Omessa dichiarazione di condanne penali e verifica dei requisiti

Simone Abrate
03 Gennaio 2017

L'omessa dichiarazione, da parte del concorrente, di tutte le condanne penali eventualmente riportate, anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nell'art. 38, comma 1, lett. c), del Codice del 2006, è sempre causa di esclusione dalla gara. Ne segue il corollario del dovere di diligenza e autoresponsabilità, alla cui stregua gli stessi concorrenti sono onerati di verificare in via preventiva, cioè prima di formulare l'offerta in sede di gara, ogni circostanza che possa ostare all'aggiudicazione del contratto. Le stazioni appaltanti non possono accertare autonomamente fatti che per l'ordinamento vigente sono di stretta competenza del giudice dell'esecuzione penale, come la sussistenza dei presupposti di legge per l'estinzione del reato (ex art. 676 c.p.p.). Quest'ultima, invero, va formalizzata con un provvedimento espresso su domanda, che deve precedere il termine di partecipazione alla gara.

La stazione appaltante, nell'ambito dei controlli sul possesso dei requisiti generali ex artt. 38 e 48, comma 2, del Codice del 2006, ha riscontrato che il rappresentante legale e direttore tecnico dell'aggiudicataria provvisoria non aveva dichiarato un precedente penale, consistente in un reato edilizio (previsto dall'art. 17 l. 27 gennaio 1977, n. 10, Norme in materia di edificabilità dei suoli), per il quale era stato condannato con sentenza divenuta irrevocabile nel 1989.

Il Giudice di primo grado ha accolto il ricorso dell'aggiudicataria, sul rilievo che il reato potesse considerarsi estinto per mero decorso del tempo, e pertanto non era necessaria la relativa dichiarazione.

Il Consiglio di Stato non ha aderito a tale soluzione ermeneutica, sulla base del seguente iter logico.

L'art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006 esonera i concorrenti a procedure di affidamento di contratti pubblici di dichiarare tutti i precedenti penali nei casi di reati «dichiarati estinti dopo la condanna stessa».

In coerenza con il sistema del Codice di procedura penale, il Codice del 2006 richiede, cioè, un'espressa pronuncia dichiarativa dell'estinzione. Questa pronuncia, alla luce dell'art. 676 c.p.p., è di competenza del giudice dell'esecuzione penale e va formalizzata con un provvedimento espresso su domanda, che deve precedere il termine di partecipazione alla gara (es. Cons. St., Sez. V, 18 giugno 2015, n. 3105). Senza un tale accertamento costitutivo non può ritenersi sussistere, almeno per l'affidamento dei terzi (come la stazione appaltante), l'avvenuta estinzione del reato.

Solo con la pronuncia del giudice dell'esecuzione penale, pertanto, il reato si può considerare davvero estinto (cfr. Cons. St., Sez. V, 13 novembre 2015, n. 5192), e conseguentemente non sussiste più alcun onere dichiarativo in capo al concorrente, ex art. 38, comma 2, del Codice del 2006.

Aggiunge, poi, il Consiglio di Stato che tale impostazione formale circa la certezza sull'estinzione del reato è coerente con le esigenze di sicurezza giuridica per le amministrazioni aggiudicatrici circa l'assenza di cause ostative alla partecipazione alle gare per l'affidamento di contratti, essendo inesigibile, per esse, l'accertare autonomamente fatti che per l'ordinamento vigente sono di stretta competenza del giudice dell'esecuzione penale.

I concorrenti, pertanto, sono tenuti a dichiarare tutti i fatti e i dati che possono rilevare ai fini del giudizio di affidabilità morale spettante alla stazione appaltante (art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006). Ne segue il corollario del dovere di diligenza e autoresponsabilità, alla cui stregua gli stessi concorrenti sono onerati di verificare in via preventiva, cioè prima di formulare l'offerta in sede di gara, ogni circostanza che possa ostare all'aggiudicazione del contratto.

Ulteriori conseguenze di tale impostazione formale sono che:

- non ha rilevanza la natura del reato e l'epoca della condanna, così come l'elemento soggettivo alla base dell'omissione dichiarativa. Tali profili, infatti, sono devoluti alla valutazione di gravità ed incidenza sulla moralità professionale di competenza della stazione appaltante; per contro, ai sensi dell'art. 38, comma 1-ter, l'eventuale carattere colpevole o volontario dell'omissione dichiarativa forma oggetto degli accertamenti demandati all'ANAC, agli effetti dell'art. 38, comma 1, lett. h);

- nel caso di specie, non è invocabile l'applicazione del soccorso istruttorio “rafforzato” ex art. 38, comma 1-ter, del Codice del 2006. E ciò sia in quanto detto soccorso riguarda la fase di ammissione alla procedura di gara, mentre l'omissione dichiarativa è emersa in sede di verifica dei requisiti di partecipazione, sia poiché a fronte di dichiarazioni del tutto mancanti verrebbe altrimenti violata la par condicio tra i concorrenti (cfr: Cons. St., Sez. V, 12 ottobre 2016, n. 4219; Id. 19 maggio 2016, n. 2106, 11 aprile 2016, n. 1412). In tale ottica, non vi è alcuna violazione dei principi del diritto eurounitario – che sussiste solo se l'obbligo non risulta espressamente dai documenti relativi alla procedura o dal diritto nazionale vigente (Corte di giustizia UE, 2 giugno 2016, C-27/15) – atteso che nel caso di specie l'obbligo è chiaramente enunciato dalla legge, attraverso il più volte citato art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006.

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