R.c. Internet: specificare la Url è necessario?

29 Agosto 2016

Ai fini della configurazione della responsabilità Internet a posteriori, la tesi dell'indicazione precisa delle URL è insostenibile perché si pone in contrasto con tutte le direttive europee e le sentenze della Corte di Giustizia.
Massima

Ai fini della configurazione della responsabilità Internet a posteriori, la tesi dell'indicazione precisa delle URL è insostenibile perché si pone in contrasto con tutte le direttive europee e le sentenze della Corte di Giustizia che, pur affermando l'insussistenza di un obbligo generale di sorveglianza, mai hanno considerato la necessità della specifica e tecnica indicazione degli URL essendo sufficiente un'indicazione specifica dei files illeciti (video, programmi, ecc...) tramite diffida o altro mezzo.

Il caso

Il portale break.com, IpTV di diffusione mondiale, ospita sulla propria piattaforma contenuti video in gran parte caricati dagli utenti e in parte minore prodotti dallo stesso gestore del sito. Quest'ultimo si autodefinisce un semplice hosting provider mentre invece all'esito di Ctu risulta essere un sofisticato content-provider in grado di selezionare direttamente i video da collocare in home page per categoria e di sfruttarne i proventi pubblicitari mediante avanzati processi tecnici di abbinamento tra erogazione dei servizi e annunci promozionali.

RTI spa, società del Gruppo Mediaset, rileva sul portale break.com alcuni spezzoni di trasmissioni autoriali di propria titolarità e così inizia a inoltrare diffide per ciascun contenuto abusivo rilevato. L'aggregatore mondiale non risponde e, una volta chiamato in giudizio, si difende adducendo la tesi dell'"hoster neutro" che - non avendo alcun potere di governo sui contenuti - si limita unicamente ad ospitarli sulla propria piattaforma.

Alla luce della Ctu da cui invece risulta che break.com ha ampio potere di organizzazione e gestione dei video ospitati, il Giudice stigmatizza la fattispecie dell'hoster attivo. Si evince altresì l'ipotesi della "responsabilità a posteriori" a carico del gestore della piattaforma in quanto, nonostante che le molteplici diffide abbiano determinato nell'ISP l'"effettiva conoscenza" degli illeciti, quest'ultimo nulla ha fatto per rimediare.

La questione

La questione sottesa alla sentenza in commento è la seguente: quali principi di riferimento deve adottare l'operatore giuridico per intercettare e stigmatizzare ipotesi di responsabilità civile on line?

Le soluzioni giuridiche

L'indiscutibile pregio della pronuncia romana si coglie nella chiarezza con cui ripercorre gli arresti principali della giurisprudenza europea e interna in materia di responsabilità dell'Internet Service Provider (ISP), evidenziando i principi fondanti del concetto di "hoster attivo" e di responsabilità "a posteriori".

Inoltre il Giudice romano approfondisce e indica criteri pratici atti a segnare il momento dell'insorgenza della responsabilità e a semplificare le modalità di segnalazione dell'illecito.

Principi fondanti della RC Internet: 1) Hoster attivo

L'orientamento consolidato della giurisprudenza interna e dell'Unione Europea individua la RC Internet quando l'ISP ha un ruolo attivo nella gestione dei contenuti allocati sulla propria piattaforma. Esattamente la Cgue 23 marzo 2010, Vuitton/Google - vero e proprio leading case in materia- sostiene:

  • «113 Dal quarantaduesimo ‘considerando' della direttiva 2000/31 risulta, a tal proposito, che le deroghe alla responsabilità previste da tale direttiva riguardano esclusivamente i casi in cui l'attività di prestatore di servizi della società dell'informazione sia di ordine «meramente tecnico, automatico e passivo», con la conseguenza che detto prestatore «non conosce né controlla le informazioni trasmesse o memorizzate».
  • «114 Pertanto, al fine di verificare se la responsabilità del prestatore del servizio di posizionamento possa essere limitata ai sensi dell'art. 14 della direttiva 2000/31, occorre esaminare se il ruolo svolto da detto prestatore sia neutro, in quanto il suo comportamento è meramente tecnico, automatico e passivo, comportante una mancanza di conoscenza o di controllo dei dati che esso memorizza».
  • «118 Nell'ambito dell'esame di cui al punto 114 della presente sentenza, è invece rilevante il ruolo svolto dalla Google nella redazione del messaggio commerciale che accompagna il link pubblicitario o nella determinazione o selezione di tali parole chiave.
  • «119 Proprio alla luce delle suesposte considerazioni spetta al giudice nazionale, che meglio può conoscere le modalità concrete della fornitura del servizio nelle cause principali, valutare se il ruolo svolto dalla Google corrisponda a quello descritto al punto 114 della presente sentenza».

Di grande importanza quest'ultima annotazione dei Giudici europei: la responsabilità non si stabilisce a priori una volta per tutte ma è indispensabile stabilire caso per caso. I punti cardinali vengono forniti ma poi spetta al Giudice nazionale verificare in concreto se esistano i presupposti dell'"hoster attivo" e/o della responsabilità "a posteriori".

2) Responsabilità "a posteriori"

Orientamento consolidato della giurisprudenza UE e di quella interna sostiene che l'ISP può essere considerato responsabile quando ha avuto "effettiva conoscenza" della persistenza dell'illecito e non si è attivato per rimediare.

Sempre il leading case Cgue 23 marzo 2010, Vuitton/Google sostiene che il provider può godere della limitazione di responsabilità di cui all'art. 14, n.1 dir. n. 31/2000 quando si limita a memorizzare contenuti caricati da un utente della piattaforma ( sia questo un privato o una società ) senza attivare alcun tipo di elaborazione su di essi (hoster neutro) come ad esempio l'applicazione di un servizio di pubblicità come AdWords o Adsense. Tuttavia anche in questi casi in cui il provider è un "hoster neutro", si può individuare l'ipotesi della responsabilità quando - sebbene informato dalla persona offesa o da altra fonte della sussistenza di contenuti lesivi sulla propria piattaforma - non si attivi prontamente per disabilitarli o rimuoverli.

Criteri pratici: insorgenza e modalità di segnalazione dell'illecito on line: 1) "Effettiva conoscenza"

L'elemento dirimente in punto di RC Internet si coglie nell' "effettiva conoscenza" perché è questa che trasforma la posizione neutra dell'ISP in una posizione di responsabilità come giustamente evidenziato da Corte di Appello di Milano, 7 gennaio 2015, n. 29, Caso YAHOO!I./ RTI. Questa pronunzia stigmatizza il momento dell'"effettiva conoscenza" per il provider quando viene reso edotto in modo specifico dei contenuti lesivi. Questo significa che la parte offesa deve segnalare le URL precise in cui risulta allocato il contenuto illecito. Pertanto almeno fino a questo arresto giudiziale la "responsabilità a posteriori" si configura di fronte a una segnalazione dell'offeso indicante le URL "incriminate". Deducendo quindi che in mancanza di tale specificazione, un avviso generico non costituirebbe valido presupposto per far scattare la "responsabilità a posteriori" del provider.

Contro questo corollario si erge la pronunzia del Trib. Roma 27 aprile 2016, RTI/break.com che stabilisce l'attivazione della "responsabilità a posteriori" anche di fronte a una segnalazione generica dei contenuti lesivi senza precisare le specifiche URL di allocazione.

Sottolineiamo questo passaggio del Trib. Roma 27.04.2016, RTI/break.com:

"Ritiene il Tribunale che ai fini della configurazione della responsabilità Internet a posteriori, la tesi dell'indicazione precisa delle URL sia insostenibile perché si pone in contrasto con tutte le direttive europee e le sentenze della Corte di Giustizia che, pur affermando l'insussistenza di un obbligo generale di sorveglianza, mai hanno considerato la necessità della specifica e tecnica indicazione degli URL essendo sufficiente un'indicazione specifica dei files illeciti ( video, programmi, ecc...) tramite diffida o altro mezzo"

2) Specifica indicazione delle URL non più necessaria

Nella pratica, stabilire il momento del passaggio dell'ISP da gestore neutro a gestore attivo non è una questione semplice come può apparire in una dissertazione meramente giuridica. Anzi costituisce un vero e proprio nodo di gordio nei casi giudiziali. In ballo ci sono interessi economici contrapposti: da una parte l'obiettivo del gestore di esimersi da responsabilità e dall'altra l'obiettivo del titolare dei diritti di eliminare l'illecito una volta per tutte. Le piattaforme di contenuti vengono pervase da molteplici flussi informativi e lo stesso oggetto ubicato in una determinata URL può essere agganciato da terzi e allocarsi in altre URL ulteriori. In definitiva: il medesimo contenuto ospitato in un'unica URL, una volta pubblicato, può diventare ubiquo e trovarsi in tanti luoghi differenti con tante URL diverse.

Il problema pratico del titolare dei diritti lesi e' quello di riuscire ad individuare tutti i luoghi ovvero tutte le URL in cui è allocato il contenuto. Ponendo per assurdo che ciò sia possibile, l'obiettivo dell'estirpazione dell'illecito non potrà mai essere soddisfatto perché Internet e' dinamica e una volta eliminate certe URL ne rispunteranno altre e altre ancora. E allora quid iuris?

Osservazioni

La scelta delle modalità di individuazione del contenuto lesivo è una questione importante. L'orientamento giurisprudenziale che richiede l'indicazione specifica di ciascuna URL denota un favor verso la libertà di impresa dell'ISP e una sensibile limitazione dei diritti della persona. L'orientamento giurisprudenziale che richiede la semplice indicazione dell'oggetto del contenuto pregiudizievole a prescindere dalle URL denota un favor verso i diritti del danneggiato a parziale contenimento della libertà di impresa. Pertanto la prevalenza dell'uno o dell'altro indirizzo determina effetti concreti di non poco conto incidenti sui costi dei protagonisti attivi dell'economia digitale. Pensiamo che occorrerebbe l'investimento in risorse apposite per rintracciare tutti i luoghi in cui si annida l'illecito e per garantire la conservazione nel tempo della bonifica digitale.

L'attività dell'ISP viene assimilata dalla legge ad attività pericolosa in corrispondenza della quale viene disposta la responsabilità oggettiva ex art. 2050 c.c.. Questo denota che la ratio adottata dal nostro ordinamento giuridico in materia segue il principio "cuius commoda, eius et incommoda". Pertanto può apparire giustificata l'adozione della tesi adesso sostenuta dal Tribunale di Roma 27 aprile 2016 RTI/Break.com, favorevole al titolare dei diritti, applicando tuttavia un “correttivo” consistente nel bilanciamento secondo proporzionalità di interessi contrapposti: quello della libertà di impresa da una parte e quello del titolare dei diritti dall'altra.

Conseguentemente se graviamo il gestore della piattaforma dell'obbligo di rimozione in presenza di diffida generica senza URL non possiamo gravarlo ulteriormente anche del monitoraggio per “i tempi a venire” della ricomparsa dei contenuti lesivi on line. Quest'ultimo monitoraggio dovrà essere eseguito a cura del titolare dei diritti che - in caso di riemersione degli illeciti - dovrà inoltrare apposita segnalazione al provider.

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