Gli effetti dell’omologazione del concordato preventivo sul procedimento di aggiudicazione della gara

07 Giugno 2017

La procedura di concordato preventivo deve ritenersi conclusa con l'approvazione del decreto di omologazione, atto con il quale si determina la chiusura del procedimento e la ri-acquisizione della disponibilità nella gestione del patrimonio da parte della società debitrice di tal che – da questo momento – quest'ultimo deve considerarsi, a tutti gli effetti, in bonis mentre la fase successiva della procedura investe esclusivamente l'esecuzione del piano concordatario.Tali previsioni, tra l'altro, non appaiono scalfite dalla nuova disciplina del d.lgs. n. 50 del 2016 restando l'aggiudicazione non più subordinata all'autorizzazione del giudice delegato.

La sentenza in esame affronta il tema del rapporto tra l'omologazione del concordato preventivo – ex art. 180 L.F. – e l'aggiudicazione di un appalto pubblico.

Nel caso di specie, l'amministrazione committente - a fronte dell'assoggettamento alla procedura di concordato con continuità aziendale del concorrente aggiudicatario – richiedeva a quest'ultimo la relazione del professionista attestante la conformità al piano di concordato (ex art. 186-bis L.F.) nonché le autorizzazioni del giudice delegato previste dall'art. 110 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (nuovo codice appalti), intimandone la presentazione entro un determinato termine “perentorio”, pena l'esclusone dalla gara.

Il concorrente, pur contestando la legittimità delle richieste, provvedeva al deposito delle relazioni e sollecitava il Giudice delegato al rilascio dell'autorizzazione richiesta.

Quest'ultimo, però, si limitava a ribadire il «non luogo a provvedere sull'istanza», rilevando che, nella fattispecie, il concordato in questione era già stato omologato e che – a fronte di detta omologazione – nessuna autorizzazione poteva essere né richiesta né tantomeno rilasciata, anche alla luce della cogente disciplina prevista dal nuovo codice dei contratti pubblici.

Pertanto, in sede di ricorso, in ragione anche di quanto disposto dall'organo fallimentare, il concorrente ribadiva che il decreto di omologazione aveva determinato la chiusura del procedimento di concordato preventivo e la conseguente “ri-acquisizione”, da parte del debitore, della disponibilità nella gestione del patrimonio con la conseguenza che, da tale momento, quest'ultimo deve considerarsi a tutti gli effetti “in bonis”.

Tra l'altro, viene osservato come le fasi successive all'omologazione riguardano esclusivamente l'esecuzione del piano di concordato – evidentemente già omologato – rispetto all'insieme delle obbligazioni che il debitore ha assunto sotto “l'egida” degli organi concordatari.

L'adito TAR, ha per prima cosa rilevato che, in via generale, la procedura di concordato ha inizio con la presentazione della domanda (ex art. 161 della L.F.) unitamente alla quale il debitore è onerato di depositare la documentazione estimativa/programmatica e che, solo all'esito della verifica di quanto richiesto, il Tribunale fallimentare può – a seconda dell'istruttoria compiuta - dichiarare l'inammissibilità della proposta di concordato (ex art. 162) ovvero, laddove ne sussistano i presupposti, dichiararne l'ammissione (ex art. 163).

Verificatasi tale ultima ipotesi – come nel caso di specie - la fase successiva può prevedere la mancata approvazione del concordato (ex art. 177) ovvero la l'omologazione dello stesso (ex art. 180).

La definitiva omologazione, precisa ancora il Collegio, è frutto di un vero e proprio “giudizio” – come recita la disposizione in parola – condotto dal Tribunale fallimentare e definito con apposito decreto.

Sempre sul piano normativo, poi, il TAR ha precisato che il successivo articolo 181 L.F. dispone che la procedura di concordato preventivo si chiuda con il decreto di omologazione mentre, ai sensi degli artt. 185 e 136 L.F., la procedura prosegue per la sola esecuzione del piano concordatario sotto la sorveglianza degli organi preposti all'adempimento dello stesso.

Il complesso quadro normativo appena delineato, è stato poi interpretato dalla giurisprudenza – cui il Collegio non ha inteso discostarsi - nel senso di ritenere che la procedura concordataria, relativamente alla partecipazione del debitore alle gare pubbliche, si esaurisce con il decreto di omologazione ex art. 181 L.F. con la conseguenza che, a seguito della sua pronuncia, si determina per il debitore il passaggio dal regime del c.d. “spossessamento attenuato” – tipica della procedura de qua – al ri-acquisto della sua piena capacità di agire.

In capo agli organi concordatari, pertanto, residua il potere di consentire – ovvero negare – il compimento di atti di straordinaria amministrazione oltreché una funzione di mera vigilanza sulla corretta esecuzione del concordato.

A valle del proprio iter argomentativo, il Collegio richiama la determinazione ANAC n. 3 del 23.4.2014 con la quale è stato puntualmente precisato che in ambito concordatario «la cessazione della causa ostativa coincide…con la chiusura della procedura, che viene formalizzata con il decreto di omologazione del concordato preventivo ai sensi dell'art. 180 L.F.».

Per altro verso, il delineato quadro normativo, così come ripercorso dal Collegio, non deve ritenersi mutato con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016 (nuovo codice dei contratti pubblici) e, precisamente, non risulta scalfito dalle previsioni contenute all'art. 110), commi nn. 3 e 4.

Difatti, a ben vedere, se da un lato la norma prevede che l'impresa ammessa al concordato con continuità aziendale possa partecipare alle procedure ad evidenza pubblica – e che possa eseguire i contratti già stipulati «su autorizzazione del giudice delegato, sentito l'ANAC» – è altrettanto vero, a giudizio del Collegio, che tale previsione non abbia una portata tale da determinare un'incisione sulle diverse fasi che caratterizzano la procedura concordataria.

Pertanto, conclude il TAR, in assenza di ulteriori e specifiche indicazioni, non rinvenibili nel dato normativo, deve ragionevolmente ritenersi che la disposizione del nuovo codice si riferisca alla fase antecedente l'omologazione e – segnatamente – a quella precedente all'ammissione del debitore.

Tra l'altro, una diversa lettura della norma – indirizzata, cioè, nel ritenere che la chiusura del concordato coincida con la completa esecuzione del piano – contrasterebbe con l'intero impianto normativo della legge fallimentare, e si rivelerebbe, sotto altro profilo, estremamente “gravosa” per il concorrente considerato anche i tempi non ristretti e difficilmente prevedibili per la chiusura del procedimento di liquidazione dell'azienda.

Si rischierebbe, in estrema sintesi, di assoggettare la parte interessata ad un prolungato, ingiustificato ed irragionevole obbligo dimostrativo ed allegativo (relazione del professionista ed autorizzazione da parte del Giudice delegato).

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