir. civ. cont., 4 luglio 2016; AMENDOLAGINE V., Lastrico solare: responsabilità per il danno da infiltrazioni, in Giur. it., 2017, 779; BELLONI PERESSUTTI P., Note introduttive al Libro II, Titolo VII, Capo II, in Comm. al cod. civ. Cian-Trabucchi, Padova, 2016; CARUSI D., Forme di responsabilità e danno, in Dir. civ., diretto da Lipari e Rescigno, IV, Attuazione e tutela dei diritti, III, La responsabilità e il danno, Milano, 2009; FABRIZIO-SALVATORE A., La responsabilità del custode, tra sinistri e ricadute … giurisprudenziali, in Danno e resp., 2016, 162; FRANZONI M., Fatti illeciti, in Comm. Scialoja-Branca, Roma-Bologna, 2004; GIUSTI A., Il condominio negli edifici, in Dir. civ., diretto da Lipari e Rescigno, II, Successioni, donazioni, beni, II, La proprietà e il possesso, Milano, 2009; MACIONE F., voce Ufficio (dir. priv.), in Enc. Dir., XLV, Milano, 1992; MARINA F.A.-GIACOBBE G., voce Condominio negli edifici, in Enc. Dir., VIII, Milano, 1961, 820; SALIS L., Il condominio negli edifici, in Tratt. Vassalli, V-3, Torino, 1956, 251; SPALLAROSSA M. R., Danno cagionato da cose in custodia, in Giur. sist. dir. civ. e comm., fondata da W. Bigiavi, II, 2, Torino, 1987; VENCHIARUTTI A., Condominio cade in una buca durante lavori di manutenzione dell'immobile: dei danni risponde l'amministratore, in Resp. civ. e prev., 2009, 2313. |