Padre abbandona il figlio disabile: l'affetto della madre non basta, il pregiudizio va risarcitoFonte: Trib. Milano , 13 marzo 2017
26 Luglio 2017
Massima
Il pregiudizio derivante dal rifiuto del padre di stabilire qualsiasi contatto con il figlio disabile non è compensabile dalle maggiori attenzioni materne ed è risarcibile, con liquidazione equitativa, avendo come riferimento le tabelle milanesi per la liquidazione del danno da perdita della relazione parentale conseguente a decesso provocato da terzi.
Il caso
Una coppia non coniugata mette al mondo nel 1982 un bambino, D., affetto da una grave disabilità (tetraparesi spastica, sordità bilaterale, malformazione cardiaca). Il padre, nonostante riconosca volontariamente il figlio, omette totalmente l'adempimento dei suoi doveri parentali. Fino al 2012, anno in cui la madre ottiene dal Tribunale la quantificazione di un assegno di mantenimento, il padre non versa alcunché per il mantenimento del figlio, lasciando che gravino sulla madre non solo le spese ordinarie ma anche le rilevanti spese sanitarie, e si rifiuta di vederlo se non in due occasioni, all'età di sei e dodici anni. La madre è l'unica persona che si prende cura del figlio nel corso degli anni e raggiunta da quest'ultimo la maggiore età, è nominata amministratore di sostegno del figlio. Il padre mantiene il suo comportamento inerte e la madre, in proprio e nella qualità di amministratore del figlio, lo cita in giudizio per ottenere il rimborso delle spese sostenute per il mantenimento e la cura del ragazzo, nonché il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale derivante dall'assenza paterna. La questione
Due le questioni rilevanti affrontate nella sentenza: la prima è relativa all'an ed al quantum della liquidazione dei rimborsi per le maggiori spese sostenute dal genitore che ha cresciuto il figlio senza alcun apporto da parte dell'altro; la seconda è relativa alla possibilità di liquidare il danno non patrimoniale al figlio, privato della figura genitoriale.
Le soluzioni giuridiche
La sentenza riconosce sia il diritto al rimborso per le maggiori spese sostenute dalla madre che il danno non patrimoniale subito dal figlio per lesione del diritto fondamentale a ricevere cura, educazione ed assistenza morale e materiale dal padre. Sul diritto al rimborso si afferma che il genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio in via esclusiva ha diritto di ripetere nei confronti dell'altro una quota delle spese sostenute, secondo i principi posti dall'art. 1299 c.c. in tema di regresso tra condebitori solidali. Si tratta di una obbligazione lato sensu indennitaria, a liquidazione equitativa. La madre ha quantificato l'indennizzo richiesto facendo riferimento alla somma che nel 2012 viene imposta al padre quale assegno mensile di mantenimento (euro 250,00) moltiplicando detta somma per il numero di mesi in cui il mantenimento è stato omesso. Il Tribunale, pur considerando utilizzabile il parametro, riduce però la somma osservando che le spese di mantenimento erano presumibilmente inferiori, date le minori esigenze del figlio, quando questi era in tenera età, e si sono via via accresciute fino a cristallizzarsi in quelle considerate dal giudice che ha liquidato il mantenimento. Separatamente è stato liquidato, sempre in via equitativa, l'indennizzo per le spese mediche, considerate certe sull'an, sebbene non documentate, perché la necessità di effettuare specifiche terapie era emersa dalla consulenza medica legale esperita nel giudizio. Il principio di riferimento è pertanto quello esposto da Cass. civ., sez. I, 17 giugno 2004, n. 11351 e cioè che il giudice di merito ben può utilizzare il criterio equitativo per determinare l'ammontare del rimborso dovuto al genitore che ha anticipato le spese di mantenimento, essendo desumibile dal sistema un principio generale che consente di far ricorso all'equità non solo nell'ambito del risarcimento del danno ma anche quando la legge si riferisce in genere ad indennizzi o indennità (in senso conforme Cass. civ., sez. I, 22 luglio 2014, n. 16657 e App. Catania, 21 settembre 2015). La sentenza riconosce e liquida anche il danno non patrimoniale per la violazione da parte del padre del dovere di assistenza morale e materiale. Si pone in evidenza che il dovere dei genitori nei confronti della prole non comprende solo gli aspetti materiali quali il mantenimento, ma anche la cura l'educazione e l'istruzione. Pur non essendo coercibile l'amore del genitore, è giuridicamente rilevante che il rifiuto da parte del padre, particolarmente odioso perché motivato dalla disabilità, abbia creato nel figlio uno stato di sofferenza; il giovane infatti, malgrado la disabilità comporti delle forti limitazioni alla sua capacità di comunicazione verbale ha, come accertato tramite consulenza, una sensibilità emotiva particolarmente sviluppata che gli ha fatto percepire la totale assenza del padre in modo ancora più acuto e pregnante. Il giudice milanese ritiene, quindi, che si è consumato un illecito risarcibile ex art. 2043 c.c. e ricorre al criterio di liquidazione equitativa, facendo riferimento alle tabelle elaborate dall'Osservatorio di Milano per la liquidazione del danno non patrimoniale, che fissano il risarcimento del danno per decesso del genitore in una cifra variabile tra un minimo ed un massimo (euro 330.000,00). In questo caso viene riconosciuta, in via equitativa, la somma di Euro 100.000,00 non potendosi considerare la totale assenza del padre equivalente al decesso. Osservazioni
Il riconoscimento della indennità da maggiori spese sostenute nell'interesse del figlio segue le linee poste da consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito. Secondo la Suprema Corte nel caso in cui al mantenimento cui abbia sopperito in via esclusiva uno dei due genitori, si tratta, più che di risarcimento, di una azione assimilabile a quella di ripetizione di indebito (Cass. civ., sez. I, 22 luglio 2014 n. 16657). Consolidata è anche l'affermazione che l'obbligazione di mantenimento dei figli sorge con la nascita per il solo fatto di averli generati e persiste fino al momento del conseguimento della loro indipendenza economica con la conseguenza che il genitore che ha assunto l'onere esclusivo del mantenimento anche per la parte dell'altro genitore, ha diritto di regresso nei confronti dell'altro per la corrispondente quota (Cass. civ., sez. I, 10 aprile 2012 n. 5652). In questo caso il dovere di mantenere il figlio, disabile, non cessa con la maggiore età ma perdura a tempo indeterminato, come dispone l'art. 337-septies, comma 2, c.c.; al figlio maggiorenne affetto da handicap infatti si applicano tutte le disposizioni relative ai figli minori eccettuato quelle che riguardano l'affidamento (App. Catania, 29 gennaio 2015). La Suprema Corte ha affermato inoltre che il rimborso ha natura in senso lato indennitaria, e il giudice di merito può utilizzare il criterio equitativo per determinare le somme dovute a titolo di rimborso dando conto del percorso logico e valutativo seguito e degli elementi di fatto apprezzati parametrati alla specificità del caso da esaminare in funzione di una personalizzazione della liquidazione, ma in ogni caso senza superare l'importo della quota delle spese sostenute, anche presuntivamente determinate (Cass. civ., sez. I, 15 marzo 2016 n. 5090; Cass. civ., sez. I, 1 ottobre 1999 n. 10861). Il riconoscimento del danno non patrimoniale è stato accordato considerando la parental rejection un illecito civile ex art. 2043 c.c. La prevalente giurisprudenza tuttavia àncora il risarcimento del danno endofamiliare da deprivazione genitoriale alla corrente interpretazione dell'art. 2059 c.c. (Cass. civ., Sez. Un. 11 novembre 2008, n. 26972) secondo la quale può essere risarcito il pregiudizio di natura non patrimoniale quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, che hanno tutela costituzionale. Viene qui in gioco il diritto fondamentale alla relazione familiare ed in particolare il diritto del figlio ad essere mantenuto, educato ed istruito da entrambi i genitori, come dispone l'art. 30 Cost. La funzione genitoriale è infatti duale ed il maggior contributo materiale e morale da parte di uno di essi non può compensare l'assenza dell'altro. Si tutela in questi casi il diritto del figlio alla relazione familiare con entrambi i genitori, (c.d. bigenitorialità) presupposto per una sana ed armoniosa crescita (Cass. civ, sez. VI, 16 febbraio 2015, n. 3079; Cass. civ., sez. I, 10 aprile 2012 n. 5652; Trib. Modena, sez. II, 20 febbraio 2015 n. 272). Inoltre, nella fattispecie, vi è stata una particolare sofferenza, data dallo stato di disabilità e dalla particolare sensibilità emotiva del giovane, che avrebbe richiesto una maggiore attenzione e cura da parte del genitore. La liquidazione del danno è avvenuta in via equitativa uniformandosi agli importi previsti nelle tabelle milanesi sul risarcimento del danno per la perdita del genitore, in conformità ad altri precedenti specifici dello stesso ufficio (Trib. Milano, sez. IX, 23 luglio 2014). È ormai consolidato orientamento della Suprema Corte che nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, il giudice di merito ha l'obbligo di adottare il criterio equitativo (tabelle) predisposto dal Tribunale di Milano, in quanto idoneo a garantire la parità di trattamento (Cass. civ., sez. III, 7 giugno 2011 n. 12408; Cass. civ. sez. III, 8 gennaio 2016, n. 126). La stessa esigenza di uniformità sussiste anche per la liquidazione del danno non patrimoniale da deprivazione del rapporto parentale.
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