Precisazioni sull’interesse all’annullamento dell’esclusione e sulla valutazione della “rilevanza” del grave illecito professionale

02 Agosto 2017

La sentenza precisa che l'interesse all'annullamento dell'esclusione dalla gara disposta in ragione di precedenti gravi illeciti professionali permane anche in assenza dell'impugnazione dell'aggiudicazione definitiva e che l'art. 80, comma 5, lett. c) del Codice impone una motivata e concreta valutazione da parte della stazione appaltante circa la rilevanza dei suddetti pregressi illeciti in relazione all'affidabilità del concorrente.

Un'impresa ricorreva, nelle forme e nei termini dell'art. 120, comma 2-bis, c.p.a., per l'annullamento della propria esclusione dalla gara disposta dalla stazione appaltante in ragione di un pregresso grave illecito professionale, emerso dalle dichiarazioni rese dalla stessa ricorrente ai fini della partecipazione alla gara. Successivamente alla notifica del ricorso, la gara veniva aggiudicata ad altra impresa, ma la ricorrente, dichiarava nello stesso giudizio, di non avere interesse a impugnare l'aggiudicazione, conservando unicamente l'interesse all'accertamento dell'illegittimità della propria esclusione onde scongiurare le potenziali conseguenze negative in occasione della futura partecipazione a nuove gare.

Il TAR ha, in primo luogo, evidenziato che la mancata impugnazione della sopravvenuta aggiudicazione della procedura non determina l'improcedibilità del ricorso, «apparendo meritevole di tutela il residuo interesse della società ricorrente a vedere comunque accertata l'illegittimità dell'esclusione ed evitare che quest'ultima, ovvero le ragioni poste a suo fondamento, possano a loro volta costituire motivo di esclusione dalle procedure di affidamento».

Il Collegio ha inoltre accolto il ricorso nel merito, accertando l'illegittimità dell'esclusione disposta sulla base di una non corretta interpretazione dell'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016.

La suddetta disposizione infatti collega l'esistenza di un grave illecito professionale alle “significative carenze” commesse nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione e contiene un indice di riconoscimento delle stesse ancorandole alla risoluzione anticipata del contratto, divenuta definitiva perché non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio. Il Collegio ha inoltre evidenziato che l'onere di dimostrare l'inaffidabilità del concorrente grava sulla stazione appaltante giacché non è il partecipante alla gara a dover dimostrare la propria affidabilità.

Nelle specie, ha precisato il TAR che la risoluzione contrattuale autodichiarata dalla ricorrente non era stata oggetto di alcun accertamento giudiziale e, diversamente da quanto affermato dalla stazione appaltante, era stata più volte contestata in via stragiudiziale: circostanza che, in sé, non consente alla stazione appaltante di poter considerare “significative” le supposte carenze commesse dall'appaltatore nell'esecuzione dell'appalto. Alle considerazioni suesposte, il Collegio ha peraltro aggiunto che il rilievo di “significative carenze” nell'esecuzione di un precedente appalto, pur se “confermato” dalla definitiva risoluzione del sottostante rapporto contrattuale, non può essere considerato di per sé sufficiente a dimostrare l'inaffidabilità dell'operatore economico. In esecuzione del comma 13 del citato art. 80, l'ANAC ha infatti adottato le Linee guida 20 dicembre 2016, n. 6, che seppur prive di autonomo contenuto normativo – «muovono da una lettura del tutto condivisibile dell'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, improntata ai canoni di ragionevolezza e proporzionalità cui il legislatore è tenuto a conformarsi, in modo da limitare l'esclusione dalle gare ai soli casi in cui sia dimostrato in concreto, con riferimento alle specifiche esigenze della singola procedura di gara, il nesso causale tra il pregresso illecito professionale e l'esclusione fondata sul giudizio discrezionale di inaffidabilità del concorrente» cosicché «non ogni inadempimento pregresso, per quanto grave e tale da aver condotto alla risoluzione di un precedente contratto d'appalto, giustifica l'esclusione dalla partecipazione a gare successive, in assenza di una esplicita valutazione prognostica della stazione appaltante circa la capacità del concorrente di eseguire in maniera corretta le prestazioni oggetto del nuovo affidamento». Dalle suddette considerazioni per il TAR discende la correttezza di una interpretazione dell'art. 80, comma 5, lett. c) che si pone in linea con gli orientamenti giurisprudenziali formatisi sull'art. 38, comma 1, lett. f) dell'abrogato d.lgs. n. 163 del 2006. Il Collegio ha infatti precisato che la diversa formulazione letterale delle due norme [l'art. 38, comma 1, lett. f) rinviava alla “motivata valutazione della stazione appaltante”] è superabile senza difficoltà, ritenendo che la “dimostrazione con mezzi adeguati” oggi richiesta riguardi non solo gli illeciti professionali commessi in passato, ma anche e soprattutto l'idoneità degli illeciti stessi a mettere in dubbio l'integrità o affidabilità del concorrente: conclusione imposta dalla necessità di leggere in senso costituzionalmente orientato la nuova disciplina.

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