Il pareggio di bilancio come requisito di capacità economico finanziaria

Roberto Fusco
07 Marzo 2017

Non è sproporzionata e/o irragionevole, la clausola del bando di una gara per l'affidamento di un servizio che condiziona la partecipazione degli operatori economici interessati alla dimostrazione del possesso del pareggio di bilancio al netto delle imposte negli ultimi tre esercizi, costituendo tale disposizione espressione di legittimo esercizio di potere discrezionale declinato, peraltro, nel rispetto delle norme di legge. Non è illegittima, pertanto, l'esclusione da una gara per l'affidamento del servizio di ristorazione scolastica di un'azienda priva di tale requisito a causa dell'iscrizione a bilancio di un accantonamento prudenziale a copertura di una sanzione amministrativa comminata dall'AGCM e medio tempore annullata dal TAR Lazio in punto di quantificazione.

La sentenza in commento riguarda l'esclusione di un consorzio dalla procedura di gara per l'affidamento del servizio di ristorazione scolastica per l'assenza dei requisiti di capacità economico finanziaria.

Il ricorrente consorzio denuncia l'illegittimità della sua esclusione per la mancanza del requisito del pareggio di bilancio nell'ultimo triennio, requisito espressamente previsto nel bando di gara. Secondo parte ricorrente tale bilancio risulta essere solamente formalmente in perdita a causa di un accantonamento prudenziale al Fondo rischi della somma necessaria all'integrale copertura della sanzione amministrativa pecuniaria comminatale dall'AGCM per la ritenuta commissione di un'intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell'art. 101 TFUE, sanzione che poi è stata anche annullata dal TAR Lazio (TAR Lazio, Sez. I, sentenza 14 ottobre 2016, n. 10303) facendo venire meno la ratio stessa dell'accantonamento. Pertanto, secondo parte ricorrente, l'interpretazione della citata clausola effettuata dalla stazione appaltante sarebbe eccessivamente formalistica, illogica, irragionevole, nonché violativa del principio di massima partecipazione alle procedure di gara.

Il Collegio investito della questione, però, non condivide tale ricostruzione interpretativa, ritenendo non sproporzionata e non irragionevole la disposizione di gara in questione e condividendone l'interpretazione letterale della stazione appaltante che ha determinato l'esclusione del ricorrente consorzio.

Ad avviso del Collegio, infatti, in un periodo economicamente critico, come quello attuale, in cui la solidità patrimoniale e finanziaria di molte aziende è messa seriamente in pericolo, non può prescindersi, a maggior ragione, da una puntuale e rigorosa verifica dello stato di salute delle imprese partecipanti alle gare di appalto pubbliche, in quanto accertamento funzionale allo svolgimento positivo degli appalti stessi e ciò a prescindere dalle capacità tecniche e professionali, che pure devono essere possedute.

L'art. 83 del (nuovo) codice appalti, come del resto già il previgente art. 41 d.lgs. n 163 del 2006, lascia, peraltro, libertà alle stazioni appaltanti di individuare nella legge di gara gli indici di capacità economica più adatti, col solo limite della “attinenza” e “proporzionalità” all'oggetto dell'appalto, nella ricerca di un costante bilanciamento con l'interesse pubblico “ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione” (vedi art. 83, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016).

Nel caso di specie, quindi, avuto riguardo alla durata, alla natura e al valore del servizio, non pare sproporzionata e/o irragionevole la disposizione del bando con cui si decide di condizionare la partecipazione degli operatori economici interessati alla dimostrazione del possesso del pareggio di bilancio al netto delle imposte negli ultimi tre esercizi. Anzi, tale disposizione pare espressione di legittimo esercizio di potere discrezionale, declinato, peraltro, nel rispetto delle norme di legge.

Sempre a conforto di tale interpretazione, riprendendo le tesi difensive di parte resistente, il Collegio ritiene che la giustificazione dell'accantonamento, in ogni caso, non modifica da un punto di vista civilistico la connotazione del bilancio come un bilancio in perdita, come si ritrae agevolmente dalla piana lettura dello stato patrimoniale e del conto economico del consorzio ricorrente redatti conformemente allo schema di cui agli artt. 2424 e 2425 c.c., nei quali risulta iscritto un fondo rischi ad integrale copertura della citata sanzione, che ha determinato necessariamente una corrispondente voce passiva e la conseguente perdita registrata sia nello stato patrimoniale che nel conto economico dell'esercizio.

In relazione alla circostanza che il TAR Lazio ha medio termine annullato la sanzione costituente il presupposto dell'accantonamento, il Collegio rileva: in primo luogo, che tale decisione giurisdizionale è stata depositata in epoca successiva all'adozione del provvedimento e all'emissione degli altri atti in impugnati; ed in secondo luogo, che il provvedimento sanzionatorio è stato annullato solo in punto quantificazione e che parte ricorrente non ha comunque offerto nemmeno un principio di prova che possa indurre a ritenere che la nuova quantificazione della sanzione in base ai criteri dettati dal TAR Lazio renderebbe del tutto inutile l'iscrizione a bilancio del Fondo rischi, effettuata in via asseritamente prudenziale.

Neanche tale annullamento giurisdizionale della sanzione appare quindi idoneo a viziare il provvedimento di esclusione della società ricorrente che, alla luce di tali considerazioni viene dichiarato legittimo non essendo viziato come denunciato da parte ricorrente.

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