Le radici di un albero sul margine della strada non costituiscono insidia in caso di negligenza e violazione delle norme della circolazione stradale
26 Maggio 2014
Massima
Cass. civ. sez. VI, 5 novembre 2013, n. 24744 Il caso fortuito, cui fa riferimento l'art. 2051 c.c., deve intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato. Nel caso in cui l'evento di danno sia da ascrivere esclusivamente alla condotta del danneggiato, la quale abbia interrotto il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, si verifica un'ipotesi di caso fortuito che libera il custode dalla responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. Sintesi del fatto
Tizio, caduto dal suo motociclo in un tratto stradale ove l'asfalto era sconnesso a causa delle radici di un albero sito sul margine, agiva in giudizio contro la Provincia per ottenere il risarcimento dei danni. Soccombente in primo grado, Tizio impugnava la sentenza. La Corte d'appello rigettava il gravame, ritenendo che la presenza di tali radici, circostanza di fatto assolutamente naturale, non costituisse insidia, essendo peraltro di dimensioni tali da essere ben visibili. Se Tizio avesse adeguato la condotta di guida alle condizioni di luogo, circolando a moderata velocità e sul margine destro della carreggiata, avrebbe facilmente avvistato i modesti rigonfiamenti del manto stradale, evitando ogni conseguenza dannosa. Non era stata provata dall'attore l'imputabilità del sinistro a colpa esclusiva di un veicolo rimasto ignoto, mentre era stata accertata la violazione da parte di Tizio dell'art. 143 C.d.S. Né poteva ritenersi applicabile la presunzione ex art. 2054, comma 2 c.c., operante solo in caso di scontro tra veicoli, nella specie non verificatasi. Avverso questa sentenza ricorreva per cassazione Tizio, resistevano la Provincia e le società assicuratrici. In motivazione La Corte di Cassazione richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, “in tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie di cui all'art. 2051 c.c. individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente per l'applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo”. Ne consegue che “non assume rilievo in sé la violazione dell'obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell'evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno”. Si determina, quindi, un'inversione dell'onere probatorio, incombendo sull'attore la prova della “esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale (Cass. 4279708; 20427708; 5910/11 ...)” . Nel caso di specie, “non è stato provato che fosse stato esclusivamente il veicolo rimasto ignoto a determinare il sinistro, mentre vi è la prova del contrario dovendosi ritenere accertata la violazione dell'art. 143 C.d.S.” in capo a Tizio “e non accertata la responsabilità di detto veicolo, assumendo quindi rilievo decisivo il fatto dello stesso danneggiato”. Le doglianze del ricorrente sono state ritenute manifestamente infondate, poiché la previsione di cui all'art. 2051 c.c. “non esonera il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa (…) e nella specie è stato escluso un nesso causale tra la cosa in custodia e il sinistro occorso al ricorrente”. Inoltre, “nel caso in cui l'evento di danno sia da ascrivere esclusivamente alla condotta del danneggiato, la quale abbia interrotto il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, si verifica un'ipotesi di caso fortuito che libera il custode dalla responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. (Cass. civ., 19 febbraio 2008, n. 4279)”. La questione
Nel caso in cui l'evento dannoso sia ascrivibile esclusivamente alla condotta colposa del danneggiato, tale da interrompere il nesso di causa tra la cosa in custodia e il danno, il custode è liberato dalla responsabilità di cui all'art. 2051 c.c.? Le soluzioni giuridiche
L'ordinanza in commento offre una sintesi dei principi operanti in materia di responsabilità per danni da cose in custodia exart. 2051 c.c., ampliando la casistica del c.d. “caso fortuito”, “fattore che attiene, non già ad un comportamento del custode (che è irrilevante), bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile, non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità” (Cass. civ., sez. III, 9 aprile 2014, n. 8282, cit.; v. inoltre, Cass. civ., sez. VI, 29 maggio 2013, n. 13514; Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2013, n. 4244, in Diritto e Giustizia online 2013, 30 maggio). Gli Ermellini ribadiscono che la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva e necessita, per la sua configurabilità, del mero nesso di causa tra res ed evento lesivo, tale da prescindere dall'accertamento della pericolosità della res stessa e da sussistere in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per sua intrinseca natura, sia per l'insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal “caso fortuito” (cfr., ex pluribus, Cass. civ., sez. VI, 29 agosto 2013, n. 19905, in Diritto e Giustizia online 2013, 2 settembre; Trib. Teramo, 15 febbraio 2013, n. 137, in Redazione Giuffrè 2013). Stante l'inversione dell'onere probatorio, incombe sul danneggiato dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre il custode, per liberarsi da responsabilità, deve provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, per l'appunto il “caso fortuito”, idoneo ad interrompere il nesso eziologico, avendo costituito la vera causa del danno, con la conseguenza che la cosa è ridotta a mera occasione dell'evento dannoso (cfr. Cass. civ.,sez. III, 5 dicembre 2008, n. 28811, in Giust. civ. Mass. 2008, 12, 1740). Il “caso fortuito” comprende il fatto del terzo e dello stesso danneggiato (cfr. ex multis, Cass. civ., sez. VI, 24 gennaio 2014, n. 1468, in Diritto e Giustizia online 2014, 24 gennaio). Nel caso di specie, il centauro ha violato l'art. 143 C.d.S., che impone ai veicoli di circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera, con ciò integrando il caso fortuito. Tale comportamento è stato decisivo nella verificazione del sinistro, non essendo la caduta del motociclista imputabile ai modesti rigonfiamenti del manto stradale, dovuti alle radici dell'albero, bensì esclusivamente al fatto che lo stesso danneggiato, adottando una condotta di guida negligente ed in violazione delle norme del Codice della strada, si è precluso la possibilità di avvistarli per tempo e, dunque, di evitarli. Come affermato dalla Suprema Corte “quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi la efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso” (Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2013, n. 11946, in Guida al diritto 2013, 34-35, 50, s.m.). Osservazioni e suggerimenti pratici
Il giudice di merito, investito della decisione relativa al risarcimento dei danni conseguenti ad un sinistro stradale, dovrà disattendere le richieste formulate dall'attore qualora accerti – avvalendosi all'uopo dell'ausilio di una consulenza cinematica d'ufficio – che la responsabilità del sinistro sia imputabile esclusivamente a colpa del danneggiato, il quale al momento del sinistro non abbia adottato una condotta di guida adeguata alle condizioni di tempo e di luogo chiaramente percepibili (Cass. civ., sez. VI, 6 febbraio 2014, n. 2692, in Guida al diritto 2013, 34-35, 50, s.m.) L'avvocato, cui il danneggiato si rivolga per promuovere l'azione civile, dovrà tener conto che sebbene la responsabilità per danni cagionati da cose in custodia ex art. 2051 c.c. richieda la sussistenza di un mero nesso eziologico tra cosa ed evento, a prescindere dall'accertamento della pericolosità della cosa stessa, essa è, tuttavia, suscettibile di essere esclusa nell'ipotesi del “caso fortuito”. Infatti, al “dovere di precauzione” imposto dall'art. 2051 c.c. al custode, che richiede l'adozione di tutti gli accorgimenti necessari a scongiurare o, quanto meno, ridurre il rischio che la cosa possa arrecare danni a terzi, corrisponde un “dovere di cautela” da parte di chi entri in contatto con la cosa stessa (Cass. civ., sez. VI, 6 febbraio 2014, n. 2692, cit.). Qualora si accerti, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo sarebbe stata superabile mediante l'adozione di una condotta ordinariamente cauta e prudente dello stesso danneggiato, potrà escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, che svolge il ruolo di mera occasione dell'evento dannoso. La prova liberatoria del fortuito potrà essere fornita dal danneggiante anche a mezzo di presunzioni, purché gravi, precise e concordanti (Cass. civ., sez. III, 6 giugno 2006, n. 13268, in Giust. civ. Mass. 2006, 6). Conclusioni
Nel caso in cui l'evento di danno sia ascrivibile esclusivamente alla condotta di guida del danneggiato, la quale abbia interrotto il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, si verifica un'ipotesi di “caso fortuito” che libera il custode dalla responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. |