La revoca dell’aggiudicazione provvisoria non dà luogo a risarcimento del danno

Claudio Fanasca
01 Settembre 2016

È inammissibile la domanda risarcitoria per equivalente allorché l'immediata tutela ripristinatoria non possa essere utilmente conseguita per cause sopravvenute riguardanti il ricorrente (come nel caso di offerta successivamente risultata al di sotto della soglia di anomalia). In ogni caso, tale domanda è infondata laddove diretta a contestare la pretesa e inconfigurabile illegittimità dell'autotutela sull'aggiudicazione provvisoria, siccome mero atto endoprocedimentale ad effetti ancora instabili e del tutto interinali, peraltro senza la previa impugnazione degli atti ritenuti lesivi, con tutto quel che ne deriva in termini di insussistenza del nesso di causalità.

Il TAR Toscana ha dichiarato inammissibile e, comunque, infondata la domanda risarcitoria autonomamente proposta da un'impresa, senza previa impugnazione dell'atto lesivo, in relazione al preteso danno subito per effetto dell'intervento in autotutela della stazione appaltante sull'aggiudicazione provvisoria disposta all'esito della gara per l'affidamento di lavori pubblici.

Sotto il primo profilo, il TAR ha rammentato che la verifica del se il concorrente “escluso” avrebbe dovuto essere individuato come aggiudicatario comporta la verifica della sussistenza dell'interesse ad agire per ottenere il risultato utile dell'esercizio del potere amministrativo concretizzantesi nell'emanazione a suo favore dell'aggiudicazione definitiva; laddove tale obiettivo finale non può essere raggiunto per cause sopravvenute riguardanti il ricorrente, allora non vi può essere interesse ad agire né in sede ripristinatoria né tantomeno in sede risarcitoria, in quanto si otterrebbe il paradossale risultato di riconoscere una riparazione per equivalente in difetto di possibilità di riparazione in via diretta (in termini, Cons. St., Sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 131). Nel caso di specie, a seguito della correzione (non contestata) della soglia di anomalia, il ribasso offerto dalla ricorrente si è rivelato al di sotto della predetta soglia e come tale anomalo, con tutto quel che ne consegue in termini di inammissibilità dell'azione di annullamento della nuova aggiudicazione e, quindi, per quanto detto, anche dell'azione risarcitoria.

D'altro canto, il TAR ha rilevato pure l'infondatezza dell'azione risarcitoria ravvisando, in primo luogo, l'insussistenza del prescritto requisito di illegittimità dell'atto asseritamente lesivo. Sul punto, il Collegio ha escluso la configurabilità stessa quale atto di autotutela dell'intervento della stazione appaltante sull'aggiudicazione provvisoria, siccome non assimilabile a un provvedimento definitivo. Come noto, infatti, nelle gare pubbliche d'appalto l'aggiudicazione provvisoria costituisce un mero atto endoprocedimentale ad effetti ancora instabili e del tutto interinali (Cons. St., Sez. V, 7 luglio 2014, n. 3449), sintomatico cioè di una scelta non ancora definitiva della stazione appaltante e come tale inidoneo a ingenerare nell'aggiudicatario provvisorio un affidamento meritevole di per sé di tutela (Cons. St., Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1559; Id., Sez. V, 26 giugno 2015, n. 3237 e 5 aprile 2012, n. 2007; Id., Sez. VI, 17 marzo 2010 , n. 1554). La possibilità che all'aggiudicazione provvisoria non segua quella definitiva è, dunque, da considerare alla stregua di un evento sempre plausibile oltre che fisiologico e connaturato al vigente sistema.

Il TAR si è soffermato, poi, sull'assenza del nesso di causalità, in quanto la domanda risarcitoria è stata presentata in via autonoma, senza la previa impugnazione entro i termini di decadenza dei provvedimenti sulla cui asserita illegittimità è fondata la domanda risarcitoria. In tal senso, nella sentenza si richiama la giurisprudenza che, senza voler introdurre una sorta di pregiudizialità, ritiene determinante la circostanza che il ricorrente non abbia proposto il ricorso giurisdizionale di annullamento servendosi degli strumenti di tutela immediata, seppur interinale, laddove ovviamente la tempestiva utilizzazione di tali rimedi avrebbe consentito di ottenere una tutela specifica dell'interesse leso. Tali comportamenti volutamente inerti del creditore assumono, infatti, un ruolo eziologico decisivo nella produzione di un pregiudizio per lo stesso creditore, che il corretto utilizzo dei rimedi rammentati, inquadrato nella condotta complessiva esigibile, avrebbe plausibilmente consentito di evitare, alla luce dei vizi denunciati, della gravità del pregiudizio lamentato e del tasso di effettività della tutela che i mezzi non sperimentati avrebbero consentito di ottenere (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 23 marzo 2011, n. 3; Id., Sez. VI, 9 aprile 2015, n. 1781).

Da ultimo, per mera completezza di esame, il TAR ha ritenuto inapplicabile al caso esaminato la teoria del “contatto sociale qualificato” quale fonte autonoma di responsabilità a carico della pubblica amministrazione. Al riguardo, il Collegio ha osservato che le recenti acquisizioni della Suprema Corte di Cassazione sulla responsabilità precontrattuale della p.a., quale inadempimento di obblighi di protezione, necessitano di ulteriore meditazione, stante lo sbilanciamento processuale che ne deriverebbe tra giudizio impugnatorio, ove il ricorrente è tenuto a indicare specificamente, a pena di inammissibilità, i motivi di illegittimità dell'atto, e l'azione risarcitoria derivante da quella stessa illegittimità, in cui la responsabilità della stazione appaltante, in quanto di natura contrattuale, verrebbe semplicemente presunta, sulla sola base della non aggiudicazione della gara, anche laddove ciò sia avvenuto per effetto della revoca di un atto claudicante e oscillante qual è, come nella specie, l'aggiudicazione provvisoria.