Omicidio stradale. Le novità della legge 41/2016Fonte: L. 23 marzo 2016 n. 41
30 Marzo 2016
Premessa
In data 24 marzo 2016 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 70 la legge 23 marzo 2016, n. 41 recante «Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274». Il provvedimento punisce con la reclusione da otto a dodici anni l'omicidio stradale colposo commesso da conducenti un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica grave o di grave alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope; in stato di ebbrezza o alterazione psicofisica meno grave laddove si tratti di conducenti che esercitano professionalmente l'attività di trasporto di persone e di cose. È, invece, punito con la pena della reclusione da cinque a dieci anni l'omicidio stradale colposo commesso da conducenti di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica con minore tasso alcolemico, che abbiano superato specifici limiti di velocità, che abbiano attraversato le intersezioni semaforiche disposte al rosso o abbiano circolato contromano, che abbiano effettuato manovre di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi, che abbiano effettuato sorpassi azzardati. La pena è diminuita fino alla metà quando l'omicidio stradale, pur cagionato da condotte imprudenti, sia conseguenza anche di una condotta colposa della vittima. La pena è aumentata se l'autore del reato non ha conseguito la patente (o ha la patente sospesa o revocata). Nel caso in cui il conducente provochi la morte di più persone ovvero la morte di una o più persone e le lesioni di una o più persone, la pena è aumentata fino ad un massimo di 18 anni. È prevista una specifica circostanza aggravante nel caso in cui il conducente, responsabile di un omicidio stradale colposo, si sia dato alla fuga (D'AURIA). Si tratta di un novum legislativo legato alla soddisfazione di logiche emergenziali (TRONCONE), connesse al fenomeno della criminalità stradale. Ora, ripercorrendo le proposte di legge susseguitesi nel tempo, va detto che alcune delle prime stesure proposte della norma prevedevano l'inserimento della fattispecie de quo nel codice penale dopo l'omicidio doloso (il disegno di legge n. 859 all'art. 575-bis, quelli n. 1378 e n. 1553 all'art. 577-bis), delineando così la punizione dell'omicidio stradale a titolo di dolo, sia pure normativamente eventuale. La proposta di legge n. 1378 puniva chiunque avesse cagionato la morte di una persona, ponendosi alla guida in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica dovuta all'uso di sostanze stupefacenti, ovvero procedendo ad una velocità superiore al doppio di quella consentita, ovvero si fosse dato alla fuga dopo l'incidente, senza tuttavia chiarire il profilo dell'elemento psicologico, preoccupandosi solo dell'aspetto sanzionatorio. La collocazione sistematica della norma, immediatamente dopo l'art. 577 c.p., che disciplina le circostanze aggravanti che accedono all'omicidio volontario, lasciava intendere che anche l'omicidio stradale fosse punibile a titolo di dolo. La proposta di legge n. 1553, invece, puniva all'art. 577-bis c.p. chiunque, ponendosi alla guida in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica dovuta all'uso di sostanze stupefacenti, ovvero si fosse dato alla fuga dopo l'incidente, avesse cagionato la morte di una persona. Anche in questo caso la norma era formulata in modo da non esplicitare se il conducente fosse punito a titolo di colpa o di dolo. Un'altra proposta di legge, infine, inseriva il delitto di omicidio stradale dopo quello di cui all'art. 586 c.p., che disciplina l'ipotesi di morte o lesioni come conseguenza non voluta di altro delitto (il disegno di legge n. 1357 all'art. 586-bis). Trattamento sanzionatorio e funzione rieducativa della pena
Orbene, già con riferimento al principio della funzione rieducativa della pena di cui all'art. 27 Cost. ed in generale alle istanze preventive della sanzione penale, che devono guidare il legislatore nella formulazione del tipo legale, la nuova fattispecie presenta aspetti problematici, essendo immediatamente percepibile l'esistenza di un sistema sanzionatorio ispirato alla mera deterrenza. Ed invero, il nuovo art. 589-bis c.p., Omicidio stradale, pur mantenendo ferma la previsione della pena della reclusione da due a sette anni nel caso di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (la previsione dell'art. 589, comma 2, c.p. precedente alla novella), punisce:
Sono poi previsti vari aumenti di pena: a) per il conducente che non abbia conseguito la patente di guida o abbia la patente sospesa o revocata o non abbia assicurato il proprio veicolo a motore (art. 589-bis, comma 6, c.p.); b) per il conducente che provochi la morte di più persone ovvero la morte di una o più persone e le lesioni di una o più persone: in tal caso prevede che si applichi la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni aumentata fino al triplo, fissando il tetto massimo in diciotto anni (art. 589-bis, comma 8, c.p.); c) per il conducente che, dopo aver cagionato l'omicidio stradale, si dia alla fuga (art. 589-ter c.p.): in tal caso l'aumento previsto va da un terzo a due terzi e in ogni caso non può essere inferiore a cinque anni. Ora, va ricordato che attualmente la fuga dopo un sinistro stradale è ipotesi criminosa che costituisce autonoma figura di reato, disciplinata dall'art. 189, comma 6, cod. strada, punita con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni. Quella di cui all'art. 589-ter c.p. costituisce, dunque, una ipotesi speciale rispetto alla fattispecie generale disciplinata dal codice della strada. Orbene, appare evidente che un aumento così drastico delle sanzioni, anche di quelle accessorie (in caso di omicidio stradale – anche quando venga concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena – è comunque disposta la revoca della patente di guida, con la previsione di tempi particolarmente lunghi per poterla conseguire nuovamente: nel caso di fuga in seguito ad omicidio stradale si arriva addirittura a trenta anni), risulta espressione di una concezione meramente retributiva e di deterrenza della pena, dunque, in tensione con il principio costituzionale del finalismo rieducativo della pena sancito dall'art. 27, comma 3, Cost., in funzione di specifiche esigenze risocializzative del condannato, oltre che con il canone della motivabilità razionale secondo norme. Venendo alla struttura della nuova fattispecie di cui all'art. 589-bis c.p., la stessa è costruita come delitto colposo (recita, infatti, il comma 2 dell'art. 589-bis c.p.: «Chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope …, cagioni per colpa la morte di una persona)», sicchè, non essendo testualmente voluto l'evento dall'agente, dovrebbe essere escluso per il futuro il ricorso da parte della giurisprudenza alla categoria del dolo eventuale, posto che allo stato la morte cagionata dal conducente di un veicolo a motore ebbro o in stato di alterazione psicofisica segue lo schema della imputazione colposa. Non è ancora chiaro se lo stato di ebbrezza o di stupefazione debba essere consapevole o se una siffatta consapevolezza non sia necessaria. L'eliminazione del termine consapevolmente, che era presente nel disegno di legge n. 859, farebbe propendere per la seconda ipotesi (D'AURIA): in breve, la nuova norma punisce il conducente che – volontariamente, per negligenza o imprudenza, consapevolmente ovvero inconsapevolmente – si pone alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica e cagioni per colpa la morte di una persona. Il profilo causale
La nuova norma pone poi – con specifico riferimento all'ebbrezza o alla alterazione psicofisica – il problema del profilo causale. Viene infatti in rilievo la causalità della colpa, vale a dire l'incidenza del comportamento colposo sulla verificazione dell'evento, posto che, dopo aver accertato la causalità della condotta, vale a dire il comportamento di guida del conducente abbia interferito nella causazione dell'evento, occorre verificare se la violazione della regola cautelare abbia in concreto contribuito a cagionare l'evento specifico verificatosi (FORTI; MARINUCCI; VENEZIANI). L'evento morte deve pertanto essere collegato eziologicamente allo stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica, in ossequio ai principi generali dell'ordinamento penale, essendo esclusa una punizione del versari in re illicita. Va in ogni caso ricordato che, con riferimento ai reati circostanziati previsti dal comma 2-bis dell'art. 186 cod. strada e dal comma 1-bis dell'art. 187 cod. strada, la suprema Corte richiede che sia accertato il coefficiente causale della condotta di guida rispetto al sinistro, ritenendo insufficiente il mero coinvolgimento nello stesso, in quanto equiparare tale ultima situazione alla condotta di chi provoca l'incidente costituirebbe una inammissibile ipotesi di analogia in malam partem. In altri termini, i giudici di legittimità hanno affermato che è necessaria l'individuazione di un obiettivo nesso di strumentalità–occasionalità tra lo stato di ebbrezza del reo e l'incidente dallo stesso provocato, non potendo certamente giustificarsi l'inflizione di un deteriore trattamento sanzionatorio a carico del guidatore che, pur procedendo illecitamente in stato di ebbrezza, sia stato coinvolto in un incidente stradale di per sé oggettivamente imprevedibile e inevitabile e in ogni caso privo di alcuna connessione con lo stato di ebbrezza del soggetto (Cass. pen., Sez. IV, 4 luglio 2013 n. 31360). Tale interpretazione, però, trova fondamento nella lettera della legge, che utilizza il verbo provocare (Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale […], recita il comma 2-bis in discorso), che ha significative implicazioni causali, per cui con riferimento all'art. 589-bis c.p. – che ha una formulazione non così esplicita – può solo auspicarsi una applicazione giurisprudenziale che richieda l'accertamento della incidenza dello stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica sulla verificazione dell'evento morte. Questioni relative al rispetto del principio di colpevolezza
Quanto al principio di colpevolezza, premesso che l'imputabilità è presupposto per la rimproverabilità al soggetto di un determinato comportamento da lui posto in essere, va detto che nelle ipotesi di ubriachezza o di stupefazione non accidentali, come oggi disciplinate, il giudizio di rimproverabilità si fonda sull'utilizzo massiccio di fictiones iuris, che costituiscono una deroga espressa alla regola che esige, ai fini della punibilità, la presenza della capacità di intendere e di volere al momento della commissione del fatto. Orbene, anche la costruzione della nuova fattispecie colposa si fonda su una fictio iuris che comporta la anticipazione della valutazione dell'elemento soggettivo ad un momento antecedente a quello in cui viene posta in essere la condotta incriminata, cioè quando il futuro conducente assume sostanze alcoliche o stupefacenti e non quando cagiona la morte del malcapitato di turno, momento questo in cui la capacità di intendere e di volere è presunta. Viene, ancora, in rilievo il rapporto tra il delitto di cui all'art. 589-bis c.p. e la contravvenzione di cui all'art. 186 cod. strada (ovvero con quella prevista dall'art. 187 cod. strada). Sul punto, va ricordato che per la giurisprudenza l'omicidio colposo – ma il discorso è identico per le lesioni colpose – aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale concorre con la contravvenzione del codice della strada (tra le tante, Cass. pen., sez. IV, 3 ottobre 2012 n. 46441). Per contro, la dottrina, facendo leva sul criterio del ne bis in idem sostanziale (D'AURIA), ritiene che in siffatte ipotesi sia applicabile la disciplina del reato complesso di cui all'art. 84 c.p., in cui i reati di guida in stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica dovuta all'uso di sostanze stupefacenti entrano a farvi parte in qualità di circostanze aggravanti. Tale impostazione fa leva sul criterio di assorbimento – che trova la sua ratio non in un rapporto logico tra norme ma in un rapporto di valore, per cui il giudizio di disvalore del fatto concreto viene ad essere compreso nella norma che prevede il reato più grave – e porta ad escludere il concorso di reati in tutte le ipotesi nelle quali la realizzazione di un reato comporta, secondo l'id quod plerumque accidit, la commissione di un secondo reato, il quale perciò finisce, ad una valutazione normativo–sociale, con l'apparire assorbito dal primo. In breve, si potrebbe affermare che l'omicidio colposo di cui all'art. 589-bis c.p., anche in considerazione dell'inasprimento delle sanzioni rispetto all'omicidio colposo semplice, assorba l'intero disvalore della condotta criminosa. La disciplina delle circostanze
Il legislatore, all'art. 590-quater c.p., ha previsto il divieto di equivalenza o prevalenza di eventuali circostanze attenuanti con le circostanze aggravanti di cui ai commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell'art. 589-bis c.p. e di cui all'art. 589-ter c.p., per cui le diminuzioni si operano sulla quantità di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti; lo stesso vale in relazione alle lesioni stradali con riferimento alle circostanze aggravanti di cui ai commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell'art. 590-bis c. p. e all'art. 590-ter c.p. In tal modo, si è evitato che il giudice possa bilanciare le circostanze ed addivenire all'irrogazione di una pena che possa scendere al di sotto del minimo edittale. È poi prevista una circostanza attenuante, per effetto della quale la pena è diminuita fino alla metà, quando l'evento, pur cagionato dalle condotte imprudenti sopra descritte, sia conseguenza anche di una condotta della vittima o di terzi, vale a dire qualora l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole, come recita il comma 7 dell'art. 589-bis c.p. Le modifiche processuali
Quanto ai profili processuali, vi è la previsione dell'arresto obbligatorio in flagranza nelle ipotesi di omicidio stradale, limitatamente ai casi disciplinati dai commi 2 e 3 dell'art. 589-bis c.p.; è, altresì, previsto l'arresto facoltativo in flagranza nei casi di lesioni colpose stradali gravi o gravissime. Altra modifica è rappresentata dalla vocatio in ius: è prevista la citazione diretta a giudizio innanzi al tribunale in composizione monocratica (e la sottrazione alla competenza del giudice di pace delle lesioni personali). Il reato di omicidio stradale, unitamente a quello di lesioni colpose stradali, è stato fatto poi rientrare tra quelli per i quali il P.M. può chiedere per una sola volta la proroga del termine di durata delle indagini preliminari. Quanto alle operazioni peritali ed ai prelievi di campioni biologici, con la novella dell'art. 224-bis c.p.p., è stata prevista la possibilità per il giudice, anche per il reato di omicidio stradale e per quello di lesioni personali stradali, di disporre con ordinanza motivata (e per il P.M. nei casi di urgenza – ove sussista il pericolo che dal ritardo possa derivare un grave ed irreparabile pregiudizio alle indagini – con decreto per il quale nelle quarantottore va chiesta la convalida al Gip, che deve provvedere nelle successive quarantotto ore) l'esecuzione coattiva del prelevamento di campioni biologici. Trattasi di disposizione la cui applicazione comporterà numerosi problemi, tenuto conto che fino ad ora il consenso dell'interessato non era ritenuto necessario solo per i prelievi effettuati in seguito al ricovero dopo il sinistro stradale e nell'ambito della sottoposizione a cure mediche, con la conseguenza che i risultati delle analisi svolte su prelievi ematici effettuati senza il consenso – ed al di fuori dei protocolli medici di pronto soccorso – erano inutilizzabili ai sensi dell'art. 191 c.p.p. (per violazione dell'art. 13 Cost.) atteso che il prelievo ematico costituisce una restrizione della libertà personale, garantita dalla riserva di legge che implica l'esigenza di tipizzazione dei casi e dei modi in cui la libertà personale può essere legittimamente compressa (D'AURIA. Cfr., Cass. pen., sez. IV, 10 dicembre 2013 n. 1522). Infine, deve essere segnalata la possibilità che la richiesta di rinvio a giudizio per il reato di cui all'art. 589-bis c.p. venga depositata entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari e che tra la data che in sede di udienza preliminare dispone il giudizio e quella fissata per il giudizio stesso non debba intercorrere un termine superiore a sessanta giorni.
(Fonte: www.ilpenalista.it) |