Criteri valutativi dei ritardi nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali

02 Marzo 2016

Con delibera n. 15 del 5 febbraio 2016 il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa ha definito i criteri valutativi dei ritardi nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali, ai fini (i) dell'integrazione dell'illecito disciplinare del magistrato amministrativo, (ii) della nomina a primo referendario, consigliere amministrativo regionale e consigliere di stato e (iii) del conferimento delle funzioni direttive e semidirettive.

Con delibera n. 15 del 5 febbraio 2016 il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa ha definito i criteri valutativi dei ritardi nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali, ai fini (i) dell'integrazione dell'illecito disciplinare del magistrato amministrativo, (ii) della nomina a primo referendario, consigliere amministrativo regionale e consigliere di stato e (iii) del conferimento delle funzioni direttive e semidirettive.

La delibera, applicabile a tutti i procedimenti iniziati successivamente al 1° gennaio 2016, dispone innanzi tutto che solo il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nell'esercizio delle funzioni del magistrato, tra cui evidentemente rientra il tempestivo deposito dei provvedimenti giurisdizionali, integra illecito disciplinare ai sensi dell'art. 18, R.d.lgs. 31 maggio 1946, n. 511 (abrogato per i magistrati ordinari dall'entrata in vigore, d.lgs. 23 febbraio 2006 n. 109, ma ancora in vigore per i magistrati amministrativi).

Il CPGA individua poi quale indice di valutazione della gravità del ritardo il tempo che intercorre tra il giorno entro il quale il provvedimento avrebbe dovuto essere depositato e quello in cui il deposito avviene effettivamente: si presume grave (soltanto) il ritardo che eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell'atto (lo stesso criterio è previsto dall'art. 2, comma 1, lett. q), d.lgs. 109 del 2006 per la valutazione dei ritardi del magistrato ordinario).

La delibera precisa, pertanto, che per il rito ordinario il ritardo non grave è quello non superiore a 180 giorni; per il rito speciale di cui all'art. 119 cod.proc.amm., arrotondando per eccesso il termine di 22 giorni e mezzo entro cui depositare la sentenza, non è grave il ritardo di 92 giorni; per il rito specialissimo sugli appalti, infine, se in appello valgono i termini di cui all'art. 119 cod. proc. amm., in primo grado il comma 8 dell'art. 120 cod. proc. amm. (come modificato dal d.l. 24 giugno 2014, n. 90) prevede per il deposito della sentenza un termine di 30 giorni: di conseguenza, non è grave il ritardo che non supera i 120 giorni. Se si considera che, per prassi, il termine rilevante ai fini disciplinari è quello del deposito della minuta in segreteria e non il vero e proprio deposito della sentenza, la delibera, considerando non grave il ritardo inferiore a 120 giorni, sembra porsi in contrasto con le esigenze di accelerazione cui mirava il legislatore con la novella del 2014 e che da sempre caratterizzano il rito specialissimo degli appalti pubblici.

Rimane invariata, invece, la severità del criterio in ordine alla rilevanza dei ritardi in sede di autorizzazione di incarichi extragiudiziari: nella Relazione di accompagnamento alla delibera si precisa infatti che qualsiasi ritardo ingiustificato superiore al termine ordinario è idoneo a precludere l'autorizzazione dell'incarico da parte del CPGA.

La delibera aggiunge che la presunzione di gravità può essere superata, tenendo in considerazione anche l'entità e il numero dei ritardi, con la prova della ricorrenza di una delle circostanze giustificative espressamente individuate dall'art. 1, comma 3. Costituiscono, in particolare, «cause di giustificazione» un carico di lavoro attribuito al magistrato superiore ai limiti stabiliti dallo stesso Consiglio di Presidenza, lo svolgimento di funzioni presidenziali senza aver fruito di compensazioni nei carichi di lavoro, la dimostrazione di condizioni personali o familiari di particolare disagio e specificamente motivate, il godimento di cause esonerative dagli obblighi di servizio per motivi di salute e, infine, quale ipotesi «di chiusura», il verificarsi di circostanze eccezionali tali da aver impedito al magistrato l'ordinario svolgimento del proprio lavoro.

In merito al requisito della reiterazione dei ritardi, esso sembra essere necessario, insieme alla gravità e alla ingiustificatezza, solo ai fini dell'integrazione dell'illecito disciplinare (art. 1, comma 1 della delibera in commento).

Di contro, ai fini della nomina a primo referendario, a consigliere di tribunale amministrativo regionale e a consigliere di stato, nonché per il conferimento delle funzioni direttive e semidirettive, l'art. 3, comma 2 fa più genericamente riferimento al ritardo «consistente» e ingiustificato, ma non richiede che esso sia necessariamente reiterato.

Quanto al criterio per considerare reiterati i ritardi, lo stesso art. 3, comma 2, che per la verità non disciplina i ritardi rilevanti a fini disciplinari, ma soltanto quelli per la nomina a primo referendario o consigliere di TAR e consigliere di stato nonché per il conferimento di funzioni direttive e semidirettive, valuta tali quelli superiori al 10% dei provvedimenti giurisdizionali depositati dal magistrato nel periodo di riferimento.

Per consentire un efficace controllo sulla diligenza dei magistrati in ordine al deposito dei provvedimenti giurisdizionali, infine, il Consiglio di Presidenza prevede sia un obbligo di vigilanza in capo ai titolari degli uffici direttivi i quali, previo richiamo al magistrato interessato, sono tenuti ad informare i titolari dell'azione disciplinare, sia un obbligo di informazione ai titolari di uffici direttivi in capo ai titolari di uffici semidirettivi e presidenti di collegio. Al fine di garantire tali funzioni di controllo, si precisa che la grave, reiterata e ingiustificata violazione dei suddetti obblighi, può comportare conseguenze disciplinari per i soggetti inadempienti.