Mancata individuazione del valore della concessione nel bando di gara: importanza sistemica del vizio e modalità di deduzione dello stesso

Marco Cappai
02 Maggio 2017

In materia di concessioni la mancata indicazione del valore stimato del servizio (o lavoro) oggetto di gara da parte della stazione appaltante impedisce all'operatore di individuare l'equilibrio economico e finanziario dell'offerta (e, per l'effetto, di assumere in modo consapevole e informato il rischio d'impresa tipico di tale forma di affidamento), in violazione dell'art. 167 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, pubblicità, imparzialità e trasparenza che informano la materia dei contratti pubblici ai sensi dell'art. 30 dello stesso decreto. L'operatore cui risulti impossibile formulare un'offerta in ragione dell'omessa indicazione del valore stimato dell'affidamento deve pertanto impugnare in via immediata e diretta il bando di gara. Diversamente, essendo nella disponibilità dei dati economici necessari a formulare l'offerta, il precedente aggiudicatario potrà impugnare il provvedimento di aggiudicazione finale del concorrente che, ignaro del valore del servizio (o lavoro) a gara, abbia presentato un'offerta economicamente non sostenibile.
Massima

In materia di concessioni la mancata indicazione del valore stimato del servizio (o lavoro) oggetto di gara da parte della stazione appaltante impedisce all'operatore di individuare l'equilibrio economico e finanziario dell'offerta (e, per l'effetto, di assumere in modo consapevole e informato il rischio d'impresa tipico di tale forma di affidamento), in violazione dell'art. 167 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, pubblicità, imparzialità e trasparenza che informano la materia dei contratti pubblici ai sensi dell'art. 30 dello stesso decreto.

L'operatore cui risulti impossibile formulare un'offerta in ragione dell'omessa indicazione del valore stimato dell'affidamento deve pertanto impugnare in via immediata e diretta il bando di gara.

Diversamente, essendo nella disponibilità dei dati economici necessari a formulare l'offerta, il precedente aggiudicatario potrà impugnare il provvedimento di aggiudicazione finale del concorrente che, ignaro del valore del servizio (o lavoro) a gara, abbia presentato un'offerta economicamente non sostenibile.

Il caso

La pronuncia trae origine da una gara per l'affidamento in concessione della gestione del servizio di distribuzione automatica di bevande calde e fredde (c.d. vending) in un liceo statale. A fronte di una lex specialis di gara che ometteva di indicare in termini monetari il valore stimato dell'affidamento, parte ricorrente ha dedotto la violazione dell'art. 167 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, imparzialità, pubblicità e trasparenza di cui all'art. 30 dello stesso decreto, facendo valere tali vizi in sede di impugnazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva.

La questione

La decisione in commento affronta una duplice questione.

In primo luogo, essa si pronuncia sull'essenzialità ed obbligatorietà dell'indicazione nel bando del valore della concessione.

In secondo luogo (ed in linea di subordine), essa precisa in quali forme e con quali tempistiche debba essere dedotto, se del caso, il vizio derivante dalla omessa indicazione del valore della concessione.

Le soluzioni giuridiche

Nell'affrontare la prima questione, il TAR fiorentino ha riconosciuto, almeno nel merito, la fondatezza della censura, evidenziando «come non sia possibile valutare la mancanza del requisito dell'equilibrio finanziario dell'offerta in un contesto in cui non risultano individuati il valore della concessione ed i relativi flussi di cassa». Una simile mancanza, infatti, «incide immediatamente sulla possibilità di formulare correttamente le offerte». Sul punto, la decisione rinvia ad un precedente in termini, in cui la Sezione aveva rilevato che «la possibilità di formulare la propria offerta nella più completa conoscenza dei dati economici del servizio da svolgere[costituisce] una necessità che si presenta comune a tutte le concessioni (sia di minimo importo che di elevato valore economico)» ( TAR Toscana, sez. II, 1 febbraio 2017, n. 173). Per questa ragione – prosegue la decisione richiamata – l'art. 167 dovrebbe applicarsi anche alle concessioni sotto soglia ai sensi dell'art. 35 del d.lgs. n. 50 del 2016. Il che troverebbe riscontro nel fatto che, evidenziando una “significativa differenza” rispetto alla corrispondente norma euro-unitaria (art. 8 della direttiva n. 2014/23/UE), l'art. 167 non contemplerebbe «soglie minime di applicabilità o […] una qualche esenzione riservata alle concessioni di minore valore economico».

Pur riconoscendo la fondatezza della censura, il Giudice di prima istanza ne ha tuttavia dichiarato l'irricevibilità per tardività. Trattandosi di un vizio “genetico” del bando, tale da non consentire la formulazione di un'offerta in pareggio economico- finanziario e da impedire la verifica di congruenza delle offerte presentate dagli altri concorrenti, l'operatore è infatti tenuto a impugnare direttamente la lex specialis di gara, in quanto immediatamente leso dalla descritta mancanza. La situazione non è peraltro apparentabile a quella del precedente aggiudicatario, il quale, essendo a conoscenza dei dati economici necessari a formulare l'offerta, è invece tenuto, se del caso, a impugnare il provvedimento di aggiudicazione finale del concorrente che, ignaro del valore del servizio (o lavoro) a gara, abbia presentato un'offerta che, sulla base delle informazioni in possesso del concessionario uscente, appaia (a giudizio di quest'ultimo) economicamente non sostenibile (v. ancora, in termini, TAR Toscana, sez. II, n. 173 del 2017).

Osservazioni

Quanto al merito della questione, la decisione del TAR Toscana si inserisce nel solco di un orientamento oramai consolidato, che – già in vigenza del Codice del 2006 – configurava l'indicazione del valore della concessione quale presupposto necessario di legittimità della lex specialis di gara. In mancanza di una simile indicazione, infatti, per l'operatore risulterebbe assai difficoltoso calcolare l'equilibrio economico-finanziario dell'offerta. Al contempo, l'omissione determinerebbe una violazione dei principi di trasparenza, libera concorrenza, pubblicità, imparzialità e non discriminazione delle procedure di evidenza pubblica, cui si aggiungerebbero i collaterali rischi dell'imprecisa determinazione dell'«entità delle cauzioni e del contributo dovuto all'Autorità[di vigilanza]» e della possibile individuazione di requisiti di partecipazione «non proporzionati rispetto al valore […] del servizio» (v., ex multis, deliberazione AVCP n. 40 del 19 dicembre 2013; deliberazione ANAC n. 96 del 26 novembre 2014; Cons. St., Sez. III, 18 ottobre 2016, n. 4343).

La materia è oggi disciplinata dall'art. 167 del d.lgs. n. 50 del 2016.

La nuova norma si articola in due parti: per un verso, essa afferma che «il valore stimato è calcolato al momento dell'invio del bando di concessione» (comma 2), in piena armonia con i principi ispiratori della materia (v. art. 30, comma 1 del d.lgs. n. 50 del 2016); per altro verso, essa pone una precisa regola di dettaglio, richiedendo espressamente che «il valore stimato della concessione [sia] calcolato secondo un metodo oggettivo specificato nei documenti della concessione» (comma 4).

Come visto, nel richiamato precedente il TAR Toscana ha conferito una valenza generale all'articolo 167, che – si legge nella decisione – si applicherebbe, nella sua interezza, a tutte le concessioni, sia sopra soglia che sotto soglia (n. 173 del 2017). In questo senso, la norma di recepimento interno assumerebbe una portata oggettiva più estesa rispetto all'art. 8 della direttiva n. 2014/23/UE, che risulta invece applicabile alle sole concessioni sopra soglia.

Si segnala sul punto l'esistenza di un orientamento parzialmente difforme.

Parte della giurisprudenza distingue infatti tra un generale obbligo di indicare il valore dell'affidamento, che sarebbe esteso a tutte le concessioni (anche sotto soglia) e che discenderebbe non tanto dall'art. 167 del d.lgs. n. 50 del 2016 quanto dall'art. 30, comma 1 dello stesso decreto, e un (ulteriore) obbligo, previsto solo per le concessioni sopra-soglia, di specificare le modalità oggettive di calcolo del predetto valore, che sarebbe invece dettato dall'art. 167, commi 1 e 4 del d.lgs. n. 50 del 2016. Nel prescrivere un «obbligo informativo analitico sul “metodo di calcolo del valore stimato”», l'art. 167 porrebbe infatti una «norma di dettaglio, applicabile come tale esclusivamente alle concessioni sopra soglia comunitaria». Per quanto concerne le concessioni sotto soglia, pur senza dover esplicitare il «metodo di calcolo del valore stimato», la stazione appaltante resterebbe unicamente soggetta al (meno analitico, ma comunque imprescindibile) obbligo di «indicazione del valore stimato nel bando di gara». Tale obbligo si ricaverebbe infatti dal «principio fondamentale di pubblicità e trasparenza, espressamente richiamato dallo stesso art. 30 del D. Lgs. 50/2016», che resta applicabile, ai sensi dell'art. 36, comma 1 del decreto, anche alle concessioni sotto soglia (così TAR Calabria, Catanzaro, 19 gennaio 2017, n. 75).

Postulato di questo secondo indirizzo è che il bando predisposto per l'affidamento di una concessione sotto soglia potrebbe dirsi legittimo ove indicasse il valore stimato senza tuttavia chiarire il metodo oggettivo attraverso il quale la stazione appaltante è addivenuta a tale stima.

La diversa lettura offerta nella decisione in commento appare preferibile, in quanto il maggior rigore che la caratterizza non sembra tradursi in un significativo aggravio procedimentale per l'Amministrazione procedente: una volta che, facendo leva sull'art. 30 del d.lgs. n. 50 del 2016, si ponga a carico della stazione appaltante un obbligo di indicare il valore della concessione sotto soglia, tanto vale che quest'ultima renda manifesti anche i criteri oggettivi che ha seguito per compiere detta stima. Diversamente opinando, le stazioni appaltanti potrebbero effettuare stime non assistite da criteri di calcolo attendibili e oggettivi e, pertanto, inidonee a garantire l'effettivo rispetto dei principi enucleati dall'art. 30 del Codice.

Quanto ai profili processuali affrontati dalla decisione, la statuizione di tardività della censura appare pienamente coerente con il consolidato indirizzo secondo cui «nelle gare pubbliche è necessario procedere all'impugnazione immediata dei relativi atti d'indizione quando si lamenti che le loro clausole impediscano, indistintamente per tutti i concorrenti, una corretta e consapevole elaborazione della propria proposta, pregiudicando così il corretto esplicarsi della gara» (Cons. giust. amm. Sicilia, 8 agosto 2016, n. 258; Cons. St., Sez. V, 6 giugno 2016, n. 2359, id., Sez. III, 7 maggio 2012, n. 2628).

Più significativa, allora, appare la statuizione relativa alla posizione processuale del precedente concessionario. In questa ipotesi – afferma il TAR Toscana – l'interesse all'impugnazione potrebbe sorgere solo in caso di aggiudicazione da parte dell'operatore che, a fronte della mancata indicazione del valore dell'affidamento da parte della stazione appaltante, abbia presentato un'offerta che, sulla base dei dati in possesso del concessionario uscente, risulti a quest'ultimo economicamente non sostenibile.

Nel soffermarsi sul diverso atteggiarsi delle condizioni dell'azione tra i vari soggetti in gara, la pronuncia in commento – pur senza affermarlo in termini espliciti – dimostra chiaramente come l'omessa indicazione del valore della concessione possa attribuire un indebito vantaggio concorrenziale al concessionario uscente, unico soggetto nella disponibilità dei dati economici necessari a calibrare un'offerta sostenibile ed equilibrata.

In quest'ottica, la platea dei soggetti legittimati a impugnare il bando di gara privo del riferimento al valore della concessione potrebbe allargarsi. In più di un'occasione, infatti, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha utilizzato il potere di cui all'art. 21-bis legge n. 287 del 1990 per censurare bandi idonei ad attribuire, a vario titolo, un indebito vantaggio competitivo al c.d. incumbent (v. ad es. AS1186 del 29 gennaio 2015, in Boll. n. 15 del 2015, esito non conformativo; AS1184 del 16 febbraio 2015, in Boll. n. 14 del 2015, esito conformativo).