Le implicazioni della natura giuridica delle interdittive antimafia

Emanuele Feola
03 Ottobre 2016

La sentenza richiama ed applica una serie di principi e criteri enunciati dalla giurisprudenza amministrativa, in merito alle implicazioni pratiche della natura giuridica delle interdittive antimafia, al fine di precisare i requisiti che il quadro indiziario deve presentare per giustificare la loro adozione.

Con ricorso al TAR Campania - Napoli, la società ricorrente impugnava l'interdittiva antimafia adottata nei propri confronti dalla Prefettura di Caserta. L'interdittiva si fondava su di un articolato quadro indiziario costituito: 1) dai rapporti di parentela degli amministratori con noti esponenti del clan camorristico dei casalesi; 2) dalla deposizione resa da un collaboratore di giustizia secondo cui un amministratore della società era addirittura legato al capo di una fazione del clan; 3) dal fatto che il medesimo amministratore aveva subito, senza averla denunciata, una estorsione da parte della stessa fazione del clan; 4) la società aveva una partecipazione in altre società già colpite da interdittive antimafia.

Secondo la ricorrente, le valutazioni compiute dall'autorità prefettizia sarebbero state meramente congetturali, in quanto gli amministratori e i soci della stessa non sarebbero stati destinatari di provvedimenti penali per reati di associazione mafiosa o ad essi strumentali ovvero di provvedimenti applicativi di misure di prevenzione, ma, anzi, sarebbero stati addirittura vittime di condotte criminali di tipo mafioso. I rapporti di parentela degli amministratori con noti esponenti del clan dei casalesi non sarebbero state, poi, indicative del condizionamento mafioso. Inoltre, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia sui legami della compagine sociale con il clan sarebbero state inattendibili; mentre, irrilevante sarebbe stata l'omessa denuncia della sopra richiamata estorsione, in quanto, nel procedimento penale ad essa relativo, l'amministratore della società si sarebbe finanche costituito parte civile. Infine, sarebbero state irrilevanti anche le sopra richiamate partecipazioni sociali, in quanto acquisite in data antecedente l'adozione delle misure interdittive richiamate nel provvedimento impugnato.

In altri termini, la tesi sostenuta dalla difesa era quella secondo cui il quadro indiziario indicato dall'Amministrazione erano inidoneo a fondare l'adozione della misura, in assenza di condanne penali a carico dei membri della compagine sociale della ricorrente.

Tale assunto è stato però espressamente disconosciuto dal Collegio, alla luce della natura giuridica delle misure interdittive antimafia.

Ed invero, il Tribunale richiama l'univoco orientamento giurisprudenziale, richiamato dalla difesa erariale, secondo cui «l'interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare e per la sua funzione di massima anticipazione della soglia di prevenzione, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste. Pertanto, ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l'intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata; d'altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri».

A fronte di tale orientamento giurisprudenziale cui il TAR ha inteso dare seguito, il Collegio ha ritenuto irrilevante la circostanza secondo cui gli amministratori e soci della ricorrente non sarebbero mai stati destinatari di provvedimenti penali per reati di associazione mafiosa o ad essi strumentali ovvero di provvedimenti applicativi di misure di prevenzione, ma, anzi, sarebbero stati vittime di condotte criminali camorristiche. E ciò in quanto l'interdittiva ex art. 91 d.lgs. n. 159 del 2011 prescinde, per la sua natura e funzione preventiva, dall'accertamento definitivo delle responsabilità penali ovvero dei presupposti soggettivi per l'applicazione di misure di prevenzione, ma ben può arrestarsi al riscontro degli elementi oggettivamente rivelatori (in termini probabilistici) del pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata.

Pertanto, in considerazione del complessivo quadro indiziario richiamato nel provvedimento impugnato, il Tribunale ha ritenuto infondate le censure così come articolate dalla ricorrente e, per l'effetto, ha rigettato il ricorso.