Obbligo dichiarativo del socio di maggioranza nel caso società di capitali a compagine sociale sostanzialmente ridotta

06 Maggio 2016

Il CGA ha affermato che, anche nel caso di società di capitali con quattro soci, il socio di maggioranza è tenuto a rendere le dichiarazioni ex art. 38, lett. b) e c), d.lgs. n.163 del 2006 quando possieda il 100% (e cioè la totalità) delle quote di una delle altre tre società che la compongono.

Il CGA ha affermato che, anche nel caso di società di capitali con quattro soci, il socio di maggioranza è tenuto a rendere le dichiarazioni ex art. 38, lett. b) e c), d.lgs. n.163 del 2006 quando possieda il 100% (e cioè la totalità) delle quote di una delle altre tre società che la compongono.

Come è noto, l'art. 38 comma 1 lett. b) e c) del Codice del 2006 prescrive che anche i soci di maggioranza rendano le dichiarazioni in questione in caso di società (di capitali) a compagine sociale ridotta (id est con meno di quattro soci).

Già l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione n.24 del 2013 aveva “esteso”, sia pur “all'interno” delle società a compagine sociale ridotta, il significato di socio di maggioranza, chiarendo che l'espressione «“socio di maggioranza” di cui alle lettere b) e c) dell'art. 38, comma 1, d.lgs n. 163 del 2006, e alla lettera m-ter) del medesimo comma, si intende riferita, oltre che al socio titolare di più del 50% del capitale sociale, anche ai due soci titolari ciascuno del 50% del capitale o, se i soci sono tre, al socio titolare del 50%».

La ratio di tale estensione, aveva puntualmente spiegato la Plenaria, «è quella di assicurare che non partecipino alle gare, né stipulino contratti con le Amministrazioni pubbliche, società di capitali con due o tre soci per le quali non siano attestati i previsti requisiti di idoneità morale in capo ai soci aventi un potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione delle società; dovendosi accedere ad una interpretazione teleologica della disposizione de qua che, senza fermarsi al dato meramente letterale, si armonizzi con la ratio specifica della normativa sugli appalti pubblici, per la quale è ostativo il mancato possesso dei requisiti morali da parte di soci idonei ad influenzare, in termini decisivi ed ineludibili, le decisioni societarie» (Cons. St., Ad. plen., n.24 del 2013).

Il CGA ha completato “verso l'esterno” il percorso avviato dalla Plenaria, ritenendo soggetto all'obbligo dichiarativo dei requisiti morali in una società di capitali composta da quattro soci, il socio che concentra su di sé non soltanto più del 50% delle quote sociali della società partecipante alla gara d'appalto, ma anche il 100% (e cioè la totalità) delle quote di una delle società che la compongono.

Anche in tal caso, infatti, il socio può non soltanto influenzare le decisioni societarie, ma addirittura assumerle monocraticamente prevalendo sugli altri due soci.

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