La Corte di Giustizia afferma la valenza di regola generale dei principi sanciti dalla sentenza Fastweb in tema di ordine di esame tra ricorso principale e ricorso incidentale

Francesco Pignatiello
06 Aprile 2016

Le decisioni della Plenaria non vincolano le Sezioni Semplici se contrastano con il diritto UE.La Corte di Giustizia dell'Unione Europea interviene nuovamente in materia di rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale e chiarisce gli effetti e l'ambito di applicazione della sentenza CGUE, Sez. X, 4 luglio 2013, C-100/2012 (sentenza Fastweb), contestando, seppur in risposta ad una questione pregiudiziale sollevata antecedentemente alla decisione del Cons. St., Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9 (cfr. ordinanza di rimessione, CGA, 26 settembre 2013, n. 848), la valenza di eccezione alla regola generale dell'esame prioritario del ricorso incidentale, attribuita a tale sentenza dall'Adunanza Plenaria.In particolare, la Corte ritiene irrilevante, ai fini della corretta applicazione dei principi affermati nella sentenza Fastweb, il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell'appalto pubblico, il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi e la divergenza dei motivi dai medesimi dedotti.

Le decisioni della Plenaria non vincolano le Sezioni Semplici se contrastano con il diritto UE.

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea è intervenuta in materia di rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale ed ha chiarito gli effetti e l'ambito di applicazione della sentenza CGUE, sez. X, 4 luglio 2013, C-100/2012 (sentenza Fastweb), contestando, seppur in risposta a una questione pregiudiziale sollevata antecedentemente alla decisione del Cons. St., Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9 (cfr. ordinanza di rimessione, CGA, 26 settembre 2013, n. 848), la valenza di eccezione alla regola generale dell'esame prioritario del ricorso incidentale attribuita a tale sentenza dall'Adunanza Plenaria.

In particolare, la Corte ha ritenuto irrilevante ai fini della corretta applicazione dei principi affermati nella sentenza Fastweb il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell'appalto pubblico, il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi e la divergenza dei motivi dai medesimi dedotti.

Il CGA, partendo dalla sentenza “Fastweb” della Corte di Giustizia, pronunciata successivamente alla sentenza del Cons. St., Ad. Plen., 7 aprile 2011, n. 4, e rilevati i contrasti tra tali decisioni, si è trovato nella scelta, da un lato, di voler applicare i principi espressi dalla sentenza della Corte (con riferimento ai quali si poneva, tuttavia, il problema della validità anche nel caso in cui le imprese partecipanti, a differenza della fattispecie esaminata nel caso Fastweb, fossero più di due, anche se soltanto due fra concorrenti avessero poi proposto ricorso), e, dall'altro, di dover applicare i principi di diritto enunciati dall'Adunanza Plenaria n. 4/2011 anche sulle questioni afferenti all'interpretazione e all'applicazione del diritto eurounitario, fatta salva la facoltà di rimettere le questioni nuovamente alla stessa Adunanza Plenaria, così creandosi però un vincolo procedurale incompatibile con il principio di competenza esclusiva della Corte in materia di interpretazione del diritto dell'Unione e con l'obbligo incombente su ogni organo giurisdizionale di ultima istanza di adire la Corte ai fini di una pronuncia pregiudiziale.

Di conseguenza, il CGA ha deciso di sollevare le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se i principi dichiarati dalla [Corte di giustizia] con la sentenza [Fastweb (C 100/12, EU:C:2013:448)], con riferimento alla specifica ipotesi, oggetto di quel rinvio pregiudiziale, in cui due soltanto erano le imprese partecipanti a una procedura di affidamento di appalti pubblici, siano anche applicabili, in ragione di un sostanziale isomorfismo della fattispecie contenziosa, anche nel caso sottoposto al vaglio di questo Consiglio in cui le imprese partecipanti alla procedura di gara, sebbene ammesse in numero maggiore di due, siano state tutte escluse dalla stazione appaltante, senza che risulti l'intervenuta impugnazione di detta esclusione da parte di imprese diverse da quelle coinvolte nel presente giudizio, di guisa che la controversia che ora occupa questo Consiglio risulta di fatto circoscritta soltanto a due imprese;

2) se, limitatamente alle questioni suscettibili di essere decise mediante l'applicazione del diritto dell'Unione europea, osti con l'interpretazione di detto diritto e, segnatamente con l'articolo 267 TFUE, l'articolo 99, comma 3, [codice del processo amministrativo], nella parte in cui tale disposizione processuale stabilisce la vincolatività, per tutte le Sezioni e i Collegi del Consiglio di Stato, di ogni principio di diritto enunciato dall'adunanza plenaria, anche laddove consti in modo preclaro che detta adunanza abbia affermato, o possa aver affermato, un principio contrastante o incompatibile con il diritto dell'Unione europea; e, in particolare,

– […];

– se – nell'ipotesi in cui la risposta alla domanda posta nel precedente [trattino] fosse nel senso di riconoscere a ogni Sezione e Collegio del Consiglio di Stato il potere/dovere di sollevare direttamente questioni pregiudiziali davanti alla [Corte di giustizia] ovvero, in ogni caso in cui la [Corte di giustizia] si sia comunque espressa, viepiù se successivamente all'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, affermando la sussistenza di una difformità, o di una non completa conformità, tra la corretta interpretazione del diritto dell'Unione europea e il principio di diritto interno enunciato dall'adunanza plenaria – ogni Sezione e ogni Collegio del Consiglio di Stato, quali giudici comuni di ultima istanza del diritto dell'Unione europea possano o debbano dare immediata applicazione alla corretta interpretazione del diritto dell'Unione europea per come interpretato dalla [Corte di giustizia] o se, invece, anche in tali casi siano tenuti a rimettere, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso all'adunanza plenaria, con l'effetto di demandare all'esclusiva valutazione di quest'ultima, e alla sua discrezionalità giurisdizionale, l'applicazione del diritto dell'Unione europea, già vincolativamente dichiarato dalla [Corte di giustizia];

- […]».

Sulla prima questione, la Corte ha innanzitutto ricordato che, secondo le disposizioni dell'art. 1, par. 1, comma 3, e 3, della direttiva 89/665, affinché i ricorsi contro le decisioni adottate da un'amministrazione aggiudicatrice possano essere considerati efficaci, devono essere accessibili per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione. Di conseguenza, ha chiarito che i principi affermati dalla sentenza Fastweb (in particolare ai punti 33 e 34 di tale decisione) sono applicabili anche in casi come quello oggetto dell'ordinanza di rimessione, atteso, da un lato, che ciascuna delle parti della controversia ha un analogo interesse legittimo all'esclusione dell'offerta degli altri concorrenti, e, dall'altro, che, come rilevato dall'Avvocato Generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni, non è escluso che una delle irregolarità che giustificano l'esclusione, tanto dell'offerta dell'aggiudicatario quanto di quella dell'offerente che contesta il provvedimento di aggiudicazione, vizi parimenti le altre offerte presentate nell'ambito della gara d'appalto, circostanza che potrebbe comportare la necessità per l'amministrazione di avviare una nuova procedura.

Pertanto, a differenza di quanto statuito dall'Adunanza Plenaria, secondo cui «la sentenza Fastweb, una volta investita da parte del giudice a quo […], di una fattispecie all'interno della quale era stata accertata in concreto l'illegittimità di entrambe le offerte, non ha potuto fare a meno di somministrare la concreta regula iuris costruendola come una evidente eccezione al compendio delle norme e dei principi di sistema. Tanto è vero questo che ha limitato la possibilità dell'esame congiunto del ricorso incidentale e principale alle stringenti condizioni che: I) si versi all'interno del medesimo procedimento; II) gli operatori rimasti in gara siano solo due; III) il vizio che affligge le offerte sia identico per entrambe», così ritenendo confermato «l'impianto teorico costruito dall'Adunanza plenaria n. 4 del 2011, alla luce dei principi processuali europei in materia, al cui interno si innesta la particolare regula iuris introdotta dalla sentenza Fastweb, di cui ovviamente si deve tenere conto, ma muovendo dalla constatazione della sua circoscritta portata, trattandosi comunque di una eccezione», la Corte ha affermato che «il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell'appalto pubblico di cui trattasi, così come il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi e la divergenza dei motivi dai medesimi dedotti, sono privi di rilevanza ai fini dell'applicazione del principio giurisprudenziale che risulta dalla sentenza Fastweb».

Sulla seconda questione, la Corte, in primo luogo, ha ricordato che i giudici nazionali hanno la più ampia facoltà di sottoporre alla Corte una questione di interpretazione delle disposizioni pertinenti al diritto dell'Unione e che tale facoltà si trasforma in obbligo per i giudici che decidono in ultima istanza (fatte salve le eccezioni riconosciute dalla giurisprudenza della Corte), affermando, dunque, che l'art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che «osta a una disposizione di diritto nazionale nei limiti in cui quest'ultima sia interpretata nel senso che, relativamente a una questione vertente sull'interpretazione o sulla validità del diritto dell'Unione, una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza, qualora non condivida l'orientamento definito da una decisione dell'adunanza plenaria di tale organo giurisdizionale, è tenuta a rinviare la questione all'adunanza plenaria e non può pertanto adire la Corte ai fini di una pronuncia in via pregiudiziale».

Ciò posto, considerato che l'effetto utile dell'art. 267 TFUE sarebbe attenuato se al giudice nazionale fosse impedito di applicare immediatamente il diritto dell'Unione in modo conforme ad una pronuncia o alla giurisprudenza della Corte e che il giudice nazionale incaricato di applicare le norme del diritto dell'Unione ha l'obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi contraria disposizione della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale, la Corte ha affermato che «l'art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che, dopo aver ricevuto la risposta della Corte ad una questione vertente sull'interpretazione del diritto dell'Unione da essa sottopostale, o allorché la giurisprudenza della Corte ha già fornito una risposta chiara alla suddetta questione, una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza deve essa stessa fare tutto il necessario affinché sia applicata tale interpretazione del diritto dell'Unione».

La Corte, dunque, in risposta alla prima questione pregiudiziale sottoposta dal CGA, relativa all'ordine di esame tra ricorso principale e incidentale, ha affermato che:

«L'articolo 1, paragrafi 1, terzo comma, e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che osta a che un ricorso principale proposto da un offerente, il quale abbia interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono tale diritto, e diretto a ottenere l'esclusione di un altro offerente, sia dichiarato irricevibile in applicazione di norme processuali nazionali che prevedono l'esame prioritario del ricorso incidentale presentato da detto altro offerente».

Con riferimento alla seconda questione pregiudiziale sollevata in merito all'interpretazione dell'articolo 99, comma 3, cod.proc.amm. la Corte ha affermato che:

«L'articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una disposizione di diritto nazionale nei limiti in cui quest'ultima sia interpretata nel senso che, relativamente a una questione vertente sull'interpretazione o sulla validità del diritto dell'Unione, una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza, qualora non condivida l'orientamento definito da una decisione dell'adunanza plenaria di tale organo, è tenuta a rinviare la questione all'adunanza plenaria e non può pertanto adire la Corte ai fini di una pronuncia in via pregiudiziale.

L'articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che, dopo aver ricevuto la risposta della Corte di giustizia dell'Unione europea ad una questione vertente sull'interpretazione del diritto dell'Unione da essa sottopostale, o allorché la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea ha già fornito una risposta chiara alla suddetta questione, una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza deve essa stessa fare tutto il necessario affinché sia applicata tale interpretazione del diritto dell'Unione».

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