Diritto all'oblio ed archivi on line

Giuseppe Fiengo
26 Febbraio 2015

La tutela del diritto all'oblio presuppone un'attenta valutazione della tipologia e del veicolo di trasmissione dell'informazione, nonché dell'interesse pubblico alla conservazione della memoria della notizia.È sproporzionata (avuto riguardo all'interesse alla memoria dell'informazione) la domanda di rimozione di un articolo (lecito al momento della pubblicazione) dall'archivio on line di un giornale, potendo l'interessato chiederne solo l'aggiornamento.
Massima

Trib. Milano, sez. I, sent., 16 settembre 2014

“La tutela del diritto all'oblio (crocevia dei diritti fondamentali di riservatezza e di cronaca) presuppone un'attenta valutazione della tipologia e del veicolo di trasmissione dell'informazione, nonché dell'interesse pubblico alla conservazione della memoria della notizia.”

“È sproporzionata (avuto riguardo all'interesse alla memoria dell'informazione) la domanda di rimozione di un articolo (lecito al momento della pubblicazione) dall'archivio on line di un giornale, potendo l'interessato chiederne solo l'aggiornamento.”

Il caso

Tizio cita Sempronio, giornalista, e la Alfa s.p.a. chiedendo il risarcimento del danno derivante dalla pubblicazione sul Corriere della Sera di un articolo diffamatorio; articolo che, nonostante la richiesta di rimozione avanzata da Tizio il 6 gennaio 2011, era ancora presente nell'archivio storico on line del giornale.

Il Tribunale di Milano ha rigettato le domande riconducendo la condotta dei convenuti al legittimo esercizio del diritto di cronaca e ritenendo (quanto alla domanda risarcitoria per l'omessa cancellazione dell'articolo dall'archivio on line) che Tizio avesse il diritto al (non richiesto) aggiornamento della notizia (con indicazione dell'archiviazione del procedimento penale), non anche alla rimozione della stessa. La rimozione, infatti, considerata la liceità dell'articolo al momento della pubblicazione e la necessità di garantire la memoria dell'informazione, sarebbe una misura sproporzionata.

La questione

Esiste un diritto all'oblio? Tale diritto assume diversa consistenza per le notizie diffuse su internet? Quali sono i limiti che il diritto all'oblio incontra a fronte dei diritti alla manifestazione del pensiero ed alla liberta di informazione e quali sono le modalità di tutela dell'oblio?

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in esame affronta la questione (sempre più frequente nelle aule dei tribunali) delle modalità di tutela del diritto all'oblio nella moderna società dell'informazione; questione complessa che richiede un delicato bilanciamento di diritti fondamentali.

Come noto, il diritto all'oblio, quale diritto «a che non vengano ulteriormente divulgate notizie che per il trascorrere del tempo risultino ormai dimenticate o ignote alla generalità dei consociati» (Cass. civ., sez. III, sent. 5 aprile 2012, n. 5525), pur non trovando un esplicito riconoscimento normativo è stato elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

La sentenza che si annota, seguendo un indirizzo diffuso (ex plurimis, Cass. civ., sez. III, sent. 26 giugno 2013, n. 16111), riconduce il diritto all'oblio al diritto alla riservatezza; secondo un (parzialmente) diverso orientamento, invece, l'oblio affonda le proprie radici in un più ampio terreno, essendo un diritto che oscilla tra la tutela della dignità e dell'identità personale ed il diritto alla protezione dei dati (in dottrina, da ultimo, F. Pizzetti, Il prisma del diritto all'oblio, in Il caso del diritto all'oblio, a cura di, F. Pizzetti, Giappichelli, 2013, 30 ss.; in giurisprudenza, Cass. civ., sez. III, sent. 5 aprile 2012, n. 5525).

Indubbiamente le caratteristiche tecniche di internet (che consente ad un numero illimitato di persone di conoscere qualsiasi notizia per un tempo indeterminato) hanno assai ampliato le possibilità di lesione del diritto all'oblio (in dottrina, da ultimo, F. Di Ciommo, Quello che il diritto non dice. Internet e oblio, in Danno e resp., Milano, 2014, 1101 ss.). Tale circostanza è nota al giudice milanese che, richiamate le posizioni espresse dalla Suprema Corte nella sentenza da ultimo citata, afferma come «nella valutazione dei contrapposti interessi i possibili interventi sull'informazione divenuta eventualmente anacronistica e priva di un attuale interesse pubblico, devono necessariamente tener conto della tipologia e finalità del “veicolo” di trasmissione, nonché delle esigenze di interesse pubblico, modulandosi diversamente nel caso si tratti di memoria internet, ovvero di archivi storici». Tanto premesso, il Tribunale di Milano, ha, con riferimento al caso concreto (relativo alla diffusione di un articolo lecito al momento della sua pubblicazione e, tuttavia, superato dall'evoluzione dei fatti) ritenuto possibile richiedere il solo aggiornamento della notizia, non anche la rimozione della stessa (che non avrebbe adeguatamente salvaguardato il diritto all'informazione ed alla memoria storica).

Il bilanciamento tra diritto all'oblio e diritto all'informazione compiuto nella sentenza che si annota appare conforme ad un orientamento che si va diffondendo nella giurisprudenza di legittimità e di merito. Così, secondo Cass. civ., sez. III, sent. 5 aprile 2012, n. 5525, se può rinvenirsi un diritto alla conservazione della notizia anche per finalità diverse da quelle che ne hanno legittimato in origine il trattamento, il titolare dei dati resi pubblici, nel tutelare la proiezione dinamica della propria immagine sociale, ha diritto all'aggiornamento ed alla contestualizzazione della notizia (anche se vera) e «se del caso avuto riguardo alla finalità della conservazione nell'archivio e all'interesse che la sottende, financo alla relativa cancellazione».

Ad analoga conclusione è giunta la Corte d'appello di Milano (App. Milano, 27 gennaio 2014) con riferimento ad un caso di articolo giornalistico diffamatorio. La posizione assunta dalla Corte meneghina appare simile a quella accolta dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella sentenza 16 giugno 2013, Węgrzynowsi e Smolczewski c. Polonia. Secondo il giudice di Strasburgo non è possibile, in base alla C.E.D.U., rimuovere dall'archivio on line di una testata giornalistica un articolo lesivo dell'altrui reputazione (anche ove si tratti di articolo illecito), non essendo compito dell'autorità giudiziaria riscrivere la storia ordinando di far scomparire dal pubblico dominio le tracce di una pubblicazione; unica tutela configurabile per il titolare dei dati è l'aggiornamento della notizia.

Minore sensibilità verso il diritto all'informazione ed alla memoria storica (e, per converso, più rigorosa tutela dell'oblio) ha mostrato la Corte di giustizia che, nella sentenza 13 maggio 2014, causa C – 131/12, Google Spain, ha riconosciuto il diritto del danneggiato di richiedere al gestore del motore di ricerca la deindicizzazione della pagina web che lo riguarda e, salvo ragioni particolari (ad es., il ruolo ricoperto dal danneggiato nella vita pubblica), il diritto alla cancellazione della notizia.

Osservazioni

La citata sentenza della Corte di giustizia ha qualificato l'attività tipica dei motori di ricerca come trattamento di dati personali ed ha ritenuto possibile, sulla base degli artt. 7 e 8 della Carta di Nizza, chiedere al motore di ricerca la cancellazione della notizia che lo riguarda. La tutela dell'oblio, passa quindi, oggi, innanzi tutto per lo strumento stragiudiziale (del quale, a partire dalla pronunzia sul caso Google Spain, sempre più spesso i privati si stanno avvalendo). Ove il motore di ricerca non faccia fronte a tale richiesta il privato potrà - secondo il giudice di Lussemburgo - citarlo in giudizio chiedendo la deindicizzazione del sito pregiudizievole; in senso contrario Cass. civ., sez. III, sent.,5 aprile 2012, n. 5525 ha espressamente ritenuto che la domanda di rimozione/aggiornamento della notizia vada rivolta non al motore di ricerca, ma al titolare del sito sorgente. La proposizione della domanda nei confronti di tale ultimo soggetto appare, alla luce dell'attuale giurisprudenza nazionale, la scelta più facilmente percorribile (che, tra l'altro, riduce anche i possibili problemi di giurisdizione), ma, anche, quella meno tutelante, non potendo escludersi che la notizia permanga in rete su siti diversi da quello originario (sulla impossibilità di una tutela piena dell'oblio in internet si veda Di Ciommo, Quello che il diritto non dice, cit.).

Le posizioni estremamente variegate sin qui emerse nella giurisprudenza (anche sovranazionale) in ordine ai rimedi invocabili non agevolano l'individuazione della preferibile misura di tutela da richiedere.

Come detto, infatti, la Corte di Strasburgo esclude la possibilità di rimozione dell'articolo (anche se illecito) ammettendo i soli rimedi dell'aggiornamento/rettifica. Tali rimedi sono quelli più frequentemente disposti dalla giurisprudenza nazionale che, tuttavia, non esclude - in casi eccezionali - la possibilità di disporre la cancellazione della notizia (strumento invece ordinario nella prospettiva del giudice di Lussemburgo).

Premesso che la cancellazione appare strumento poco compatibile con un equilibrato bilanciamento dei diritti fondamentali in gioco, i segnalati contrasti giurisprudenziali rendono opportuno (onde evitare decisioni di rigetto quale quella che qui si annota) richiedere tutti i rimedi in astratto invocabili (circa le concrete modalità dell'aggiornamento si rinvia a App. Milano, 27 gennaio 2014).

Peraltro è fondamentale che l'interessato segnali gli indici (ad es., la propria mancata notorietà, l'irrilevanza storica della notizia, l'elevata accessibilità dell'articolo nell'archivio) idonei a svelare la pregnanza del diritto all'oblio.

Resta inteso che oltre ai rimedi appena indicati (destinati ad evitare la permanenza in rete della notizia) l'interessato che abbia visto disattesa la (fondata) richiesta di aggiornamento avrà diritto al risarcimento del danno medio tempore patito.