Esenzione da revocatoria (l. fall.)

Paolo Bosticco
24 Agosto 2016

Una delle principali novità della riforma concorsuale avviata con il D.L. n. 35/2005 è costituita dalla limitazione – non solo temporale – delle fattispecie nelle quali gli atti in astratto oggettivamente pregiudizievoli per gli altri creditori vengono mandati esenti da revocatoria dal comma 3 dell'art. 67 l. fall., che risulterà in tali casi inammissibile. Le esenzioni possono essere ricondotte a due tipologie fondamentali: quelle che derivano dalla volontà di proteggere talune tipologie di atti e quelle finalizzate ad incentivare l'utilizzo di strumenti preventivi e di composizione negoziale della crisi di impresa, con la “protezione” degli atti inerenti o funzionali alle procedure alternative al fallimento. 

Inquadramento

Una delle principali novità della riforma concorsuale è costituita dalla limitazione – non solo temporale – delle fattispecie nelle quali gli atti in astratto oggettivamente pregiudizievoli per gli altri creditori vengono mandati esenti da revocatoria dal comma 3 dell'art. 67 l. fall., che risulterà in tali casi inammissibile.

Le esenzioni possono essere ricondotte a due tipologie fondamentali: quelle che derivano dalla volontà di proteggere talune tipologie di atti (pagamenti “normali” dei fornitori, pagamento di stipendi, contratti preliminari non a fini speculativi) e quelle finalizzate ad incentivare l'utilizzo di strumenti preventivi e di composizione negoziale della crisi di impresa (atti e pagamenti previsti in un piano attestato ovvero che siano funzionali o costituiscano esecuzione di procedure di concordato o di ristrutturazione dei debiti), con la “protezione” degli atti inerenti o funzionali a tali procedure alternative al fallimento. In entrambi i casi, poi, si può ravvisare la presenza di valutazioni che si possono anche equiparare all'introduzione di casi di inscientia decoctionis presunta juris et de jure ovvero di esclusione della valenza pregiudizievole dell'atto.

Alle fattispecie previste dal terzo comma dell'art. 67 l. fall. si aggiunge quella prevista dall'art. 70 l. fall. che vale a limitare soprattutto la possibilità di esercitare la revocatoria nei confronti degli istituti di credito.

La limitazione delle fattispecie passibili di azione revocatoria

Una delle prime impressioni di tutti gli interpreti di fronte alla riforma concorsuale avviata con il D.L. n. 35/2005 è stata quella della volontà del legislatore di “depotenziare” la revocatoria e ciò ovviamente, innanzi tutto, con riguardo al dimezzamento del “periodo sospetto”, ma anche per effetto dell'introduzione del terzo comma dell'art. 67 l. fall. che di fatto manda esenti da revoca una serie di atti e negozi giuridici (G. B. Nardecchia, Le esenzioni dalla revocatoria. Piani attestati. Accordi di ristrutturazione. Concordato preventivo, in A. Jorio, Fallimento e concordato fallimentare, Torino, 2016, 1473 ss.), relegando quasi la revocatoria al ruolo di ipotesi eccezionale (R. Amatore, Il regime normativo delle esenzioni nelle revocatorie, in Fall., 2014, 745).

Non vi è dubbio che la volontà del legislatore sia stata quella di escludere gli effetti della revocatorie che nella evoluzione pratica dell'istituto venivano sentiti come “ingiusti”, vuoi per la natura degli interessi perseguiti dalla parte che avrebbe visto caducati gli atti compiuti (si pensi all'acquisto della “prima casa”) o per gli effetti penalizzanti della revocatoria così come applicata in giurisprudenza (e qui il pensiero va alla revoca delle rimesse bancarie consentita a prescindere dall'effettivo rientro).

Di fatto, poi, le fattispecie esonerate non possono essere ricondotte ad un comune denominatore; si sono, in tal senso, individuate tre tipologie di esenzioni: a) quelle finalizzate a favorire la prosecuzione dell'attività di impresa; b) quelle funzionali al superamento della crisi; c) quelle mirate a tutelare certune categorie di soggetti (R. Amatore, Il regime normativo delle esenzioni nelle revocatorie, cit., 746), ma non mancano altre suddivisioni (cfr. G. Lo Cascio, Codice commentato del fallimento, Milano, 2008, 543; G. B. Nardecchia, Le nuove esenzioni del terzo comma dell'art. 67 l. fall., in Fall., 2009, 14 ss.).

Volendo, invece, tornare a quanto si diceva in merito alla centralità del concetto di percezione dello stato di insolvenza nella struttura delle ipotesi di inefficacia, si potrebbe dire che, se per gli atti sanzionati all'art. 64 l. fall. prevale la considerazione per l'assenza di danno per il terzo revocato e se nell'art. 65 l. fall. si ipotizza una presunzione assoluta di scientia connessa con l'anomalia del pagamento anticipato, presunzione che diviene presunzione semplice nelle fattispecie di cui al primo comma dell'art. 67 l. fall. in funzione della anomalia degli atti e che viene meno nelle ipotesi del comma 2 dell'art. 67 l. fall. ove la prova dell'elemento soggettivo è a carico del curatore; viceversa per gli atti esonerati da revocatoria ai sensi del comma 3 dell'art. 67 l. fall. sembra ipotizzarsi, per un verso, una presunzione assoluta di inscientia, seppure non legata a valutazioni oggettive, ma ad una volontà “protettiva” ovvero, in altri casi, l'esclusione ex lege dell'eventus damni (anche se, come osserva D. Galletti, Le nuove esenzioni dalla revocatoria fallimentare, in GComm, 2007, I, 163 ss., tale elemento avrebbe dovuto essere oggetto di una espressa previsione; osservazione cui, peraltro, si può replicare che l'eventus damni è presunto, ma è ammesso provare l'assenza di danno, ad esempio per i pagamenti di crediti privilegiati, il che rende meno improbabile la ricostruzione).

Ed invero, si potrebbe ritenere che il soggetto che riceve pagamenti regolari non abbia ragione di andare a verificare se il debitore sia solvibile (posto che tale si dimostra appunto pagando regolarmente) e che, di contro, allorchè gli atti si inseriscano all'interno di un progetto di risanamento, ove non si possa ipotizzare che il terzo sia legittimamente indotto a ritenere di non ledere con il compimento dell'atto, ove questo debba condurre al risanamento (come nel piano attestato), la par condicio, parrebbe che l'esenzione sia voluta per favorire la composizione alternativa della crisi e la continuità aziendale (ma, in realtà, anche l'esenzione dei pagamenti risponde all'esigenza di evitare il blocco dell'attività dell'impresa in odore di fallimento: cfr. G. Cavalli, Commento all'art. 67, in A. Jorio – M. Fabiani, Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2006, 946; per alcune fattispecie, come l'esenzione per i pagamenti a favore di dipendenti si potrebbero ipotizzare entrambe le ragioni (salvo chiedersi, come fa L. Boggio, L'esenzione da revocatoria per “corrispettivi per prestazioni di lavoro”: una previsione eccezionale per la conservazione dell'impresa, in GI, 2014, 2506 se in realtà non vi siano casi di esenzione semplicemente connesse con un favor che induce a superare la tutela della parità di trattamento dei creditori e persino il dato della percezione dell'insolvenza).

Il tentativo di ricostruire le ragioni sistematiche delle esenzioni dalla revocatoria, tuttavia, non toglie che si tratta di scelte innovative del legislatore, di modo che le stesse non potranno essere invocate in relazione ad atti compiuti anteriormente all'entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 67 l. fall. (Cass., Sez. VI, 18 febbraio 2016, n. 3237), così come si deve ritenere si tratti di una disciplina di natura eccezionale, e ciò comporta che le fattispecie esonerate dovrebbero essere interpretate in modo restrittivo (Trib. Napoli, 15 novembre 2013).

In evidenza: Cass., sez. I, 8 giugno 2012, n. 9375

Respingendo la tesi che vorrebbe attribuire natura meramente interpretativa alla nuova disciplina limitativa sulla revocabilità delle rimesse bancarie, la Suprema Corte con sent. 9375/2012 ha confermato che l'esenzione prevista alla lett. b) del comma 3dell'art. 67 l. fall., in quanto disciplina innovativa, non può applicarsi alle azioni revocatorie promosse nell'ambito di procedure concorsuali avviate prima dell'entrata in vigore della riforma introdotta con il D.L. 35/2005 (nello stesso senso, Cass., Sez. I, 8 marzo 2007, 5346).

Gli atti esonerati in funzione della loro tipologia

Si potrebbe ipotizzare che alla prima tipologia di atti possano essere ricondotte le esenzioni per:

  • i pagamenti effettuati nell'esercizio dell'attività di impresa e nei termini d'uso.
  • le rimesse in conto corrente bancario che non abbiano ridotto in modo consistente e durevole l'esposizione;
  • gli acquisti di immobili destinati ad uso abitativo dell'acquirente o dei suoi congiunti ovvero a costituire la sede principale dell'impresa, purchè stipulati ad un prezzo equo
  • i pagamenti a favore di lavoratori dipendenti e collaboratori, anche se non subordinati.

Iniziando dalla prima causa di esenzione, premesso che essa tutela solo i pagamenti e non agli atti a titolo oneroso e la costituzione di garanzie (M. Spiotta, Le esenzioni previste dall'art. 67, comma 3, lett. a), b), c), f), in 1554; con il rischio, segnalato da F.S. Martorano, L'esenzione dalla revocatoria dei pagamenti "nei termini d'uso", in DF, 2006, I, 189, che l'effetto “tranquillizzante” dell'esonero sia frustrato dal timore di revoca del negozio da cui trae titolo) occorre evidentemente chiarire quando i pagamenti possono ritenersi effettuati “nei termini d'uso”.

Orbene, se si muove dalla tesi che riconduce l'esenzione ad una sorta di presunzione di inscientia, evidentemente varrà il medesimo ragionamento che ha indotto il legislatore a sanzionare al primo comma dell'art. 67 l. fall. i pagamenti “anomali” (anche perché in genere, osserva D. Galletti, Le nuove esenzioni dalla revocatoria fallimentare, cit., 169, il monitoraggio del creditore si svolge proprio sulle modalità di adempimento): saranno perciò esenti i pagamenti effettuati con mezzi ordinari (Trib. Salerno, 3 febbraio 2015), ma non potrà essere ritenuto effettuato nei termini d'uso il pagamento con mezzi anormali (Trib. Bergamo, 26 aprile 2013) ovvero ottenuto coattivamente dal creditore (M. Spiotta, Le esenzioni previste dall'art. 67, cit., 1561, peraltro, recentemente, Cass., Sez. I, 17 febbraio 2016, n. 3136 ha ritenuto esonerato il pagamento mediante assegni posdatati) ed in tal senso si apprezza anche il limite dell'inerenza dei pagamenti all'esercizio di impresa che secondo taluni potrebbe escludere l'esenzione per quelli effettuati da società non ancora operativa (S. Vincre, Le nuove norme sulla revocatoria fallimentare, in RDProc, 2005, 877 ss.) o in liquidazione (Trib. Napoli, 17 maggio 2014; G. Rago, Manuale della revocatoria fallimentare, Padova, 2006, 864; S. Fortunato, L'incerta riforma della legge fallimentare, in Cor. G., 2005, 600; contra M. Spiotta, Le esenzioni previste dall'art. 67, cit., 1558; P. Menti, La revoca dei pagamenti nell'esercizio dell'impresa alla prova della tesi antindennitaria delle Sezioni Unite, in Fall., 2007, 505 s.) nonché per i pagamenti connessi con operazioni straordinarie (Trib. Bergamo, 14 novembre – 14 dicembre 2012, in questo portale, con nota di Clemente, Le esenzioni da azione revocatoria di cui all'art. 67, comma 3, lett. a) e g) l. fall.).

In evidenza: Cass., sez. I, 23 dicembre 2015, n. 25928

In relazione al limite dell'esenzione in relazione alla normalità del mezzo di pagamento, con sentenza 25928/2015 la Suprema Corte ha confermato che deve considerarsi revocabile ai sensi del comma 1 dell'art. 67 l. fall. il pagamento eseguito con una delegazione di pagamento, posto che costituiscono mezzi normali di estinzione del debito solo quelli comunemente in uso nella prassi commerciale, ovvero gli assegni circolari e bancari ed i vaglia cambiari.

Pare, tuttavia, allo scrivente che si debba adottare un'interpretazione più rigida, nel senso che, per giustificare l'esenzione, il pagamento debba avvenire in modo tale da non indurre l'accipiens a sospettare una situazione di insolvenza e quindi nel rispetto dei termini usuali (Trib. Torino, 23 aprile 2009), nella duplice accezione di modalità solutoria solitamente adottata dalle parti nei loro rapporti negoziali ovvero di prassi comunemente praticata nel settore merceologico (Trib. Milano, 19 novembre 2012; R. Amatore, Il regime normativo delle esenzioni nelle revocatorie, cit., 750; P. Menti, La revoca dei pagamenti nell'esercizio dell'impresa, cit., 507 ss.); in tal senso, non mi convince la tesi di G. Cavalli, Commento all'art. 67, cit., 946, che ricollega l'espressione alla normalità delle prestazioni rispetto alla attività di impresa (la norma, invero, fa espresso riferimento all'esonero dei pagamenti e semmai l'inerenza all'attività di impresa è un presupposto, non l'oggetto della tutela); mi pare invece corretta la tesi giurisprudenziale che non ravvisa un pagamento esonerato ogni volta che il debitore non paghi rispettando i termini pattuiti (Trib. Salerno, 3 febbraio 2015; Trib. Monza, 24 aprile 2012, salvo valutare come “normale” un ritardo che risulti ordinariamente concesso nel settore oppure, come ritiene Trib. Milano 16 luglio 2013, si dimostri conseguente ad una modifica dei rapporti tra le parti; sul punto, peraltro, B. Quatraro – M. Giorgetti – A. Fumagalli, Revocatoria ordinaria e fallimentare, Milano, 2009, 23 ritiene si debba dare rilievo preminente alle modalità in uso tra le parti e non a quelli generali) ed in particolare a seguito di iniziative recuperatorie del creditore (Trib. Milano, 4 marzo 2013) o di risoluzione del contratto (Trib. Busto Arsizio, 7 aprile 2014); critico, sul punto, G. Cavalli, L'esenzione dalla revocatoria fallimentare dei pagamenti eseguiti nei termini d'uso, in Fall., 2010, 369, il quale ritiene che la ratio della norma sia di consentire la prosecuzione delle forniture, di modo che non avrebbe senso revocare i pagamenti in ritardo; peraltro, allo scrivente pare che l'esenzione sia da applicare restrittivamente, considerando che la finalità di consentire la prosecuzione dell'attività è stata sì considerata dal legislatore, ma nell'ambito di ipotesi “codificate” di risanamento esentate a parte.

Quanto alla limitazione alla revocabilità delle rimesse bancarie, si veda infra.

L'esenzione degli acquisti immobiliari conferma la centralità del concetto di normalità, tant'è che vanno esenti da revoca solo gli acquisti – con estensione anche ai preliminari di vendita trascritti a norma dell'art. 2645-bis c.c. – che siano attuati al giusto prezzo; originariamente, invero, l'esonero riguardava solo gli acquisti con finalità abitative e solo con il D.L. 83/2012 il beneficio è stato esteso agli acquisti dell'immobile strumentale per l'esercizio dell'attività di impresa. Il limite del giusto prezzo sembra poter essere messo in relazione – ma si tratta solo di una opzione semplificativa, poiché la norma non lo precisa (cfr. S. Ambrosini – G. Cavalli – A. Jorio, Il fallimento, Padova, 2009, 437 s.) – con il parametro legale del 25% oggi introdotto a determinare la sproporzione ai fini della revocatoria prevista al n. 1 del primo comma dell'art. 67 l. fall. (M. Spiotta, Le esenzioni previste dall'art. 67, cit. 1582; B. Meoli, Vecchie e nuove esenzioni dalla revocatoria fallimentare, in Giur. Comm, 2006, I, 233); secondo taluni, in caso di sproporzione superiore al quarto l'esenzione non opererebbe mai, laddove per differenze di minor entità sarebbe comunque possibile la revocatoria, salvo l'onere del curatore di provare la scientia (M. Fabiani, L'alfabeto della nuova revocatoria fallimentare, in Fall., 2005, 583).

Quanto al pag amento dei dipendenti e collaboratori, anche in questo caso l'esenzione incontra un duplice limite, soggettivo ed oggettivo: per un verso, saranno esonerati solo i pagamenti a favore di dipendenti e collaboratori dell'impresa – non quindi, ad esempio, i pagamenti a dipendenti distaccati (Trib. Roma, 18 giugno 2013) né ai legali delle controparti, mancando un rapporto con l'impresa fallita (Trib. Napoli, 24 febbraio 2012) di contro, l'esenzione è limitata al pagamento delle competenze retributive, tant'è che si è ritenuto revocabile il pagamento che derivi invece da un accordo transattivo di tipo novativo (Trib. Napoli, 15 novembre 2013); ove non si ricolleghi l'esenzione alla medesima presunzione di inscientia di cui si è detto in relazione ai pagamenti nei termini d'uso, bensì alla sola volontà di tutelare una categoria debole, diventa arduo estendere l'esenzione anche a collaboratori apicali (M. Spiotta, Le esenzioni previste dall'art. 67, cit., 1586); in tal senso, E. Bertacchini, Commento all'art. 67, in A. Jorio – M. Fabiani, Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2006, 1006 e L. Boggio, L'esenzione da revocatoria per “corrispettivi per prestazioni di lavoro”, cit., 2509, ricomprendono, oltre ai lavoratori autonomi legati all'impresa, non solo gli agenti ed i collaboratori autonomi alle dipendenze dell'imprenditorie, ma anche i professionisti, estensione – che oltretutto si sovrapporrebbe a quella specifica di cui beneficiano le prestazioni professionali funzionali alla soluzione della crisi di impresa – sulla quale è lecito qualche dubbio, trattandosi di soggetti comunque con più spiccata autonomia, ma che avrebbe un senso se si dovesse ritenere che la ratio della norma sia di favorire la prosecuzione regolare dell'attività di impresa con l'apporto dei suoi collaboratori, che non dovrebbero temere la revocatoria grazie ad una presunzione assoluta di inscientia che esonera da revoca il pagamento delle retribuzioni.

Segue: esenzioni connesse con la finalità dell'atto

Alla seconda categoria di esenzioni, volte a favorire l'utilizzo delle procedure minori possono ricondursi le lettere d), e) e g) che esonerano da revocatoria:

  • gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in conformità ad un piano attestato nelle forme previste alla lett. d) del comma 3 dell'art. 67 l. fall.
  • gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione di una delle procedure alternative di soluzione delle crisi di impresa;
  • i pagamenti, se eseguiti alla scadenza, dei debiti funzionali all'accesso alle procedure minori.

Con riguardo all'esenzione connessa con il deposito di un piano attestato, la stessa sembra riservata ai creditori che abbiano contrattato con l'impresa a rischio di insolvenza essendo informati che gli atti compiuti si iscrivevano nell'ambito di un progetto di risanamento certificato dall'attestazione prevista alla lett. d) del terzo comma dell'art. 67 l. fall. (G. B. Nardecchia, Le esenzioni dalla revocatoria, cit., 1495); si deve sottolineare che la peculiarità dell'esenzione sta nella non riconducibilità del piano attestato ad una procedura concorsuale, il che comporta peraltro che ai creditori che non credano nel risanamento resta comunque concessa la facoltà di agire esecutivamente e di chiedere il fallimento (G. Guerrieri, Il controllo giudiziale sui piani attestati, in Giur. Comm., 2012, I, 385 ss.). Affinché operi l'esenzione, l'atto deve costituire esecuzione del piano di risanamento (G. Falcone, I piani di risanamento, in A. Didone (a cura di) Le riforme della legge fallimentare, Torino, 2009, 763; D. Benincasa, I piani attestati di risanamento, in A. Caiafa (a cura di) Le procedure concorsuali, Padova, 2011, 1300), e quindi dovrà esservi previsto, anche se taluni ritengono sufficiente una indicazione per categoria nella quale rientri l'atto che si vuole esonerare da revoca (G. Meo, I piani di risanamento previsti dall'art. 67 l. fall., in Giur. Comm., 2011, I, 46; V. Donato, Revocatoria delle rimesse bancarie ed esenzioni dalla revocatoria a fronte di piani di risanamento: profili tecnico-aziendalistici, in Dir. Fall., 2006, I, 394); in tal senso, peraltro, non potrà esservi esonero in caso di piano troppo generico o se l'atto non sia con esso coerente (D. Galletti, Le nuove esenzioni dalla revocatoria fallimentare, cit., 185).

Nulla quaestio sull'esenzione degli atti compiuti in esecuzione (dell'abrogata amministrazione controllata) del concordato preventivo – ivi compresi gli atti legalmente compiuti dopo il deposito della domanda “con riserva” – e degli accordi di ristrutturazione di cui all'art. 182-bis l. fall., esenzione che in particolare opera anche per le garanzie connesse con la concessione di nuova finanza e previste nell'accordo (Trib. Milano, 20 novembre 2013). L'esenzione nel caso dell'accordo di ristrutturazione incontra il limite oggettivo della previsione dell'atto nel piano che accompagna la proposta ai creditori (B. Meoli, Vecchie e nuove esenzioni dalla revocatoria fallimentare, cit., 219)

Da segnalare la limitazione prevista per gli atti compiuti a seguito del deposito del ricorso ai sensi del sesto comma dell'art. 161 l. fall., che implica il rispetto dei limiti autorizzativi prescritti al settimo comma della stessa norma ovvero, per le fattispecie peculiari ivi disciplinate, i vincoli formali dettati dall'art. 182-quinquies l. fall. (Trib. Catania, 18 marzo 2013).

L'esonero da revocatoria previsto alla lett. g) per le prestazioni funzionali all'ammissione a procedure minori, invece, appare limitato ai soli pagamenti e viene riconosciuto solo se questi avvengono alla scadenza pattuita; la norma non chiarisce in quale misura sia sindacabile la strumentalità o meno del servizio ai fini della successiva procedura concorsuale, ma pare evidente che la valutazione dovrà essere condotta ex ante; peraltro, Trib. Bergamo, 14 dicembre 2012, cit., esclude che l'esenzione si applichi a servizi solo genericamente strumentali alle successive procedure, quali l'incarico di revisione della contabilità.

Segue: esenzione da revocatoria ed esito negativo delle procedure alternative

Con riguardo alle fattispecie esonerative collegate al favor legislativo per le procedure alternative di composizione della crisi, la questione più rilevante è se ed in quale misura l'esenzione possa venir meno in funzione dell'esito negativo di tali procedure.

In realtà, la domanda palesa da subito una sua contraddittorietà: poiché l'azione revocatoria è proponibile solo nel fallimento, è evidente che l'operatività dell'esenzione è stata voluta proprio per l'ipotesi in cui fallisca il tentativo di risanamento o la ristrutturazione del debito mediante concordato preventivo o accordo ai sensi dell'art. 182-bis l. fall. Risulta, quindi, evidente che l'ipotizzare un sindacato ex post in merito alla idoneità del progetto di risanamento e/o ristrutturazione del debito significherebbe frustrare la ratio delle esenzioni, rendendo vieppiù incerta la sorte degli atti che invece il legislatore ha voluto esenti dal rischio di revoca. In tal senso, non pare condivisibile il rigore di Trib. Bergamo, 14 dicembre 2012, cit., che ritiene revocabili i pagamenti eseguiti per l'accesso ad un concordato non solo quando il debitore decida di non presentare la domanda, ma anche quando essa venga dichiarata inammissibile.

Semmai, potrà essere consentito un sindacato in merito all'inerenza degli atti alla procedura minore, vuoi sotto il profilo formale (ad esempio con riferimento agli atti non autorizzati nelle forme previste all'art. 167 l. fall.), vuoi sotto il profilo sostanziale, quando sia palese che gli atti compiuti non sono coerenti con le procedure avviate o peggio risultano in contrasto con le finalità perseguite o del tutto inutili (G. Cavalli, Commento all'art. 67, cit., 997).

In evidenza: Cass., Sez. I, 14 gennaio 2016, n. 509

La Suprema Corte, con sentenza 509/2016 ha ritenuto che, in caso di risoluzione del concordato preventivo, siano revocabili, con azione proponibile nel quinquennio prescrizionale, gli atti che, pur inerendo alla procedura concordataria, appaiano estranei alle finalità dell'istituto, in quanto eseguiti al di fuori delle prescrizioni dettate con l'omologazione ovvero in violazione della par condicio creditorum o dell'ordine delle prelazioni; similarmente App. Torino, 21 febbraio 2012 ritiene revocabili gli atti compiuti in forza di un decreto di omologa non passato in giudicato e poi caducato a seguito di reclamo ex art. 183 l. fall.

Il problema più serio sul punto è sicuramente quello della proponibilità della revocatoria nei riguardi di atti “coperti” da un piano attestato: anzitutto, perché qui la protezione non inerisce ad atti compiuti in una procedura concorsuale (chè tale non è il piano attestato) ed inoltre in quanto il piano attestato dovrebbe essere uno strumento che consente di evitare il dissesto con il pagamento integrale dell'esposizione (salva la conclusione di accordi a stralcio, come osserva G. B. Nardecchia, Le esenzioni dalla revocatoria, cit., 1499), essendone da un lato escluso l'utilizzo per imporre una falcidia sui crediti e postulandosi d'altro canto una finalità di regolare ripresa dell'attività (non essendo ammessa quindi l'esenzione per piani di tipo liquidatorio, come osserva S. Vincre, Le nuove norme sulla revocatoria fallimentare, cit., 886), sì che il fallimento ne attesta l'esito negativo.

Tuttavia, anche in questo caso, se non si vuole frustrare la ratio della norma, occorre rifuggire dalla tentazione di sindacare ex post il piano sulla base del suo fallimento (I. Arcuri – P. Bosticco, Il piano di risanamento attestato e il nuovo sovraindebitamento, Milano, 2014, 101 ss.): è, infatti, indubbio che con l'esenzione da revocatoria di atti dispositivi attuati sulla base di un piano unilaterale si è inteso tranquillizzare i creditori che operano con l'impresa in difficoltà, con il fine consentire la regolarità dei rapporti negoziali (G. Iannaccone, Accordi di ristrutturazione e piani di risanamento: riflessioni a margine di un caso concreto, in S. Ambrosini (a cura di), Le nuove procedure concorsuali, Bologna, 2008, 612).

Si dovrà quindi dare rilievo prevalente alla valenza fidefacente dell'attestazione (F. Santangeli, Auto ed etero tutela dei creditori nelle soluzioni concordate delle crisi d'impresa (il piano di risanamento, l'accordo di ristrutturazione, il concordato preventivo) - Le tutele giudiziali dei crediti nelle procedure ante crisi, in Dir.Fall., 2009, I, 614) e non potendosi pretendere che il terzo, che rimane soggetto estraneo alla predisposizione del piano (S. Bonfatti, Gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, in A. Didone (a cura di) Le riforme della legge fallimentare, Torino, 2009, 705) vada a valutare l'idoneità o meno del piano stesso (P. Bosticco, Sull'estensione della protezione ex art. 67 lett. d) l. fall. per gli atti compiuti in relazione ad un piano di risanamento attestato, in sito Il Fallimentarista.it). Pare corretto, invece, escludere che siano esonerati da revoca solo le situazioni in cui sussista un vizio formale quale l'assenza dell'attestazione o quando si sia in presenza di una attestazione “incerta” o condizionata (sul punto, G. Villanacci – A. Coen, La gestione della crisi di impresa e i piani attestati di risanamento ai sensi dell'art. 67, 3° comma, lett. d) legge fallim., in Dir.Fall., 2013, I, 115; P. Piscitello, Piani di risanamento e posizione delle banche, in Banca, borsa, 2007, I, 545), oppure in genere quando il terzo sia a conoscenza dell'inidoneità del piano di risanamento (B. Meoli, Vecchie e nuove esenzioni dalla revocatoria fallimentare, cit., 223 s.) o peggio, sia partecipe di un intento fraudolento e preferenziale (I. Arcuri – P. Bosticco, Il piano di risanamento attestato, cit., 108) ovvero ancora in relazione agli atti compiuti in un momento in cui si sia già evidenziata un'inidoneità del piano (sopravvenuta o originaria, ma non ravvisabile) al superamento della crisi (G. B. Nardecchia, Le esenzioni dalla revocatoria, cit. 1519), ad esempio in quanto non risulta essersi verificato un evento che costituisca il presupposto per il risanamento (M. Ferro, Il piano attestato di risanamento, in Fallim., 2005, 1363).

L'esenzione da revocatoria di cui all'art. 70 l. fall. e le rimesse in conto corrente bancario

Alla limitazione introdotta alla revocabilità delle rimesse su conto corrente bancario per effetto dell'esenzione di cui alla lett. b) del terzo comma dell'art. 67 l. fall. se ne aggiunge una ulteriore, dettata dall'art. 70 l. fall., che nell'ambito dei rapporti continuativi, ivi compresi i conti bancari, l'importo revocabile è limitato alla differenza tra l'ammontare massimo dell'esposizione, nel periodo per il quale è provata la scientia decoctionis, e l'ammontare del debito residuo all'apertura del concorso (Trib. Novara, 31 agosto 2006).

Sul punto è necessaria una lettura unitaria delle disposizioni (cfr. S. Ambrosini – G. Cavalli – A. Jorio, Il fallimento, Padova, 2009, 435; L. Quagliotti, Il conto corrente bancario, le rimesse e l'esposizione debitoria nel nuovo corso della revocatoria fallimentare, in Fall., 2009, 103 ss.) orientata dalla considerazione per gli arresti cui era pervenuta la giurisprudenza ante riforma (sul punto, v. S. Bonfatti, La “esenzione” dall'azione revocatoria, in L. Panzani (dir. da), Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Torino, 2012, 214 ss.); ed invero, come ribadito di recente da Cass., sez. I, 29 marzo 2016, n. 6042, l'esenzione non si sostituisce, ma si aggiunge al limite di revocabilità già in passato adottato, legato alla natura solutoria delle rimesse, che viene riconosciuta solo quando queste pervengano su conto scoperto o scoperto oltre il fido (Trib. Udine, 16 aprile 2012, in Fall., 2012, 963, con nota di L. Guglielmucci, Revocatoria delle rimesse e scopertura del conto corrente), criterio che i primi commentatori ipotizzavano invece come superato per effetto della disciplina riformata (A. Nigro, Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie, in Nigro-Santulli-Santoro, La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, 931; (N. Abriani - L. Quagliotti, An e quantum della “novissima” revocatoria delle rimesse bancarie, in Fall., 2008, 380) anche se – a mio avviso giustamente – qualche commentatore (R. Amatore, Il regime normativo delle esenzioni nelle revocatorie, cit., 752) ipotizza che il testo riformato consenta la revoca in tutti i casi in cui il conto sia stato chiuso o “congelato” (App. L'Aquila, 15 luglio 2011; Trib. Brescia, 29 aprile 2008, in Fall., 2009, 101 con nota di Quagliotti; M. Spiotta, Le esenzioni previste dall'art. 67, cit., 1570) e quindi se, al di là della formale esistenza di un fido, il conto sia stato di fatto movimentato al rientro (L. Guglielmucci, Revocatoria delle rimesse e scopertura del conto corrente, cit., 971), che peraltro deve essere consistente e durevole, espressioni che introducono un giudizio discrezionale come tale foriero di potenziali discrasie interpretative; non è, anzitutto, chiaro per quanti giorni il rientro debba essere duraturo, per essere revocabile salvo che si voglia spingere a considerare “durevole” come sinonimo di definitivo nel senso voluto all'art. 70 l. fall. (come ipotizza G. Cavalli, Commento all'art. 67, cit., 967), oppure si voglia ipotizzare un sindacato sul riutilizzo delle somme accreditate (sul punto, D. Galletti, Le nuove esenzioni dalla revocatoria fallimentare, cit., 179), volendo così ipotizzare un mero recepimento della tesi che esclude da revoca le “operazioni bilanciate”, salvo che in tal caso occorrerebbe fare i conti con la corrente restrittiva che considera tali solo le rimesse che per identità di importo e tempistica siano direttamente ricollegabili all'accredito o quando si dimostri la pattuizione del riutilizzo tra banca e correntista (cfr. da ultimo, Cass., Sez. I, 29 luglio 2014, n. 17195).

Di contro, non è precisato se il secondo presupposto della consistenza del rientro sia riferito all'importo delle rimesse in senso oggettivo o in rapporto allo scoperto ovvero ancora in funzione degli importi che il correntista era solito movimentare (Cfr. S. Ambrosini – G. Cavalli – A. Jorio, Il fallimento, cit., 431 ss.; N. Abriani - L. Quagliotti, An e quantum della “novissima” revocatoria delle rimesse, cit., 384 ss.).

In evidenza: Trib. Ferrara, 14 maggio 2012

Posto che la normativa esime da revoca solo le rimesse in conto corrente, la sentenza di merito citata esclude sfuggano alla revocatoria, non costituendo rimesse, bensì pagamenti veri e propri, né gli accrediti pervenuti da clienti della fallita, oggetto di anticipazione bancaria, che l'istituto di credito trattenga a compensazione dei propri crediti operando su un mero conto di appoggio, né gli accrediti ad estinzione di un debito per concessione di finanziamenti.

Tra le esenzioni di cui beneficia più in generale il sistema finanziario si deve aggiungere quella introdotta dalla L. n. 21 febbraio 1991 n. 52 in tema di factoring, che nell'ambito dei rapporti di impresa esime da revoca i pagamenti effettuati dal debitore ceduto al cessionario (anche se ottenuti coattivamente, come precisa Cass., Sez. I, 10 febbraio 2006, n. 2990, in Fall., 2006,1155, con nota di Genoviva), facendo invece salva le revocabilità nei confronti del cedente che conoscesse l'insolvenza del debitore ceduto (B. Quatraro – M. Giorgetti – A. Fumagalli, Revocatoria ordinaria e fallimentare, cit., 28 ss.; G. Terranova, La nuova disciplina delle revocatorie fallimentari, in DF, 2006, I, 266).

Di tutt'altro genere e di natura eccezionale (Cass., Sez. I, 26 gennaio 1999, n. 684) è, per completezza, l'esenzione da revocatoria di cui beneficia a norma dell'art. 68 l. fall. il possessore di una cambiale che debba accettarne il pagamento per non perdere l'azione di regresso; in realtà, qui l'azione si trasferisce semplicemente su altro soggetto, ovvero sull'ultimo obbligato in via di regresso che abbia girato il titolo conoscendo l'insolvenza del debitore principale.

Effetti ed estensione

La ricostruzione più logica della sanzione processuale per l'azione revocatoria che sia rivolta nei confronti di atti che beneficiano delle esenzioni previste al terzo comma dell'art. 67 l. fall. è che si tratti di una ipotesi di inammissibilità (sanzione pressochè certa per quel che concerne le azioni precluse dalla norma comunitaria, di cui si dirà infra), volendo così valorizzare l'espressione “non sono soggetti all'azione revocatoria” utilizzata dalla norma, anche se forse più semplicemente si potrebbe configurare l'inaccoglibilità; mi pare comunque che la reiezione della domanda revocatoria integri una pronunzia nel merito che postula la proposizione di una eccezione di parte, sicchè la sussistenza dei presupposti dell'esenzione devono essere dedotti e dimostrati dal convenuto in revocatoria (Trib. Salerno, 4 novembre 2013; D. Galletti, Le nuove esenzioni dalla revocatoria fallimentare, cit., 173), anche se Trib. Bergamo, 26 aprile 2013, ipotizza si tratti di mera difesa non soggetta ai limiti di proponibili delle eccezioni non rilevabili d'ufficio previsti all'art. 166 c.p.c.

Le esenzioni, comunque, operano in modo oggettivo (App. Milano, 12 ottobre 2015), senza che siano consentite deroghe in funzione dell'allegazione di una specifica partecipazione psicologica del terzo all'atto lesivo della par condicio esonerato (Trib. Torino, 4 maggio 2010, in Giur.It., 2011, I, 123, con nota di Iozzo; B. Quatraro – M. Giorgetti – A. Fumagalli, Revocatoria ordinaria e fallimentare, Milano, 2009, 14; contra Trib. Salerno, 14 gennaio 2013, che esclude possano andare esenti da revoca quei pagamenti che integrano gli estremi del reato preferenziale).

Non vi è dubbio, poi, che la norma spieghi i suoi effetti con riguardo a tutte le fattispecie previste all'art. 67 l. fall., anche se occorre distinguere tra fattispecie esonerate, posto che – come si accennava – non sono esonerati da revoca in forza della lett. a) i pagamenti anormali laddove, invece, possono andarne esenti atti in sé anomali se connessi con procedure di risanamento (G. B. Nardecchia, Le nuove esenzioni del terzo comma dell'art. 67 l. fall., 16 ss.).

Assai dubbio è se le esenzioni si estendano anche alle ipotesi di inefficacia previste agli artt. 64,65 e 66 l. fall.; per quel che concerne le prime due norme, nonostante la lettera delle stesse ometta il riferimento alla revoca (in tal senso B. Meoli, Vecchie e nuove esenzioni dalla revocatoria fallimentare, cit., 209 ipotizzava appunto che con la riforma organica si mutasse la dizione normativa, il che non è avvenuto a conferma della alterità della sanzione di inefficacia ivi previsto rispetto ad una vera e propria revoca) sembra prevalere la tesi estensiva (ma in senso contrario, A. Nigro, Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie, in Nigro-Santulli-Santoro, La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, 929): l'applicabilità delle esenzioni agli atti a titolo gratuito ed ai pagamenti di debiti scadenti in data successiva al fallimento viene sostenuta, in particolare, da chi (G. B. Nardecchia, Le esenzioni dalla revocatoria, cit., 1479) osserva come quelle fattispecie siano state parificate a quelle previste all'art. 67 l. fall. per quel che riguarda la retrodatazione del periodo sospetto e da ciò evince la volontà di regolare in modo uniforme tutte le ipotesi di revocatoria disciplinate nella sezione terza del capo III della legge fallimentare.

Sulla revocatoria ordinaria, invece, vi è maggiore incertezza, poiché alla tesi estensiva (G. B. Nardecchia, Le esenzioni dalla revocatoria, cit., 1484) si contrappone l'argomento tratto dalla natura dell'azione prevista all'art. 66 l. fall., che non costituisce una revocatoria fallimentare, ma la mera trasposizione in sede concorsuale dell'iniziativa concessa ai creditori e, così come non si applicherebbero le esenzioni all'azione intrapresa dal singolo creditore al di fuori del fallimento, così non dovrebbe esservi soggetto il curatore che “eredita” quell'azione (N. Abriani - L. Quagliotti, An e quantum della “novissima” revocatoria delle rimesse, cit. 380). La tesi secondo la quale il terzo comma dell'art. 67 l. fall. si applicherebbe anche alla revocatoria ordinaria promossa dal creditore (G. B. Nardecchia, Le nuove esenzioni del terzo comma dell'art. 67 l. fall., cit. 19 s.; L. Guglielmucci, Le azioni di ricostituzione del patrimonio, in Fall., 2007, 1050 s.), in quanto altrimenti ne risulterebbe frustrata la ratio della disciplina esonerativa appare fondata, ma non del tutto decisiva: l'azione prevista all'art. 2901 c.c., infatti, postula la prova di una serie di presupposti che la rendono meno agevole e difficilmente ipotizzabile nei casi oggetto di esenzione, ma che, di contro, evidenziano una peculiare valenza elusiva dei diritti dei creditori concorrenti rispetto alle quali non è così certa la volontà esonerativa del legislatore.

Le esenzioni previste al quarto comma dell'art. 67 l. fall.

Alle ipotesi di esenzione dalla revocatoria introdotte dal D.L. 35/2005 si affiancano quelle già in passato previste, raggruppate nel quarto comma dell'art. 67 l. fall. che indica talune fattispecie e fa richiamo alle ulteriori ipotesi istituite da leggi speciali.

Le situazioni “tipiche” (cfr. S. Bonfatti, La “esenzione” dall'azione revocatoria, cit., 246 ss.) disciplinate sono:

  • le operazioni compiute dall'istituto di emissione.
  • le operazioni di credito su pegno
  • le operazioni di credito fondiario.

Quanto alla prima fattispecie, sarei propenso a escludere che l'esenzione sia riferita all'ipotesi di fallimento della Banca d'Italia, bensì voglia tutelare tale Istituzione esonerandola dal subire revocatorie per operazioni compiute con soggetti insolventi. E' dubbio se la seconda esenzione, pur se adotta una formula più ampia di quella precedente, sia tuttora riferita, come avveniva ante riforma (Cass., Sez. I, 16 ottobre 1987, n. 7649, in DF, 1988, II, 28), ai soli atti compiuti da Istituti che per legge e con l'autorizzazione della Banca d'Italia nelle forme di cui all'art. 48 T.U.B. sono abilitati alla concessione di credito su pegno e non in generale a tutte le operazioni di credito su pegno; in senso contrarioS. Vincre, Le nuove norme sulla revocatoria fallimentare, cit., 891 e S. Bonfatti, Commento all'art. 67, in A. Jorio – M. Fabiani, Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2006, 1014 interpretano la dizione più ampia adottata come conferma dell'esonero da revoca di tutte le operazioni su pegno compiute da qualsiasi banca, essendo tutti gli istituti di credito a ciò abilitati; rimarrebbero invece al di fuori delle esenzioni i finanziamenti garantiti da pegno su crediti (B. Meoli, Vecchie e nuove esenzioni dalla revocatoria fallimentare, cit., 211). Così pure, la terza esenzione è oggettivamente (e non più sotto il profilo soggettivo, come sottolinea Trib. Roma, 14 ottobre 2009; cfr. G. Tarzia, L'ambito di applicazione delle esenzioni del nuovo art. 67 l. fall., in Fall., 2008, 637) limitata alle sole operazioni che rientrino nei parametri legali della concessione di credito fondiario (con l'estensione ai finanziamenti di credito agrario e alle opere pubbliche a norma degli artt. 42 e 44 T.U.B.), di modo che resta revocabile l'utilizzo improprio del credito fondiario e, secondo taluni, anche le operazioni di “consolidamento” a rientro del credito fondiario (sul punto, si veda però S. Bonfatti, La “esenzione” dall'azione revocatoria, cit., 250 ss.).

A tali fattispecie si devono aggiungere quelli previsti da leggi speciali, tra i quali si possono annoverare i finanziamenti alle imprese artigiane exL. n. 949/1952 e quelli di credito a medio termine di cui alla L.n. 623/1959. Sono inoltre esonerati da revocatoria i pagamenti all'Amministrazione Finanziaria per imposte scadute (art. 89 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) ed agli enti previdenziali (a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 116 L. 23 dicembre 2000, n. 388, come precisa Cass., Sez. I, 28 ottobre 1988, n. 5857). Da ultimo, si segnala che – modificando un orientamento consolidato e con una certa forzatura –, la Suprema Corte ha di recente mandato esente da revoca le ipoteche iscritte dall'Erario nel periodo sospetto, considerandole un tertium genus rispetto a quelle giudiziali e volontarie (Cass., Sez. I, 9 aprile 2015, n. 7140; Cass., Sez. I, 1 marzo 2012, n. 3232).

In evidenza: Cass., Sez. Un., 23 gennaio 2004, n. 1232

Dopo qualche incertezza, la giurisprudenza della Suprema corte è giunta invece ad escludere che siano esenti da revoca i pagamenti a favore di imprese che agiscano come “legal-monopolista” in quanto, pur essendo tenute per legge a contrattare con qualunque soggetto, restano accessibili anche a tali imprese i rimedi negoziali contro l'inadempimento della controparte.

L'esenzione da revocatoria è stata, poi, adottata – quale soluzione chiaramente dettata esigenze eccezionali - in alcune situazioni peculiari di crisi di grandi imprese e Enti, ed in particolare in relazione agli atti compiuti dalla liquidazione EFIM (art. 7 D.L. 362/1992) ovvero per gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere nell'ambito del dissesto Alitalia a far tempo dal D.L. 23 aprile 2008, n. 80.

Cenni all'inammissibilità della revocatoria in applicazione dell'art. 13 Reg. UE 1346/2000

Una trattazione delle cause di esenzione da revocatoria non sarebbe completa se non si accennasse agli effetti della norma comunitaria che comporta una vera e propria ipotesi di inammissibilità dell'azione revocatoria; si tratta di una norma semi-sconosciuta, ma che, a giudicare dal numero di pronunzie che di recente ne fanno applicazione, parrebbe destinata ad assumere una qualche rilevanza, non senza qualche giustificato timore di un utilizzo “forzato” volto ad eludere le revocatorie mediante scelte orientate dalla parte più forte (G. Montella, L'art. 13 del Regolamento n. 1346/2000: un (insidioso) semisconosciuto, in Fall., 2016, 377).

Sul punto, si rammenta che, ai sensi dell'art. 4, par. 2, lett. m), Reg. UE n. 1346/2000, alla procedura di insolvenza ed ai suoi effetti, ivi comprese le revocatorie, si applica la legge dello Stato d'apertura della procedura (G. Montella, Il regolamento Ce 1346/2000 sulle procedure di insolvenza e la legge applicabile alla revocatoria fallimentare, FI 2007, I, 2816; Cass., 4 agosto 2006, n. 17706), salvo che l'art. 13 Reg. UE 1346/2000 esime da revoca l'atto se il beneficiario provi (e l'onere di dedurre e provare la sussistenza dei presupposti di esenzione grava sul convenuto in revocatoria: Trib. Busto Arsizio 27 giugno 2008; Trib. Busto Arsizio 12 luglio 2012 inedita) che lo stesso è soggetto alla legge di uno Stato (non di apertura) e che secondo tale ordinamento l'atto non sia, in alcun modo, impugnabile.

La giurisprudenza tende ad ampliare il campo di esenzione, nel senso che l'esenzione spetterebbe anche quanto la normativa estera applicabile consenta teoricamente di impugnare l'atto, se in concreto l'impugnativa non sarebbe accolta nell'ordinamento estero (Trib. Roma 7 marzo 2012; Trib.Roma 2 febbraio 2011; App. Milano, 10 novembre 2015 n. 4272, inedita). Le perplessità sul punto espresse da chi scrive (cfr. P. Bosticco, Revocatoria contro lo straniero ed esenzione ai sensi dell'art. 13 Reg. UE 1346/2000, in questo portale) sembrano ora superate dalle pronunzie della Corte UE, che hanno confermato l'esattezza dell'interpretazione estensiva del campo applicativo dell'esenzione (Corte Giustizia Unione Europea Sez. VI, Sent., 15 ottobre 2015, causa n. 310/14).

Riferimenti

Normativi

  • Art. 67 l. fall.
  • Art. 64 l. fall.
  • Art. 65 l. fall.
  • Art. 66 l. fall.
  • Art. 70 l. fall.

Giurisprudenza

  • Cass., sentenza sez. I, 29 marzo 2016, n. 6042
  • Cass., sentenza Sez. VI, 18 febbraio 2016, n. 3237
  • Cass., sentenza Sez. I, 14 gennaio 2016, n. 509
  • Cass., sentenza sez. I, 23 dicembre 2015, n. 25928
  • Cass., sentenza Sez. I, 9 aprile 2015, n. 7140
  • Cass., sentenza Sez. I, 29 luglio 2014, n. 17195
  • Cass., sentenza Sez. VI, 6 novembre 2012, n. 19141
  • Cass., sentenza sez. I, 8 giugno 2012, n. 9375
  • Cass., sentenza Sez. I, 8 marzo 2007, n. 5346
  • Cass., sentenza Sez. I, 10 febbraio 2006, n. 2990
  • Cass., sentenza Sez. Un., 23 gennaio 2004, n. 1232

Dottrina

  • G. B. Nardecchia, Le esenzioni dalla revocatoria. Piani attestati. Accordi di ristrutturazione. Concordato preventivo, in A. Jorio, Fallimento e concordato fallimentare, Torino, 2016;
  • R. Amatore, Il regime normativo delle esenzioni nelle revocatorie, in Fall., 2014;
  • M. Spiotta, Le esenzioni previste dall'art. 67, comma 3, lett. a), b), c), f), in A. Jorio, Fallimento e concordato fallimentare, Torino, 2016;
  • G. B. Nardecchia, Le nuove esenzioni del terzo comma dell'art. 67 l. fall., in Fall., 2009;
  • L. Boggio, L'esenzione da revocatoria per “corrispettivi per prestazioni di lavoro”: una previsione eccezionale per la conservazione dell'impresa, in GI, 2014;
  • B. Quatraro – M. Giorgetti – A. Fumagalli, Revocatoria ordinaria e fallimentare, Milano, 2009;
Sommario