Nuovi limiti al diritto di difesa introdotti dal d.lgs. n. 50 del 2016 in contrasto con il diritto eurounitario e la Costituzione

Maria Alessandra Sandulli
04 Maggio 2016

Il nuovo Codice dei contratti pubblici ha introdotto nuovi gravissimi limiti all'esercizio del diritto di difesa, di cui i soggetti aggiudicatori e gli organi giurisdizionali dovranno attentamente e responsabilmente valutare la compatibilità costituzionale e eurounitaria.
Abstract
Il nuovo Codice dei contratti pubblici ha introdotto nuovi gravissimi limiti all'esercizio del diritto di difesa, di cui i soggetti aggiudicatori e gli organi giurisdizionali dovranno attentamente e responsabilmente valutare la compatibilità costituzionale e eurounitaria.
I nuovi limiti alla tutela giurisdizionale

Come rilevato nella bussola Il rito speciale in materia di contratti pubblici, il d.lgs. n. 50 del 2016 introduce nuovi importanti limiti alla tutela giurisdizionale contro gli atti delle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture.

In particolare, le nuove disposizioni:

(i) sottraggono gli affidamenti di valore inferiore a 150.000 euro (art. 36, comma 2, lett. a) e b) al rispetto del c.d. standstill sostanziale (termine dilatorio minimo tra la comunicazione dell'aggiudicazione e la stipula del contratto: art. 32, comma 10);

(ii) eliminano l'accesso automatico agli atti di gara (previsto dall'art. 79, comma 5, d.lgs. n. 163 del 2006);

(iii) non prevedono alcun obbligo generale di comunicazione ai concorrenti dei motivi delle decisioni (di esclusione della propria offerta, di ammissione e/o selezione delle altre offerte, ecc.) che essi sono tenuti ad impugnare entro termini brevi di decadenza;

(iv) dispongono che (soltanto) previa apposita richiesta i soggetti aggiudicatori devono comunicare ai concorrenti esclusi i motivi del rigetto della loro offerta e agli offerenti che abbiano presentato un'offerta “ammessa e valutata” (e dunque non anche a quelli esclusi con provvedimento ancora sub iudice) i motivi della selezione di un'altra offerta, del nome dell'aggiudicatario o delle parti dell'accordo quadro, nonché dello svolgimento e andamento delle negoziazioni e del dialogo con gli offerenti, lasciando peraltro agli stessi committenti un margine di (ben!) 15 giorni per rispondere (sic!) (art. 76, comma 2 e comma 5);

(v) non prevedono la possibilità di presentare analoga richiesta per conoscere i motivi dell'ammissione degli altri concorrenti;

(vi) impongono l'immediata impugnazione (a prescindere dalla maturazione di un interesse attuale e concreto all'esito della gara) degli atti di ammissione degli altri concorrenti entro il termine breve di 30 giorni dalla pubblicazione sul profilo del committente dei relativi provvedimenti (senza, ovviamente, fare cenno alla conoscenza della documentazione e dei motivi che ne sono alla base) (art. 204 che inserisce un comma 2-bis all'art. 120 c.p.a.);

(vii) sottopongono tali controversie a un rito straordinariamente accelerato: in particolare, ne dispongono la trattazione ordinaria in camera di consiglio e ne contraggono ulteriormente i termini processuali, imponendo di celebrare la camera di consiglio (o, su richiesta di parti, l'udienza pubblica) entro 60 giorni dalla notifica del ricorso (contro i 75 giorni del rito superaccelerato ordinario introdotto dalla riforma del 2014) e riducendo, di conseguenza, i termini per la produzione di documenti, memorie e repliche (rispettivamente indicati in 15, 10, 6 e 3 giorni “liberi” anteriori alla stessa data, evidentemente incompatibili con un'attenta e completa valutazione della documentazione e delle problematiche generalmente complesse relative alla materia in oggetto); stabiliscono, in una con il divieto di cancellazione della causa dal ruolo, il divieto di rinvio della trattazione se non per esigenze istruttorie o di integrazione del contraddittorio e per produrre motivi aggiunti e ricorso incidentale (evidente l'assenza di coordinamento con le ipotesi di rinvio previste dal comma 6, che non contiene l'espresso riferimento ai motivi aggiunti e al ricorso incidentale, ma giustifica correttamente il rinvio per il rispetto dei termini a difesa); contraggono entro un massimo di 3 giorni il termine per il deposito degli adempimenti istruttori e entro 15 giorni quello per la fissazione della nuova camera di consiglio e riducono a 7 giorni dalla camera di consiglio/udienza il termine di deposito della sentenza (art. 204, che inserisce un comma 6-bis all'art. 120, c.p.a.);

(viii) escludono, nello stesso spirito, per i medesimi giudizi l'operatività del termine “lungo”, già comunque ridotto a tre mesi dalla pubblicazione della sentenza, per la proposizione (recte notificazione) dell'appello, imposta dunque in ogni caso entro 30 giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della sentenza (art. 204, che inserisce un comma 6-bis all'art. 120, c.p.a.): anche se, con le riferite tempistiche, in questi giudizi non dovrebbe residuare molto spazio per la tutela cautelare (salvo, forse, nel periodo di sospensione feriale), si segnala il difetto di coordinamento con l'art. 62, comma 1, c.p.a., che, per l'appello cautelare, prevede in ogni caso il termine lungo di 60 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza;

(ix) stabiliscono che ai fini della concessione di misure cautelari (già limitata dall'art. 119, comma 4, c.p.a. ai casi di «estrema gravità e urgenza»), il giudice debba altresì «tenere conto di quanto previsto dagli artt. 121, comma 1, e 122

»

c.p.a (sul potere del giudice di definire la portata della decisione sull'efficacia del contratto eventualmente stipulato) e «delle esigenze imperative connesse a un interesse generale all'esecuzione del contratto, dandone conto nella motivazione» (art. 204 che inserisce un comma 8-ter all'art. 120, c.p.a.).

Il (neanche più troppo) malcelato intento di scoraggiare l'accesso alla giustizia è confermato da un'altra sconcertante disposizione del nuovo Codice: una delle più importanti novità introdotte dal d.lgs. n. 50 del 2016 è, come noto, l'istituzione presso l'ANAC, che ne cura la gestione, di un «sistema del rating di impresa e delle relative penalità e premialità, da applicare ai soli fini della qualificazione delle imprese, per il quale l'Autorità rilascia apposita certificazione». Il sistema è connesso a “requisiti reputazionali” stabiliti dalla stessa Autorità, che, secondo quanto espressamente disposto dal Codice «tengono conto, in particolare», oltre che del rating di legalità rilevato da quest'ultima in collaborazione con l'AGCM, ai sensi dell'art. 213, comma 7, «dei precedenti comportamentali dell'impresa, con riferimento (non soltanto : n.d.r.) al rispetto dei tempi e dei costi nell'esecuzione dei contratti, (ma anche: n.d.r.) all'incidenza del contenzioso sia in sede di partecipazione alle procedure di gara che in fase di esecuzione del contratto». La proposizione di un ricorso “al buio” (per concreta impossibilità di apprezzarne la fondatezza) o “inutile” (per carenza di un interesse concreto e attuale al relativo accoglimento), oltre a sottoporre gli operatori ad inutili e ingiusti oneri organizzativi, psicologici ed economici, rischia dunque di rovinarne la stessa “reputazione”.

Profili di (in)compatibilità costituzionale e eurounitaria.

In sede di concreta applicazione delle riferite disposizioni, gli organi giudicanti (e per quanto concerne lo standstill, i soggetti aggiudicatori) non potranno pertanto non valutarne, in via preliminare, la compatibilità con i principi di effettività della tutela, nettamente sanciti dagli artt. 24, 103, 111 e 113 Cost., 47 Carta di Nizza e 6 CEDU (operante, si ricorda, come norma costituzionale interposta, ai sensi dell'art. 117, comma 1, Cost.).

È fondamentale, a tal fine, il richiamo ad alcuni chiarissimi passaggi della Direttiva 2007/66/CE, che significativamente, precisa, nel 36° considerando, che essa «rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea» e «mira in particolare a garantire il pieno rispetto del diritto ad un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, conformemente all'articolo 47, primo e secondo comma, di detta Carta».

La stessa Direttiva, nei primi considerando, dopo aver espressamente individuato le ragioni della propria adozione nella constatazione che le precedenti direttive processuali (nn. 89/665/CE e 92/13/CEE) «non permettono sempre di garantire il rispetto delle disposizioni comunitarie, soprattutto in una fase in cui le violazioni possono essere ancora corrette», rileva, inter alia, espressamente che:

(i) fra le carenze constatate figura, in particolare, l'assenza di un termine che consenta un ricorso efficace tra la decisione d'aggiudicazione di un appalto e la stipula del relativo contratto, ciò che induce talvolta le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori desiderosi di rendere irreversibili le conseguenze di una decisione d'aggiudicazione contestata a procedere molto rapidamente alla firma del contratto: per rimediare a questa carenza, che costituisce un serio ostacolo ad un'effettiva tutela giurisdizionale degli offerenti interessati, vale a dire coloro che non sono stati ancora definitivamente esclusi, è opportuno prevedere un termine sospensivo minimo, durante il quale la stipula del contratto in questione è sospesa, indipendentemente dal fatto che quest'ultima avvenga o meno al momento della firma del contratto (considerando n. 4);

(ii) il termine sospensivo dovrebbe concedere agli offerenti interessati sufficiente tempo per esaminare la decisione d'aggiudicazione dell'appalto e valutare se sia opportuno avviare una procedura di ricorso: quando la decisione di aggiudicazione è loro notificata, gli offerenti interessati dovrebbero pertanto ricevere le informazioni pertinenti, che sono loro indispensabili per presentare un ricorso efficace; lo stesso vale di conseguenza per i candidati se l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore non hanno messo tempestivamente a disposizione informazioni circa il rigetto della loro domanda (considerando n. 6);

(iii) tali informazioni pertinenti comprendono in particolare una relazione sintetica dei motivi pertinenti, come disposto all'art. 41 della direttiva 2004/18/CE e all'art. 49 della direttiva 2004/17/CE; dato che il termine sospensivo varia da uno Stato membro all'altro, è inoltre importante che gli offerenti e i candidati interessati siano informati del termine effettivo a loro disposizione per esperire la procedura di ricorso (considerando n. 7);

(iv) la privazione di effetti è il modo più sicuro per ripristinare la concorrenza e creare nuove opportunità commerciali per gli operatori economici che sono stati illegittimamente privati delle possibilità di competere; le aggiudicazioni mediante affidamenti diretti illegittimi ai sensi della presente direttiva dovrebbero includere tutte le aggiudicazioni di appalti avvenute senza pubblicazione preliminare di un bando di gara nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ai sensi della direttiva 2004/18/CE; ciò corrisponde a una procedura senza previa indizione di una gara ai sensi della direttiva 2004/17/CE (considerando n. 14);

(v) il rafforzamento dell'efficacia dei ricorsi nazionali dovrebbe incoraggiare gli interessati ad avvalersi maggiormente delle possibilità di ricorso con procedura d'urgenza, prima della conclusione del contratto; in tali circostanze occorre riorientare il meccanismo correttore sui casi gravi di violazione della legislazione comunitaria in materia di appalti pubblici (considerando n. 28).

Se dunque, le predette garanzie, sono espressione (e imprescindibile corollario) del principio di effettività della tutela, esse, in ossequio al principio di eguaglianza e in virtù del c.d effetto spill over dei principi generali del diritto UE (riconosciuto e generalizzato nel nostro ordinamento dall'art. 1, l. n. 241 del 1990), devono essere assicurate per tutte le procedure di affidamento e per tutti gli atti che, nell'ambito o in relazione alle stesse, violano le regole di diritto sostanziale.

Ne consegue che le stazioni committenti non potranno legittimamente stipulare i contratti (di qualunque valore) prima del decorso del termine per la proposizione di un ricorso giurisdizionale e i Giudici amministrativi non potranno non tenere conto – ai fini della valutazione della tempestività dei ricorsi – della “effettiva conoscibilità”, da parte del ricorrente, dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto che sono alla base del provvedimento impugnato (evidentemente esclusa fino a quando i soggetti aggiudicatori non esternano i motivi delle loro decisioni e non ostendono la documentazione sulla base della quale esse sono state assunte), nonché del momento dell'effettiva insorgenza di un interesse – concreto e attuale – al relativo annullamento (evidentemente inconfigurabile, anche alla luce dell'onerosità dell'accesso alla giustizia, rispetto alla mera ammissione di altre offerte).

O, quanto meno, prima di dare cieca applicazione alle nuove disposizioni, i Giudici, soprattutto quelli di ultima istanza, dovrebbero rimettere alla Corte Costituzionale, o, meglio, per gli appalti di rilevanza eurounitaria, alla Corte di Giustizia UE, la questione della relativa compatibilità con il diritto fondamentale ad una tutela effettiva.

Per le stesse ragioni, nella decisione sulle istanze cautelari, l'organo giudicante dovrà in ogni caso operare un attento bilanciamento dei contrapposti interessi, senza sentirsi in alcun modo vincolato a un giudizio preferenziale per l'interesse alla sollecita esecuzione del contratto, che, in nessun caso, può legittimamente prevalere su quello alla selezione di un'offerta che, sotto il profilo soggettivo e oggettivo, rispetti i requisiti di legge e soddisfi al meglio le esigenze del committente e della collettività. Proprio la tempistica ipercontratta del giudizio di merito dovrebbe del resto, salvo ipotesi davvero straordinarie, costituire un elemento a favore dell'accoglimento delle richieste cautelari, ché difficilmente il (breve) tempo necessario ad ottenere una decisione auspicabilmente più consapevole e ponderata può incidere sull'interesse pubblico alla sollecita acquisizione della prestazione richiesta in termini così gravi da prevalere sull'interesse generale al rispetto della legalità e alla garanzia della buona “amministrazione”.

A questo riguardo sembra del resto appena il caso di richiamare, per la loro perdurante attualità, le pronunce con cui la Corte Costituzionale (sent. 1 febbraio 1982, n. 8) e la Corte di Giustizia UE (ord. 29 aprile 2004, C-202/03) hanno a diverso proposito (rispettivamente irrinunciabilità dell'appello sulle ordinanze cautelari e irrinunciabilità della tutela cautelare ante causam) affermato la valenza fondamentale della tutela cautelare nel processo amministrativo.

Guida all'approfondimento

A. Nobile, La nuova direttiva comunitaria concernente i ricorsi in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, in Appalti e contratti, 2008, 11, 36; P. Santoro, La nuova direttiva ricorsi 2007/66/Ce e l'impatto con il sistema di giustizia nazionale, in Riv. trim. appalti, 2008, 3, 676; nonché, in occasione del commento alla normativa di recepimento, M. Lipari, Il recepimento della “direttiva ricorsi”: il nuovo processo super-accelerato in materia di appalti e l'inefficacia “flessibile” del contratto, in www.federalismi.it, 13 aprile 2010, Id, La direttiva ricorsi nel codice del processo amministrativo: dal 16 settembre 2010 si cambia ancora?, ivi, 14 ottobre 2010; R. De nictolis, Il recepimento della direttiva ricorsi, in www.giustizia-amministrativa.it; E. Follieri, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120-124 del codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2010, 4, 1067 ss.; M. A. Sandulli, Il processo amministrativo super accelerato e i nuovi contratti ricorso-resistenti, relazione tenuta al Convegno dell'IGI del 26 febbraio 2009, in www. federalismi.it, 3 marzo 2009, Id., La tutela cautelare nel processo amministrativo, in Foro amm. TAR, 2009, 9, LV, Id., La fase cautelare, in dir. proc. amm., 2010, 4, 1130, Id., Le nuove misure di deflazione del contenzioso amministrativo:prevenzione dell'abuso di processo o diniego di gisutizia?, in www.federalismi.it,4 dicembre 2013, Id., Introduzione, in Il nuovo processo amministrativo. Studi e contributi, a cura di M.A. Sandulli, Milano, Giuffrè, 2013; Id., Il tempo del processo come bene della vita, Relazione al 60° Convegno di Studi di Scienze Amministrative – Varenna 2014, in www.federalismi.it, 1 ottobre 2014, Id., Il principio di legalità e effettività della tutela: spunti di riflessione alla luce del magistero scientifico di Aldo M. Sandulli, in Diritto e società, 2015, 4, 649, Id., Nuovi ostacoli alla tutela contro la pubblica amministrazione (legge di stabilità 2016 e legge delega sul recepimento delle Direttive contratti), in www. federalismi.it, 19 gennaio 2016.

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