Sulla latitudine dell’onere dichiarativo relativo agli errori professionali nel Codice del 2006 e sulla sussistenza dell’errore in caso di varianti

07 Settembre 2017

Deve escludersi che l'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006 esprima un principio di “onnicomprensività della dichiarazione”, tale per cui il concorrente a una pubblica gara sarebbe tenuto a dichiarare qualunque circostanza che sia potenziale sintomo di inesatti adempimenti contrattuali, al fine di consentire alla stazione appaltante di valutare tali circostanze con la maggiore possibile ampiezza di strumenti conoscitivi, atteso che tale disposizione, ispirata ad evidenti ragioni di sicurezza giuridica e di affidabilità dei candidati contraenti, assegna alle stazioni appaltanti specifici poteri (peraltro non tipizzati nei loro precisi contorni) per accertare l'eventuale precedente commissione di gravi errori professionali negli appalti pubblici.In relazione a quanto previsto dall'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006, la necessità di introdurre varianti conseguenti ad errori o omissioni del progetto esecutivo costituisce indice di un errore grave nell'esercizio dell'attività professionale solo nell'ipotesi in cui le varianti stesse eccedano il limite quantitativo del quinto.
Massima

Deve escludersi che l'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006 esprima un principio di “onnicomprensività della dichiarazione”, tale per cui il concorrente a una pubblica gara sarebbe tenuto a dichiarare qualunque circostanza che sia potenziale sintomo di inesatti adempimenti contrattuali, al fine di consentire alla stazione appaltante di valutare tali circostanze con la maggiore possibile ampiezza di strumenti conoscitivi, atteso che tale disposizione, ispirata ad evidenti ragioni di sicurezza giuridica e di affidabilità dei candidati contraenti, assegna alle stazioni appaltanti specifici poteri (peraltro non tipizzati nei loro precisi contorni) per accertare l'eventuale precedente commissione di gravi errori professionali negli appalti pubblici.

In relazione a quanto previsto dall'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006, la necessità di introdurre varianti conseguenti ad errori o omissioni del progetto esecutivo costituisce indice di un errore grave nell'esercizio dell'attività professionale solo nell'ipotesi in cui le varianti stesse eccedano il limite quantitativo del quinto.

Il caso

La società ricorrente ha impugnato l'aggiudicazione definitiva di una procedura di gara per l'affidamento della progettazione esecutiva e la realizzazione dei lavori di ricostruzione di infrastrutture in ambito urbano, sostenendo che il progettista, indicato dal RTI aggiudicatario, non aveva dichiarato alla stazione appaltante, in violazione dell'art. 38, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006, un grave errore professionale (ossia un errore del progetto esecutivo) commesso nei confronti di altra amministrazione aggiudicatrice. Il TAR Abruzzo ha accolto il ricorso ritenendo che la descritta omissione dichiarativa comporti l'automatica esclusione dalla procedura di gara. Avverso la sentenza di primo grado, parte resistente ha proposto appello, contestando il principio di “onnicomprensività della dichiarazione” affermato dal TAR.

La questione

Il Consiglio di Stato è stato così chiamato a dirimere due questioni: (i) la prima, di ordine generale, sulla sussistenza in capo ai concorrenti, quanto agli errori professionali di cui all'art. 38, lett. f), cit., di un obbligo di “onnicomprensività della dichiarazione” (per cui il concorrente sarebbe onerato – a pena di esclusione – di dichiarare qualunque inadempimento che abbia caratterizzato la propria vita professionale, al fine di consentire alla stazione appaltante la più consapevole valutazione circa la rilevanza di tali precedenti); (ii) la seconda, sulla ricorrenza o meno di un “errore grave nell'esercizio dell'attività professionale” quando, nei confronti di un'impresa incaricata di attività di progettazione, sia stata disposta una variante progettuale ai sensi dell'art. 132, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 163 del 2006.

Le soluzioni giuridiche

Al primo dei quesiti articolati, il Collegio ha dato risposta negativa, escludendo l'esistenza di un principio di “onnicomprensività della dichiarazione”, che imponga al concorrente di dichiarare qualunque circostanza che sia potenziale sintomo di inesatti adempimenti contrattuali, sulla scorta di una interpretazione sia letterale sia logica della disposizione normativa.

Infatti, l'art. 38, lett. f), esclude dalle gare pubbliche, al fine di garantire l'affidabilità dei contraenti, coloro «che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante»; pertanto, da un lato, la norma attribuisce alla stazione appaltante specifici poteri, seppure non tipizzati, per accertare l'eventuale precedente grave errore professionale, dall'altro lato, non impone alcun obbligo «dai contorni lati e malcerti di dichiarare qualsivoglia inadempimento contrattuale che potrebbe, anche solo astrattamente, concretare ipotesi di grave errore professionale».

A riprova della correttezza di tale interpretazione, la sentenza pone in confronto il dato testuale della lett. f) con quello della lett. c) e del comma 3 del medesimo art. 38, sull'obbligo di dichiarare tutte le condanne penali riportate.

D'altro canto, sul piano logico, la differenza si ritiene giustificata dalla circostanza che la condanna penale è un parametro di riferimento certo, mentre il “grave errore professionale” rappresenta un concetto ex se indeterminato che, qualora oggetto di una ipotetica dichiarazione onnicomprensiva, darebbe luogo ad un onere da contorni indefiniti (essendo indeterminabile a priori il novero delle inadempienze contrattuali – anche di minima entità – che possono verificarsi nel corso dell'ordinaria attività di impresa).

Alla luce delle descritte argomentazioni, il Collegio ha quindi asserito che l'adesione a «una così lata e insicura nozione di onere dichiarativo» comporterebbe «una situazione di inaccettabile incertezza e imprevedibilità del diritto, fonte di potenziale aporia di sistema e di danno all'economia del settore, per aver connesso la seria misura dell'esclusione a un novero di violazioni inammissibilmente ampio e potenzialmente indeterminato». Di contro, non violerebbe il dovere di trasparenza e lealtà nella gare pubbliche una perimetrazione dell'onere in questione, tale da permettere alle imprese che intendono partecipare di avere contezza delle tipologie di precedenti che possono risultare di ostacolo alla loro affidabilità.

Quanto al secondo dei quesiti proposti, il Consiglio di Stato ha affermato che non costituisce errore grave il fatto che, nei confronti di un'impresa incaricata di attività di progettazione, sia stata disposta una variante progettuale ai sensi dell'art. 132, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto l'art. 132 cit. fissa(va) una soglia differenziata in ordine alle conseguenze connesse a errori o omissioni del progetto esecutivo idonee a pregiudicare, in tutto o in parte, la realizzazione dell'opera ovvero la sua utilizzazione.

In particolare, le varianti limitate entro il quinto dell'importo originario non comportavano la risoluzione del contratto, bensì la sola imputazione al progettista delle relative conseguenze economiche (art. 132, comma 2), mentre solo le varianti eccedenti l'indicato limite quantitativo conducevano alla risoluzione del contratto e all'indizione di una nuova gara (art. 132, comma 4). Secondo la sentenza, vista la distinzione richiamata, solo la seconda tipologia di errori progettuali (e di conseguenti varianti) può ritenersi di effettiva gravità, giustificando così l'esclusione dell'impresa dalla gara.

Sulla scorta di tali motivazioni, il Consiglio di Stato ha quindi accolto l'appello riformando la sentenza di primo grado.

Osservazioni

La sentenza asserisce che non si reputa imposto al concorrente un onere dichiarativo avente ad oggetto ogni sorta di inadempimento contrattuale potenzialmente rappresentativo di un grave errore professionale, non potendosi esigere dall'operatore economico un onere così indeterminato nel suo contenuto a pena di esclusione.

La posizione assunta è senz'altro condivisibile, nell'evidenziata ottica di prevedibilità e certezza del diritto, non potendosi ricollegare una conseguenza così grave come l'esclusione al mancato assolvimento di un onere dichiarativo di fatto inesigibile, per i suoi contorni indefiniti, se inteso in senso lato e onnicomprensivo.

Contestualmente, il Consiglio di Stato (richiamando la sent. Cons. St., Sez V, 22 ottobre 2015, n. 4870) afferma incidenter tantum che l'inadempimento all'onere di dichiarare i fatti richiesti ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. f) (con particolare riguardo alle inadempienze nell'esercizio dell'attività professionale) rimane sanzionabile con l'esclusione se costituisce un effettivo e sostanziale ostacolo alla valutazione da parte della stazione appaltante; circostanza questa che potrebbe ad esempio rilevare laddove oggetto dell'omessa dichiarazione sia un fatto di evidente gravità (ad esempio se determinativo di una risoluzione del contratto giudizialmente accertata).

Guida all'approfondimento

F. Saitta, L'esclusione dalla gara per grave errore professionale, Focus del 13 aprile 2016.

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