Obbligo di completezza della dichiarazione concernente i precedenti penali

Redazione Scientifica
06 Settembre 2017

L'art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 prevede, alla lett. c)...

L'art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 prevede, alla lett. c), che un operatore economico deve essere escluso dalla partecipazione a una procedura d'appalto qualora la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che esso si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da mettere in dubbio la sua integrità e affidabilità. L'art. 80, comma 5, lett. c) infatti, mira a tutelare il vincolo fiduciario che deve sussistere tra amministrazione aggiudicatrice e operatore economico, consentendo di attribuire rilevanza ad ogni tipologia di illecito che per la sua gravità, sia in grado di minare l'integrità morale e professionale di quest'ultimo.

Il concetto di grave illecito professionale ricomprendeogni condotta, collegata all'esercizio dell'attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa. Tra i gravi illeciti espressamente contemplati dalla norma rientrano, infatti, «le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni».

Le condotte criminose afferenti lo svolgimento dello stesso servizio oggetto di presente gara che sono state accertate con sentenza di condanna non definitiva devono comunque essere dichiarate a fini della valutazione, spettante all'Amministrazione aggiudicatrice, sul possesso dei requisiti di moralità professionale per l'ammissione alla gara.

Per quanto riguarda la non definitività della sentenza e il decorso del termine triennale di cui all'art. 57 della direttiva 2014/24/UE, le Linee Guida n. 6 dell'ANAC (punto 2.1.1.4) hanno chiarito che i provvedimenti non definitivi rilevano ai fini dell'art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016, qualora contengano una condanna al risarcimento del danno e uno degli altri effetti tipizzati dall'art. 80 stesso. Con riferimento al periodo di esclusione dalle gare, l'ANAC ha precisato che «il periodo di esclusione dalle gare non può superare i tre anni a decorrere dalla data dell'annotazione della notizia nel Casellario informatico gestito dall'Autorità o, per i provvedimenti penali di condanna non definitivi, dalla data del provvedimento».

Il testo dell'art. 57, par. 7 della direttiva 2014/24/UE non implica affatto che per “data del fatto” debba intendersi la data di commissione del reato, in quanto in questo modo verrebbero meno i principio di effettività e di giustizia sostanziale.

Quando l'errore professionale deriva dalla commissione di un reato, che il più delle volte viene occultato dal responsabile, la decorrenza del termine triennale di esclusione dalla data di commissione del reato, anziché dalla data del suo accertamento giurisdizionale equivarrebbe a privare di ogni effetto il precetto normativo, il che non è possibile. Inoltre, in caso di condotte reiterate nel tempo, potrebbero sussistere dubbi sull'individuazione del momento in cui inizia a decorrere il termine triennale che – invece – per propria natura deve ancorarsi ad un preciso momento storico. Infine, il termine generico di “data del fatto” utilizzata dal legislatore sovranazionale discende dalla natura variegata dei fatti escludenti di cui al paragrafo 4, tra le quali sono ricomprese anche le sentenze non passate in giudicato.

L'obbligo di dichiarazione prescinde dalla condanna al divieto di contrattare con la P.A.; il possibile dubbio sugli obblighi dichiarativi derivante dalla recente entrata in vigore del nuovo codice degli appalti, deve indurre la concorrente ad una maggiore lealtà (oltre che cautela) – nel rispetto dei principi di buona fede e diligenza – nei confronti della stazione appaltante, tanto più che il nuovo codice prevedeva il ricorso al contraddittorio e la valutazione delle misure di self-cleaning prima dell'esclusione.

E' meritevole di esclusione il concorrente che non ha dichiarato la sussistenza di una condanna penale per fatti particolarmente gravi pure se non definitiva e che ha preferito rendere una dichiarazione non veritiera (e ciò a prescindere dalla connotazione soggettiva della scelta, e dunque dalla colposità o dolosità della condotta, che non rilevano ai fini dell'esclusione dalla procedura di gara) e comunque incompleta, non consentendo alla stazione appaltante di svolgere le dovute verifiche circa il possesso dei requisiti di moralità professionale. In tal caso, infatti, la violazione degli obblighi di dichiarazione non ha consentito all'amministrazione aggiudicatrice di svolgere i dovuti approfondimenti prima di decretare l'esclusione.

Il concorrente non può operare alcun filtro nell'individuazione dei precedenti penali valutando esso stesso la loro rilevanza ai fini dell'ammissione alla procedura di gara – in quanto tale potere spetta esclusivamente alla stazione appaltante. Il contraddittorio previsto nel nuovo codice degli appalti, ai fini dell'accertamento della carenza sostanziale dei requisiti di ammissione alla gara, e ribadito nelle Linee Guida dell'ANAC, riguarda i soli casi in cui il concorrente si è dimostrato leale e trasparente nei confronti della stazione appaltante, rendendola edotta di tutti i suoi precedenti, anche se negativi, ed ha fornito tutte le informazioni necessarie per dimostrare l'attuale insussistenza di rischi sulla sua inaffidabilità o mancata integrità nello svolgimento della sua attività professionale. Solo in questo caso è possibile ipotizzare un vero e proprio contraddittorio tra le parti.

Non è ammissibile consentire alle concorrenti di nascondere alla stazione appaltante situazioni pregiudizievoli, rendendo false o incomplete dichiarazioni al fine di evitare possibili esclusioni dalla gara, e poi, ove siano state scoperte, pretendere il rispetto del principio del contraddittorio da parte della stazione appaltante. Se ciò fosse possibile, si incentiverebbe la condotta “opaca” delle concorrenti, che non avrebbero alcun interesse a dichiarare fin dall'inizio i “pregiudizi”, rendendo possibile la violazione del principio di trasparenza e di lealtà che deve invece permeare tutta la procedura di gara.

Il ricorso al contraddittorio e quindi la valutazione delle misure di self-cleaning presuppone il rispetto del principio di lealtà nei confronti della stazione appaltante, e quindi in caso di dichiarazioni mendaci o reticenti, l'amministrazione aggiudicatrice può prescindervi, disponendo l'immediata esclusione della concorrente.

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