Decorrenza del termine di impugnazione dell’aggiudicazione e accesso ex art. 79, comma 5-quater, d.lgs. n. 163 del 2006

04 Maggio 2017

Il termine per l'impugnazione dell'aggiudicazione decorre dalla comunicazione della stessa qualora questa rispetti i requisiti di forma e contenuto indicati dall'art. 79, comma 5-bis, d.lgs. n. 163 del 2006; solo laddove la comunicazione non sia rispondente ai requisiti di legge il ricorrente potrà giovarsi dell'ulteriore termine di dieci giorni previsto per l'accesso agli atti di gara dal comma 5-quater dell'art. 79.

Il Consiglio di Stato, nel riformare la decisione del giudice di primo grado, dichiarando irricevibile il ricorso proposto dall'impresa seconda classificata avverso l'aggiudicazione di una procedura di affidamento di servizi di vigilanza e di gestione della rete di videosorveglianza di immobili, ha chiarito a quali condizioni il termine di impugnazione dell'aggiudicazione decorre dalla comunicazione della stessa.

Il Collegio ha preliminarmente rilevato l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 79, comma 5-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, il quale dispone che le comunicazioni di cui al comma 5 dello stesso articolo – tra le quali rientra quella dell'aggiudicazione definitiva – sono accompagnate dal provvedimento e dalla relativa motivazione contenente almeno gli elementi di cui al comma 2, lett. c) – ovvero le caratteristiche e i vantaggi dell'offerta selezionata e il nome dell'offerente cui è stato aggiudicato il contratto – per poi specificare che nel caso, tra gli altri, in cui si debba comunicare l'aggiudicazione definitiva al concorrente che segue in graduatoria, l'onere può essere assolto mediante l'invio dei verbali di gara.

Nel caso in cui la stazione appaltante abbia adempiuto agli obblighi di legge – come avvenuto nella fattispecie – comunicando ai concorrenti non aggiudicatari e non definitivamente esclusi dalla gara l'atto conclusivo della procedura completo degli elementi previsti, la decisione afferma, quindi, che la legge stessa qualifichi la comunicazione così predisposta come idonea a porre i soggetti interessati nelle condizioni di proporre ricorso giurisdizionale “efficace”, come richiesto dalle direttive europee in materia di appalti pubblici (richiamandosi in proposito l'art. 1, comma 1, dir. 89/665/CEE del 21 dicembre 1989); viene ritenuto, quindi, che, attraverso una valutazione legale tipica, sia soddisfatto l'obbligo di comunicazione motivata del provvedimento conclusivo della gara, che pone gli altri concorrenti nelle condizioni di agire in giudizio (la decisione cita in senso conforme Cons. St., Sez. V, 13 febbraio 2017, n. 592; Id., Sez. VI, 1° aprile 2016, n. 1298; CGA, 7 novembre 2016, n. 389).

Tanto premesso, il Consiglio di Stato sottolinea che l'assenza nella comunicazione di elementi sufficienti per formulare censure di legittimità costituisce evenienza di mero fatto, che non può porsi a carico della parte pubblica, onerando invece il privato potenzialmente interessato ad attivarsi per acquisire una compiuta conoscenza degli atti di gara, attraverso gli strumenti messi a disposizione della legge, tra i quali rientra l'accesso disciplinato dall'art. 79, comma 5-quater, del d.lgs. n. 163 del 2006; solo nel caso in cui la comunicazione non risponda ai requisiti di legge il ricorrente potrà giovarsi dell'ulteriore termine di 10 giorni previsto dalla disposizione da ultimo citata (in questo senso anche Cons. Stato, Sez. III, 25 novembre 2014, n. 5830; Id., Sez. V, 10 febbraio 2015, n. 864).

A suffragio di tali conclusioni il Collegio ha richiamato la decisione GGUE 8 maggio 2014, in causa C-161/13 – relativa a fattispecie in cui il vizio di legittimità dedotto in giudizio era conseguito a fatti successivi all'aggiudicazione definitiva e antecedenti alla stipula del contratto, di cui la ricorrente non aveva avuto notizia – ove è stato affermato che ricorsi efficaci possono essere garantiti soltanto se i relativi termini di proposizione comincino a decorrere dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione di appalti pubblici (punto 37) e che la possibilità di proporre motivi aggiunti nell'ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell'appalto non costituisce sempre un'alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva (punto 40). Osserva, quindi, il Consiglio di Stato che, al di là della specifica fattispecie ivi esaminata, la decisione della Corte di giustizia opera un riferimento espresso alla conoscibilità della violazione occorsa in sede di gara e che tale possibilità non può che rimandare alle forme tipiche di legge di comunicazione del provvedimento conclusivo della procedura, previste dall'art. 79 d.lgs. n. 163 del 2006, introdotte, peraltro, dal d.lgs. n. 53 del 2010 di attuazione della direttiva 2007/66/CE.

Precisa ulteriormente la pronuncia in commento che la conoscenza di vizi ulteriori non desumibili dagli elementi e dagli atti comunicati dalla stazione appaltante può quindi giustificare, a fronte di una lesione già prodottasi e percepita in modo compiuto, la proposizione di motivi aggiunti, schema ritenuto applicabile anche qualora dalla comunicazione dell'aggiudicazione non si evincano elementi tali da ritenere invalida quest'ultima e la conoscenza effettiva di ciò venga raggiunta solo in sede di accesso agli atti ex art. 79, comma 5-quater, d.lgs. n. 163 del 2006. Una diversa interpretazione, che faccia decorrere il termine di impugnazione dal momento in cui viene conosciuto il vizio all'esito dell'accesso ex art. 79, comma 5-quater, renderebbe mutevole e in definitiva incerto il momento in cui gli atti di gara diventano inoppugnabili e, conseguentemente, in cui l'esito della procedura può dirsi consolidato; tale ricostruzione non viene considerata accettabile in ragione dell'elevato tasso di incertezza che ne deriverebbe sulle procedure di affidamento.

Conclude, quindi, la pronuncia osservando che non possono essere addossati alla stazione appaltante oneri formali ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge, traducendosi ciò nella ricerca di tutti i possibili e non predeterminabili motivi di eventuale illegittimità della gara; considerazioni di ragionevolezza imporrebbero, al contrario, che sia la parte interessata ad attivarsi a seguito della intervenuta conoscenza dell'aggiudicazione e della relativa motivazione, eventualmente mediante l'accesso agli atti, senza che tale strumento possa tradursi in una dilazione del termine per ricorrere in giudizio.

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