Verso una ri(e)voluzione dell’Adunanza Plenaria n. 1/2003: il nuovo Codice potenzia gli “interessi” dei concorrenti

03 Maggio 2017

La Terza Sezione del Consiglio di Stato, riformando una sentenza del TAR Campania, Salerno (n. 332 del 2017), ha dichiarato l'ammissibilità del ricorso proposto, in via immediata, contro la clausola del bando con cui la stazione appaltante aveva scelto il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso. Il Collegio ha affermato che il consolidato orientamento giurisprudenziale preclusivo alla contestazione immediata del criterio di aggiudicazione scelto dalla S.A., affermato dall'Adunanza Plenaria n. 1/2003, necessita di un'interpretazione “evolutiva” idonea a «conservarne la coerenza rispetto alle profonde trasformazioni che hanno investito il diritto degli appalti mutandone impostazione e prospettive».

Un'impresa, pur presentando domanda di partecipazione alla gara, impugnava immediatamente il relativo bando nella parte in cui la stazione appaltante aveva scelto il criterio di aggiudicazione del “prezzo più basso” in una procedura aperta per l'individuazione di un'agenzia per il lavoro cui affidare, per due anni, la somministrazione di personale infermieristico e tecnico-sanitario. La ricorrente contestava, in particolare, che il predetto criterio veniva preferito all'OEPV sull'asserito presupposto che si trattasse “di servizio con caratteristiche standardizzate” (rientrando in tal modo nell'ambito dell'art. 95, comma 4, c.c.p.) il cui costo veniva tuttavia di fatto “assorbito per la quasi totalità dalle retribuzioni del personale”, in manifesta violazione dell'art. 95, comma 3, c.c.p. che include tra i casi di scelta del criterio dell'OEPV proprio “i servizi ad alta intensità di manodopera”.

All'esito del giudizio di primo grado il TAR (Campania, Salerno, 27 febbraio 2017, n. 332), dichiarava inammissibile il ricorso sulla base dell'applicazione dell'indirizzo interpretativo dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2003, affermando che «la clausola censurata non è produttiva di alcun pregiudi1zio, avente i necessari requisiti di concretezza ed attualità, a carico della parte ricorrente, sia nella prospettiva della sua aspirazione all'aggiudicazione del servizio, sia in quella del suo mero interesse partecipativo».

Il Consiglio di Stato in riforma della predetta sentenza, ha accolto l'appello della ricorrente sottolineando la necessità di superare l'indirizzo interpretativo elaborato dalla predetta Adunanza Plenaria e seguito dagli sviluppi giurisprudenziali durante la vigenza del codice dei contratti pubblici del 2006 (su cui cfr. Corte Cost., 22 novembre 2016, 245, il cui indirizzo è stato posto in discussione dal TAR Liguria con l'ordinanza n. 263/2017 di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE e su cui si v. la News, Rinvio alla CGUE: solo gli operatori economici che abbiano presentato domanda di partecipazione alla gara possono impugnare gli atti della procedura?).

Il Collegio premette che una puntuale applicazione, come quella effettuata dal giudice di primo grado, del perimetro tracciato dalla Plenaria n. 1/2003 non può che escludere l'ammissibilità di un ricorso immediato contro il criterio di aggiudicazione indicato nel bando in quanto, secondo il predetto e consolidato indirizzo interpretativo: «l'effetto lesivo per la situazione del partecipante al procedimento concorsuale si verifica con l'esito negativo della procedura concorsuale o con la dichiarazione di anomalia dell'offerta. L'effetto lesivo è, infatti, conseguenza delle operazioni di gara, e delle valutazioni con essa effettuate, dal momento che è solo il concreto procedimento negativo a rendere certa la lesione ed a trasformare l'astratta potenzialità lesiva delle clausole del bando in una ragione di illegittimità concreta ed effettivamente rilevante per l'interessato: devono pertanto ritenersi impugnabili unitamente all'atto applicativo, le clausole riguardanti i criteri di aggiudicazione, anche se gli stessi sono idonei ad influire sulla determinazione dell'impresa relativa alla predisposizione della proposta economica o tecnica, ed in genere sulla formulazione dell'offerta, i criteri di valutazione delle prove concorsuali, i criteri di determinazione delle soglie di anomalie dell'offerta, nonché le clausole che precisano l'esclusione automatica dell'offerta anomala». Il Consiglio di Stato precisa, tuttavia, che la suddetta conclusione cui era giunta nel 2003 l'Adunanza Plenaria “in quanto diritto vivente necessita di un'interpretazione evolutiva” poiché risulta “evidentemente influenzata dalla qualificazione dell'interesse sostanziale di base della cui tutela trattasi, quale interesse all'aggiudicazione” inteso come “unico interesse sostanziale” invocabile dai concorrenti e di fronte al quale “l'interesse alla legittimità della procedura costituisce un aspetto ed un riflesso dell'interesse all'aggiudicazione”.

La Terza Sezione individua infatti “le profonde trasformazioni che hanno investito il diritto degli appalti mutandone impostazione e prospettive” tra cui la:

(i) “espressa comminazione di nullità delle clausole espulsive autonomamente previste dalla stazione appaltante” (art. 46, comma 1-bis Codice dei contratti pubblici del 2006 e art. 83 comma 8 del nuovo Codice). L'aver inquadrato il suddetto vizio nelle cause di nullità, ex art. 21 septies l. n. 241/1990, per il Consiglio di Stato “costituisce un indizio della vocazione generale ed autonoma dell'interesse partecipationis” in quanto nelloschema della nullità” l'interesse “trascende la dimensione meramente individuale sino a giustificare il rilievo d'ufficio da parte del giudice e l'opposizione senza limiti di tempo della parte del resistente”.

(ii) “significativa ed innovativa previsione” dell'art. 211 comma 2 del nuovo Codice”. La cd. autotutela “doverosa” attivabile dalla stazione appaltante, su impulso dell'ANAC, al fine del ripristino della legalità procedurale «prescinde dall'interesse del singolo partecipante all'aggiudicazione e mira invece al corretto svolgimento delle procedure di appalto nell'interesse di tutti i partecipanti e finanche di quello collettivo dei cittadini, interesse quest'ultimo che va via via emancipandosi dallo schema del mero interesse di fatto (sul punto cfr. considerando 122 della direttiva 24/2014)».

(iii) impugnazione immediata dell'altrui ammissione alla procedura di gara (art. 120 comma 2-bis c.p.a.) in quanto a fronte di un sistema che “in precedenza precludeva l'impugnazione delle ammissioni, sull'implicito e pacifico presupposto che concorrente avesse in interesse concreto ed attuale a contestare l'ammissione altrui solo all'esito della procedura selettiva, si è previsto l'onere di impugnazione immediata, con ciò dando evidentemente sostanza e tutela ad un interesse al corretto svolgimento della gara, scisso ed autonomo, sebbene strumentale, rispetto a quello all'aggiudicazione”.

(iv) creazione di una vera e propria gerarchia fra i due tipici metodi di aggiudicazione di un appalto, ovvero l'offerta economicamente più vantaggiosa e il massimo ribasso.

La sentenza sottolinea che l'insieme dei suddetti elementi “profilano una nozione di “bene della vita” meritevole di protezione, più ampia di quella tradizionalmente riferita all'aggiudicazione”, sebbene non coincidente con il generale interesse alla mera legittimità dell'azione amministrativa e “assumono rilievo sia nell'ottica del corretto esercizio del potere di regolazione della gara, sia in quella dell'interesse del singolo operatore economico ad illustrare ed a far apprezzare il prodotto e la qualità della propria organizzazione e dei propri servizi, così assicurando, nella logica propria dell'interesse legittimo (figlio della sintesi di potere e necessità) la protezione di un bene della vita che è quello della competizione secondo il miglior rapporto qualità prezzo; un bene, cioè, diverso, e dotato di autonoma rilevanza rispetto all'interesse finale all'aggiudicazione”.

Una soluzione interpretativa che escludesse l'immediata impugnazione di siffatte clausole - aggiunge il Collegio – sebbene “più aderente alla lettera che alla ratio dell'Adunanza Plenaria del 2003 ed all'esigenza della sua interpretazione in chiave evolutiva – finirebbe per svilire e depotenziare le due architravi del nuovo impianto normativo” ossia:

“a) da un lato il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa - assunto da legislatore ad elemento di rilancio di una discrezionalità “sana e vigilata” da porre a disposizione di amministrazioni qualificate sì da renderle capaci di selezionare le offerte con razionalità ed attenzione ai profili qualitativi;

b) dall'altro sarebbe irragionevolmente derogata la logica bifasica (ammissioni/esclusioni prima fase; aggiudicazione seconda fase) che ha caratterizzato il nuovo approccio processuale in tema di tutela, poiché è evidente che l'illegittimità del bando, sub specie del criterio di aggiudicazione, è un prius logico giuridico rispetto alle ammissioni, condizionandole e rendendole illegittime in via derivata”.

Infine, “a riprova dell'irrazionalità della tesi dell'impugnazione postergata del criterio di aggiudicazione”, la sentenza aggiunge che “non v'è ragione alcuna per attendere, al fine di invocare tutela, che la procedura di concluda con l'aggiudicazione a terzi” in quanto il ricorrente non ha poi l'onere di dimostrare “un rapporto di causalità tra effetto lesivo del bene aggiudicazione e legge di gara”.

La preclusione alla contestazione immediata del criterio di aggiudicazione indicato nel bando è pertanto esclusa e superata in quanto:

- “non risponderebbe a finalità deflattive ed anzi inficerebbe quelle legate al pur contemplato onere di impugnazione delle ammissioni”;

- “non risponde del resto a finalità di coerenza giuridica o dogmatica, poiché il postergare l'impugnazione della legge di gara finanche quando la violazione è già conclamata, può avere un senso solo in relazione a clausole che non violino immediatamente l'interesse del singolo imprenditore, è così certamente non è per quelle che gli impediscono di concorrere sulla qualità”;

- “è inoltre contraria al dovere di leale collaborazione ed al rispetto del principio di legittimo affidamento, immanenti anche nell'ordinamento amministrativo”.

Per l'ulteriore profilo esaminato dalla sentenza relativo al rapporto tra il criterio del prezzo più basso (art. 95 comma 4) e dell'OEPV (art. 95 comma 3) si rinvia alla relativa stringa di Casi e Sentenze.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.