Il nuovo abuso del diritto o elusione fiscale

05 Ottobre 2015

L'art. 5 della L. 23/2014 (delega fiscale) – allo scopo di dare maggior certezza al sistema tributario ed ai rapporti tra fisco e contribuente – ha aperto la strada all'introduzione nel nostro ordinamento di una norma generale sull'abuso del diritto delineando una vera e propria anti-avoidance rule costruita sulle soluzioni definitorie elaborate dalla giurisprudenza.
Abuso ed elusione: unificazione della disciplina

Il D.Lgs. 128/2015 emanato in attuazione della delega colloca la nuova disciplina nel quadro dello Statuto dei diritti del contribuente mediante formulazione di un novello art. 10bis.

Questa collocazione muove dall'esigenza di plasmare un istituto che assurga a regime di “valenza generale” con riguardo a tutti i tributi, sia quelli “armonizzati”, per i quali l'abuso trova fondamento nei principi dell'ordinamento UE (che vietano operazioni realizzate al solo scopo di beneficiare surretiziamente dei trattamenti agevolati previsti dal diritto dell'Unione), sia quelli non armonizzati, per i quali il riferimento si rinviene nei principi costituzionali di capacità contributiva e progressività dell'imposizione (art. 53 Cost.).

Il nuovo art. 10-bis intitolato “Disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale”, dispone innanzitutto l' ”unificazione” della nozione di abuso del diritto con quella di elusione fiscale, per cui nell'articolato normativo i due termini sono da intendere equipollenti e utilizzabili indifferentemente.
Restando assorbite nell'abuso le ipotesi di elusione in precedenza riconducibili alle fattispecie tipiche previste dall'art. 37 bis del DPR 600/73, questa ultima norma é stata di conseguenza abrogata.

L'art. 10-bis è destinato ad essere applicato anche retroattivamente alle operazioni poste in essere in data anteriore alla entrata in vigore della legge (1° ottobre 2015) purchè non siano stati ancora emessi e notificati atti impositivi, restando in tal modo esentati dalle nuove regole gli accertamenti già notificati.


Presupposti

Sulla scorta della definizione di condotta abusiva contenuta nella delega quale “uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio di imposta, ancorchè tale condotta non sia in contrasto con alcuna specifica disposizione” ed in adesione alla tesi della “inopponibilità” dell'atto elusivo con potere dell'AF di “disconoscere” il relativo risparmio di imposta, l'art. 10 bis stabilisce che configurano “abuso del diritto” le operazioni:

1) prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali;

2) realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.

La previsione individua, quindi, tre presupposti per l'esistenza dell'abuso:

  • assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate;
  • realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
  • nesso causale tra vantaggio ed operazione abusiva (l'uno quale “effetto”dell'altra).

La norma chiarisce in modo analitico il significato dei termini utilizzati nella definizione di abuso, specificando cosa debba intendersi per : “operazioni prive di sostanza economica” e per “vantaggi fiscali indebiti”.

  • Sono “operazioni prive di sostanza economica” i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali.

A solo titolo esemplificativo la norma indica due indici di mancanza di sostanza economica: A) la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme; B) la non conformità degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato.

  • Sono “vantaggi fiscali indebiti” i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario.

I vantaggi fiscali indebiti che si realizzano per effetto dell'operazione priva di sostanza economica devono essere “predominanti” rispetto a tutti gli altri fini perseguiti dal contribuente, nel senso che il perseguimento del vantaggio deve essere lo scopo “essenziale” della condotta ancorchè non “esclusivo”.

L' ”essenzialità" è concetto rimarcato dalla norma che trova ragione in importanti precedenti comunitari (Halifax e Part Service) che hanno sempre costituito punto di riferimento privilegiato per la sensibilizzazione del giudice italiano sul tema dell'elusione fiscale.

Consegue che l'abuso del diritto può connotare, sia le operazioni compiute al solo scopo di realizzare un vantaggio fiscale senza altra convenienza economica, sia le operazioni compiute allo scopo di realizzare un vantaggio fiscale “prevalente” rispetto a quella convenienza economica.

Esimenti

La nuova normativa esclude dal connotato abusivo tutte le operazioni giustificate da “non marginali ragioni extrafiscali”, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa ovvero dell'attività professionale del contribuente.

In linea con gli insegnamenti della Suprema Corte andrà perciò adottata particolare cautela nel trovare una giusta linea di confine tra attività imprenditoriali eccessivamente aggressive e libertà di scelta delle forme giuridiche.

Non a caso la norma consente al contribuente di legittimamente perseguire un risparmio di imposta esercitando la propria libertà di iniziativa economica e scegliendo tra gli atti, i fatti e i contratti quelli meno onerosi sotto il profilo impositivo.
La scelta della via fiscalmente meno onerosa non è dunque implicitamente vietata dal sistema purchè non comporti un aggiramento ad obblighi o divieti posti dall'ordinamento.

Contraddittorio e onere delle prove

Come già previsto dall'art. 37 bis cit., è data possibilità al contribuente di presentare un'istanza di interpello preventivo all'Agenzia delle Entrate al fine di conoscere se le operazioni che intende realizzare costituiscano fattispecie di abuso del diritto.

L'A.F. sarà tenuta – innanzitutto – ad accertare l'abuso del diritto con apposito atto in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile l'elusione.

L'atto andrà preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti entro 60 giorni nel rispetto del c.d.”contradditorio endoprocedimentale” esteso oggi ad ogni genere d'imposta.
Secondo la più recente giurisprudenza europea (Kamino) l'omesso adempimento potrà caducare l'atto impositivo solo nella misura in cui risulti dimostrato che senza tale irregolarità il procedimento avrebbe avuto diversa conclusione.
L'atto dovrà inoltre contenere, sempre a pena di nullità, motivazioni analitiche in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, ai vantaggi fiscali realizzati, nonché ai chiarimenti forniti dal contribuente (motivazione c.d.”rinforzata”).

L'applicazione di tali disposizioni procedimentali resta espressamente esclusa dal settore doganale i cui controlli ed accertamenti trovano regolamentazione in specifica disciplina.
Secondo i principi generali sull'onere della prova spetterà all'A.F. dimostrare la sussistenza della condotta abusiva (vantaggi fiscali indebiti ed operazione priva di sostanza economica secondo i paradigmi delle lettere a + b della norma cit.) prospettando il disegno elusivo e le modalità di manipolazione degli schemi ordinari.

In particolare dovranno essere “riqualificate” le operazioni contestate secondo schemi usuali e leciti per farne risaltare singolarità ed anormalità siccome prive di reale contenuto economico e volte ad ottenere un mero risparmio di imposta: tanto in sintonia con la giurisprudenza europea che a tale metodologia di “ridefinizione” rimanda (Weald leasing).
A sua volta il contribuente dovrà fornire la “controprova” di valide ragioni economiche di natura extrafiscale e non marginali che hanno giustificato il particolare atteggiarsi dell'operazione contestata, cioè l'esistenza di motivi di miglior efficienza da apportare agli assetti dell'impresa e/o di strategie imprenditoriali che consigliavano l'impiego di quella forma organizzativa.

Sanzioni amministrative e penali

La norma peraltro esclude che l'abuso del diritto possa essere rilevato “d'ufficio” dal giudice tributario. La negazione del “sindacato antiabuso” esercitabile indipendentemente da specifiche domande od allegazioni di parte con possibilità di dichiarare in ogni tempo “l'inopponibilità” all'Erario del negozio elusivo lascia perplessi non operando in materia preclusioni di sorta (o vizi di ultrapetizione) nè sul “piano comunitario”, perché il diritto europeo è immediatamente applicabile al pari dello jus superveniens, nè “sul piano interno”, in quanto fenomeno attinente a situazioni “indisponibili” di ordine pubblico.

Il legislatore delegato ha poi inteso tener ferme le sanzioni amministrative tributarie perchè l'esclusione di ogni possibile conseguenza sanzionatoria sarebbe risultata eccessiva in rapporto all'esigenza di prevedere, nei congrui casi, un deterrente rispetto ad operazioni che, come quelle elusive, realizzano risultati comunque “indesiderati” dal punto di vista dell'ordinamento fiscale.
È stato comunque opportunamente chiarito che le operazioni elusive non possono dare luogo a fatti punibili a sensi delle leggi penali tributarie, restando così esclusa l'estensione della regolamentazione sanzionatoria a tale versante.


Invero, mentre la frode è un comportamento volutamente finalizzato a trarre in inganno o - comunque - a rendere arduo all'A.F. il cogliere la vera natura dell'operazione, presupponendo un certo artificio o grado di calliditas, l'abuso si compendia sostanzialmente nell'utilizzo ”inesatto” di una norma giuridica piegata a fini ultronei rispetto la sua ratio.

Conclusioni

In conclusione la stessa definizione di abuso suscettibile di insorgere “pur nel rispetto formale delle norme fiscali” postula l'assenza, nel comportamento elusivo, di tratti riconducibili ai paradigmi, penalmente rilevanti, della simulazione, della falsità, della frode e quant'altro che contrassegna fenomeni di “evasione” comunque realizzati.

E la locuzione “indipendentemente dalle intenzioni del contribuente” presente nella precedente versione del decreto delegato parrebbe eliminata proprio per evitare il rischio di una eccessivaoggettivizzazione” dell'abuso con incertezze applicative sul piano della perseguibilità delle condotte.

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