Gli obblighi assicurativi di strutture e professionisti sanitari previsti dall'art. 10 della legge Gelli
29 Marzo 2017
La riforma Gelli, come oramai noto dato il numero di convegni e pubblicazioni che l'hanno preceduta ed accompagnata durante tutto il suo travagliato iter formativo, impone un obbligo assicurativo a carico delle strutture sanitarie e dei professionisti al quale non corrisponde un corrispettivo obbligo a contrarre a carico delle compagnie di assicurazione.
Premesso che, come oramai consuetudine parlamentare, il testo di legge prevede ampi spazi vuoti che dovranno essere oggetto di implementazione e forse di significativa integrazione ad opera di Decreti ministeriali attuativi, e che quindi i giudizi che si esprimono oggi dovranno necessariamente essere ripresi il giorno in cui tali Decreti vedranno la luce, al momento il quadro è il seguente. Obbligo assicurativo a carico delle strutture sanitarie pubbliche e private
Le garanzie di responsabilità civile possono avere ad oggetto la responsabilità gravante sull'assicurato per fatto proprio o per quella derivante dal fatto di colui del cui operato debba rispondere, così come coprire la responsabilità di altro soggetto che, pur non essendo contraente, acquista in tal modo la qualifica di assicurato.
La Riforma Gelli prevede una copertura obbligatoria in favore della struttura per fatto proprio e altrui ed una ulteriore in favore di alcuni professionisti sanitari ovvero quelli non rientranti nell'esclusione di cui al comma 2.
A) Garanzia in favore della struttura per fatto proprio o altrui
Le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private, statuisce il comma 1, devono essere provviste di copertura assicurativa (o di altre analoghe misure) per la responsabilità civile verso terzi e per la responsabilità civile verso prestatori d'opera (dunque le classiche coperture che il mercato definisce RCT e RCO) oltre che di una garanzia per danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso di esse, compresi coloro che svolgono attività di formazione, aggiornamento nonché di sperimentazione e di ricerca clinica. Tale norma trova applicazione anche con riferimento alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria o in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale ovvero attraverso la telemedicina.
È importante notare come l'obbligo assicurativo si estenda a qualsiasi danno cagionato a terzi da personale a qualsiasi titolo operante presso la struttura: ciò non significa che tale personale sia assicurato per la propria responsabilità, bensì che la struttura è assicurata per qualsivoglia richiesta dovesse ricevere per il fatto di qualsiasi soggetto abbia operato presso di essa, a prescindere dalla natura del rapporto, dipendente, occasionale, a convenzione, contrattuale in senso lato.
È quindi sempre e comunque la responsabilità della struttura ad essere obbligatoriamente garantita, sia che la responsabilità sia ad essa direttamente riferibile sia che, invece, abbia natura indiretta ex art. 2049 c.c. o art. 1228 c.c. per fatto degli ausiliari.
B) Garanzia in favore del professionista sanitario non rientrante nell'elenco di cui al punto 2 del medesimo art.10
Le strutture di cui al primo periodo, ricorda il Legislatore, stipulano, altresì, polizze assicurative (o adottano altre analoghe misure) per la copertura della responsabilità civile verso terzi degli esercenti le professioni sanitarie anche ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui al comma 3 dell'art. 7, fermo restando quanto previsto dall'art. 9.
Ciò significa che l'obbligo assicurativo riguarda la responsabilità ex art. 2043 c.c. del medico che non abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente: ergo, la sola responsabilità civile personale del professionista sanitario dipendente, pubblico o privato che sia.
C) Professionisti esclusi dalla garanzia obbligatoria a carico della struttura sanitaria pubblica o privata
Il comma 2 definisce quali sono i professionisti la responsabilità personale dei quali non deve essere obbligatoriamente oggetto di copertura, ovvero gli esercenti la professione sanitaria che svolgano la propria attività al di fuori di una delle strutture di cui al comma 1 dell'art. 10 o che prestino la propria opera all'interno della stessa in regime libero-professionale, ovvero che si avvalgano della stessa nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente ai sensi dell'art. 7, comma 3.
Tale ultima parte del comma 2, vale a dire l'ipotesi del professionista che si avvale della struttura privata, stipulando un accordo in tal senso con la stessa, nell'ambito del suo rapporto con il paziente, rientra comunque nell'ipotesi di responsabilità ex art. 1228 c.c. della struttura che, in ogni caso, da tale rapporto contrattuale trae vantaggio.
Per tale errore del libero professionista legato da un rapporto contrattuale alla struttura questa è comunque tenuta a rispondere, se non altro per l'antico brocardo “cuius commoda eius atque incommoda”, ed è altresì obbligata ad assicurarsi per quanto le verrà richiesto ex art. 1228 c.c., mentre non è obbligata ad assicurare la responsabilità personale del professionista stesso.
Obbligo assicurativo dei professionisti sanitari: coperture per colpa grave
Tutti i professionisti sanitari sono obbligati a stipulare, con oneri a proprio carico, una copertura di responsabilità civile che li tenga indenni dalle rivalse che dovessero ricevere in ragione di esborsi sostenuti dalla struttura, pubblica o privata, in ragione di un loro errore. Ciò al fine, nelle manifeste intenzioni del Legislatore, di garantire efficacia alle azioni di cui all'art. 9 e all'art. 12, comma 3. A questo proposito, il Legislatore che sembra non aver voluto far mancare in numerosi articoli del testo di legge taluni punti oscuri introduce il riferimento all'art. 12 comma 3 che poco ha a che fare con le rivalse di cui all'art. 9.
Proviamo a chiarire ciò che comunque chiaro non è: sia la Corte dei Conti che la Compagnia di assicurazione che la struttura privata hanno diritto di rivalsa nei confronti del professionista che abbia commesso un errore che a sua volta abbia determinato un esborso della struttura ex art. 2049 c.c. o 1228 c.c.: ciascuna di tali rivalse avrà luogo in specifici contesti ovvero in caso di danno erariale per la Corte dei Conti, in caso di esborso della compagnia nel caso dell'art. 1916 c.c., in caso di pagamento da parte della struttura privata in assenza di copertura assicurativa nell'ipotesi della rivalsa ex art. 9. Tutte queste ipotesi di rivalsa (per dolo o colpa grave) hanno come riferimento un soggetto terzo (il professionista sanitario) civilmente responsabile dell'esborso sostenuto per suo conto dal soggetto che si rivale: verso tale rischio il professionista sanitario è dunque obbligato ad assicurarsi onde evitare che tali azioni rimangono un mero sforzo processuale senza alcun ritorno economico effettivo. Non appare chiaro, dunque, perché l'obbligo assicurativo del professionista debba anche riguardare un altro tipo di rivalsa, ovvero quella prevista dall'art. 12 in virtù della quale non c'è un regresso/surrogazione versus un responsabile civile, bensì una mera ripetizione dell'indebito allorché un assicuratore abbia pagato direttamente al terzo in ipotesi di scopertura assicurativa a lui non opponibile. L'emanando Decreto ministeriale chiarirà quali saranno tali eccezioni non opponibili anche se, al momento, parrebbe di potersi dire che fra le stesse non rientra il massimale avendo il testo di legge chiarito che l'inopponibilità ha come limite l'intero massimale di polizza.
Ciò detto non si comprende come un assicuratore dovrebbe o potrebbe coprire un assicurato per un rischio che non ha inteso garantirgli (altrimenti l'eccezione non ci sarebbe) o perché dovrebbe farlo una differente compagnia... In questa visione un po' singolare sembrerebbe infatti che da una parte l'assicuratore neghi copertura per certi rischi formulando alcune eccezioni ma, ove chiamato a tenere comunque indenne il terzo, al momento della ripetizione verso il contraente dell'indebito pagato, debba di nuovo garantirlo restituendogli ciò che si era ripreso come non dovuto... davvero difficile da comprendere. I professionisti di cui al comma 2 dell'art. 10 hanno ovviamente l'obbligo di stipulare in proprio anche una copertura per la responsabilità professionale personale non avendo la qualifica di assicurati nell'ambito della polizza sottoscritta dalla struttura.
Caratteristiche delle coperture assicurative obbligatorie
La garanzia assicurativa obbligatoria deve prevedere un'operatività temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo, purché denunciati all'impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della polizza.
Con questa disposizione il Legislatore sembra riprendere il tema della clausola claims made dopo la nota sentenza delle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un. n. 9140/2016) aderendo di fatto all'interpretazione in tema di meritevolezza delle clausole cd “miste” scelta dalla Prima Sezione del Tribunale di Milano (Trib. Milano, 17 giugno 2016 n. 7149) che ha ritenuto meritevole di tutela la clausola claim mista con retroattività decennale. È pur vero che il termine “denunciati” non sembrerebbe far riferimento al claim bensì alla denuncia dell'assicurato, dunque altro lavoro interpretativo per le Corti.
Nel caso di cessazione definitiva dell'attività professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di retroattività della copertura.
Appare logico leggere quest'ultima disposizione nel senso che analogo requisito sia previsto anche nelle coperture delle strutture in favore della responsabilità personale dei dipendenti e, perché no, in quelle delle strutture stesse ben potendo una clinica cessare la propria attività.
Le onnipresenti analoghe misure e gli equivoci conseguenti
La scelta di equiparare l'obbligo assicurativo del quale si è appena trattato alle c.d. “analoghe misure”, da intendersi inevitabilmente come ipotesi di ritenzione del rischio posto che non se ne intravedono altre possibili, e di prevedere comunque obblighi a senso unico (obbligo di assicurarsi per gli assicurandi ma non per le compagnie di assicurare) pone serie perplessità.
al di là di palesi conflitti d'interesse nella gestione dei sinistri fra assicurato ed assicuratore allorché il valore del danno oscilli intorno alla quota di ritenzione ed aumenti l'interesse dell'assicuratore di vederlo pagato possibilmente al di sotto della SIR e cessi invece quello dell'assicurato, che sa di non dover rischiare più di tale tetto e quindi sia più incline della compagnia ad accettare l'alea di un giudizio nel quale avrebbe comunque poco da perdere; come si può ipotizzare che sia analogo per un dipendente poter disporre di una copertura assicurativa per la quale lui rivesta la qualifica di assicurato ed avere invece, nel caso delle “analoghe misure”, la presunta garanzia di un soggetto (il datore di lavoro) che poi esperirà un'azione di rivalsa nei sui confronti?
In ogni caso le condizioni generali di operatività delle analoghe misure, anche di assunzione diretta del rischio, richiamate dal comma 1, le regole per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di un'impresa di assicurazione, la previsione nel bilancio delle strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati e i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, con l'individuazione di classi di rischio a cui far corrispondere massimali differenziati, saranno oggetto di disciplina nell'emanando Decreto che si spera possa dissipare dubbi e perplessità o, quantomeno, non introdurne di nuovi. In conclusione
La riforma Gelli, nonostante l'introduzione di spunti e principi innovativi, appare davvero poco comprensibile in alcuni passaggi e la parte assicurativa, in buona parte descritta all'art. 10, non fa purtroppo eccezione. La mancata volontà di affrontare temi scomodi come la ritenzione del rischio ed i criteri di riservazione della P.A. così come la successione fra coperture ed i problemi legati alla clausola claim made creano problemi interpretativi che si spera possano essere risolti in sede di emanazione del Decreto Ministeriale dello stesso art. 10 previsto.
L'approssimazione terminologica e la scarsa comprensione dei meccanismi di funzionamento del mercato assicurativo manifestata dal Legislatore lasciano spazio a disequilibri e dubbi interpretativi dei quali si sarebbe probabilmente fatto a meno volentieri, al punto che sembra lecito chiedersi quale sia stato il senso di questo complesso elaborato normativo e quale l'utilità. |