La giurisdizione in materia di revisione del prezzo nei contratti ad esecuzione periodica e in caso di mutamento sopravvenuto delle condizioni negoziali

Paolo Del Vecchio
Simona Abbate
Filippo Borriello
07 Novembre 2016

Spetta al giudice amministrativo la giurisdizione in materia di revisione del prezzo nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture.
Massima

Spetta al giudice amministrativo la giurisdizione in materia di revisione del prezzo nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture.

Sussiste, viceversa, difetto di giurisdizione del giudice amministrativo quanto all'istanza di rimborso dei maggiori oneri sostenuti dagli operatori economici e derivanti da una circostanza estranea all'andamento di mercato dei costi del servizio affidato e, segnatamente, consistenti nell'incremento dell'orario di lavoro della manodopera in corso di appalto.

Il caso

Una Pubblica Amministrazione bandiva una gara d'appalto per la fornitura del servizio di pulizia presso gli istituti scolastici della Regione Campania.

Detta procedura di gara era stata aggiudicata ad un RTI, il cui mandatario, con le altre imprese mandanti, si impegnava al rispetto del contratto normativo predisposto. Tale contratto vincolava il RTI aggiudicatario al mantenimento dei livelli occupazionali e retributivi del personale ex LSU ed ex LPU esistenti alla data di stipula del contratto normativo.

La mandataria ed il mandante del RTI tra loro costituito adivano il giudice amministrativo chiedendo di accertare la nullità parziale dell'art. 12 del contratto normativo e il diritto all'adeguamento del prezzo d'appalto e alla sua revisione periodica ai sensi e per gli effetti dell'art. 115 d.lgs. n. 163 del 2006; conseguentemente, di condannare l'Amministrazione al pagamento del compenso revisionale e della maggiorazione della retribuzione media mensile per ciascun lavoratore impiegato nell'appalto, in funzione dell'incremento del monte orario (da 35 a 36 ore settimanali) imposto, dall'inizio del rapporto, dalle OO.SS.; il tutto maggiorato di interessi moratori sul capitale ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2002 dalle singole scadenze al saldo ed alle spese della procedura.

La questione

La questione giuridica sottesa al caso di specie riguarda, in primo luogo, se rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo, il giudizio sulla fondatezza dell'istanza di adeguamento del compenso revisionale ex art. 115 d.lgs n. 163 del 2006 e la declaratoria di nullità della clausola negoziale limitativa della revisione periodica dei prezzi prescritta da tale norma; in secondo luogo, la possibilità di applicare la disciplina cogente della revisione prezzi anche per i maggiori costi sostenuti in conseguenza dell'incremento successivo dell'orario di lavoro e della corrispondente maggior retribuzione del personale impiegato nell'appalto.

Le soluzioni giuridiche

Nella legislazione precedente al d.lgs. n. 163 del 2006 il riparto di giurisdizione in materia di controversie relative alla revisione dei prezzi era pacificamente «ancorato dalla giurisprudenza alla qualificazione della situazione giuridica soggettiva dell'appaltatore, ritenendosi tutelabile dinanzi al giudice amministrativo quando attenga all'an della revisione, in quanto correlata all'esercizio di un potere discrezionale riconosciuto dalla norma alla stazione appaltante, sulla base di valutazioni correlate a preminenti interessi pubblicistici; essa acquista natura e consistenza di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi al giudice ordinario, quando l'amministrazione abbia già esercitato il potere discrezionale a lei spettante adottando un provvedimento attributivo, o ancora abbia tenuto un comportamento tale da integrare un implicito riconoscimento del diritto alla revisione, così che la controversia riguardi soltanto il quantum della stessa» (cfr. Cass. civ., Sez. un., ord., 15 giugno 2009, n. 13892).

L'art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, del c.p.a., devolve alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie «relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell'ipotesi di cui all'articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell'adeguamento dei prezzi ai sensi dell'articolo 133, commi 3 e 4, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163».

Una disposizione simile era contenuta anche nell'art. 6, comma 19, della l. 24 dicembre 1993, n. 537, afferente al divieto di rinnovo tacito di contratti pubblici di beni e servizi, secondo cui le controversie derivanti dall'applicazione della citata norma erano devolute alla giurisdizione, in via esclusiva, del giudice amministrativo.

Già nel parere AVCP 6 ottobre 2011 n. 29 del 2011, avente ad oggetto “Questione di giurisdizione in tema di revisione dei prezzi”, si confermava il più recente orientamento della giurisprudenza amministrativa che, sulla scia delle pronunce del giudice della giurisdizione, aveva ritenuto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per ogni controversia concernente la revisione dei prezzi di un contratto di appalto, compreso il profilo del quantum debeatur (cfr. Cass. civ., SS.UU., sent. 15 giugno 2009 n. 13892; 17 aprile 2009 n. 9152; Cons. St., Sez. VI, sent. 3 marzo 2010 n. 1247; Cons. St., Sez. V, 17 febbraio 2010 n. 935; Cons. St., Sez. III, sent. 12 luglio 2011, n. 4165).

Pertanto, il richiamo compiuto dall'art. 133 c.p.a. agli articoli 115 e 133 d.lgs. n. 163 del 2006 doveva essere inteso in modo ampio e omnicomprensivo di tutte le fattispecie relative alla revisione dei prezzi in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. La disciplina sostanziale dell'istituto della revisione dei prezzi era comunque regolata dalle clausole contrattuali sulla base della normativa vigente al momento della stipulazione del contratto; la questione del riparto di giurisdizione, quindi, doveva essere valutata applicando l'art. 5 del c.p.c., ai sensi del quale la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo (cfr. Cons. St., Sez. VI, sent. 3 marzo 2010, n. 1247).

Il TAR Campania, Napoli, con la sentenza 26 settembre 2016, n. 4402 e la sentenza 26 settembre 2016, n. 4403, ha accertato in primo luogo la giurisdizione del giudice adito e la fondatezza del riconoscimento del compenso revisionale, sulla base del criterio previsto dall'art. 115 d.lgs n. 163 del 2006, previo accertamento della nullità della clausola negoziale limitativa della revisione periodica dei prezzi prescritta da tale norma. In proposito, il Cons. St., Sez. V, con la sent. 2 novembre 2009, n. 6709 aveva affermato che lo scopo primario della disposizione ex art. 6, comma 4 legge 537 del 1993, come modificato dall'art. 44 legge 724 del 1994, confermato dall'art. 115 d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, era chiaramente quello di tutelare l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni o servizi da parte degli appaltatori delle amministrazioni pubbliche non subiscano col tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell'offerta, con conseguente incapacità del fornitore di far fronte compiutamente alle stesse prestazioni. Il riferimento normativo alla clausola revisionale, avente carattere di norma imperativa cui si applicano gli artt. 1339 e 1419 c.c., non attribuisce alle parti ampi margini di libertà negoziale, ma impone di tradurre sul piano contrattuale l'obbligo legale, definendo anche i criteri e gli essenziali momenti procedimentali per il corretto adeguamento del corrispettivo. Ancora, il Consiglio di Stato, Sez. III, con la sent. 1° febbraio 2012, n. 504, aveva stabilito che la disciplina dettata in materia di revisione prezzi negli appalti di servizi o forniture ad esecuzione periodica o continuativa, di cui all'art. 115 d.lgs. n. 163 del 2006, ha carattere imperativo ed un'eventuale clausola contrattuale difforme rispetto alla disciplina normativamente prevista, deve ritenersi nulla.

In secondo luogo, il TAR Campania ha affrontato la questione relativa alla richiesta di parte ricorrente di applicazione della disciplina cogente della revisione prezzi anche per i maggiori costi sostenuti per un incremento dell'orario di lavoro dei dipendenti, in seguito ad un accordo sindacale stipulato successivamente, che aveva aumentato da 35 a 36 ore settimanali l'orario di lavoro della manodopera adibita all'esecuzione dell'appalto. Quest'ultima fattispecie, a parere del Collegio, fuoriusce dall'ambito della revisione prezzi per la quale l'art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a, prevede la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

La clausola e il provvedimento di revisione periodica disciplinati dal menzionato art. 115 d.lgs. n. 163 del 2006 riguardano, infatti, l'adeguamento del prezzo degli appalti di servizi e forniture rispetto all'andamento di mercato dei costi dei fattori produttivi, “ceteris rebus sic stantibus”, ossia ferme restando le condizioni negoziali originariamente pattuite dalle parti in ordine alla natura ed alla quantità delle prestazioni dovute. L'ulteriore domanda in esame, invece, aveva ad oggetto il profilo del rimborso dei maggiori oneri economici derivanti da una circostanza estranea all'andamento di mercato dei costi del servizio affidato e, segnatamente, consistente nell'incremento dell'orario di lavoro della manodopera in corso di appalto; profilo che attiene, quindi, alla variazione del quantum delle prestazioni richieste al gestore, nonché all'incidenza della stessa sulla remuneratività del corrispettivo ab origine pattuito, e che non può, come tale, considerarsi attratto all'orbita di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, essendo inammissibile una estensione analogica della norma eccezionale attributiva di quest'ultima. Una tale domanda, pertanto, rientrava pacificamente nella giurisdizione del giudice ordinario. Essa susseguiva, infatti, alla linea di separazione rappresentata dalla stipula del contratto affidato e rientrava nella fase della sua esecuzione, così da riguardare, in via diretta e immediata, posizioni di diritto soggettivo scaturenti da un rapporto negoziale “iure privatorum”, perfezionato ed efficace, e cioè posizioni di diritto soggettivo che, in quanto tali, afferivano alla cognizione del giudice ordinario, chiamato a verificare la conformità delle regole convenzionali e delle relative condotte attuative alla normativa civilistica.

Su questo secondo punto, bisogna sottolineare che numerose sono state le pronunce della giurisprudenza di legittimità sulla questione della ripartizione della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di contratti della pubblica amministrazione (ex multis, Cass., Sez. un., sent. 5 aprile 2012, n. 5446). Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai univoco, nell'ambito dell'attività negoziale della pubblica amministrazione, tutte le controversie che attengono alla fase preliminare, antecedente e prodromica alla stipulazione del contratto, inerente alla formazione della sua volontà ed alla scelta del contraente privato in base alle regole cd. dell'evidenza pubblica, appartengono al giudice amministrativo; mentre quelle che radicano le loro ragioni nella fattispecie negoziale successiva che dalla stipulazione del contratto contempla le vicende del suo adempimento, e riguardano la disciplina dei rapporti che dal contratto scaturiscono, sono devolute al giudice ordinario.

Di recente, il TAR Puglia, Bari, Sez. I, 9 giugno 2016, n. 727, con specifico riferimento alla materia di revisione del prezzo nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture, ha deciso, circa la questione del riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario nelle controversie concernenti l'affidamento e l'esecuzione degli appalti pubblici, che la potestà cognitiva delle condotte e dei provvedimenti assunti prima della definizione della procedura di affidamento dei contratti di appalto di lavori, servizi e forniture o nella fase compresa tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto deve essere ascritta entro il perimetro della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre la cognizione di quelli afferenti all'esecuzione dell'accordo negoziale appartiene alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, fatta tuttavia eccezione per i casi, espressamente riservati alla giurisdizione esclusiva amministrativa, relativi al divieto di rinnovo tacito dei contratti, alla revisione dei prezzi e al loro adeguamento (di analogo contenuto, Consiglio di Stato, Sez. III, con la sent. 4 dicembre 2015, n. 5519 – in riforma di TAR Lazio, Roma, Sez. I, sent. n. 4068 del 2015).

Tale ricostruzione, che si fonda su una lettura coordinata e coerente degli art. 244, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e art.133, comma 1, lett. e), c.p.a., impone, quindi, di giudicare estranea ai confini della giurisdizione amministrativa la cognizione dei comportamenti e degli atti assunti nella veste di contraente dalla stazione appaltante nella fase di esecuzione del contratto e non afferenti all'esercizio di potestà autoritative, in quanto non compresi nel catalogo delle controversie espressamente e tassativamente riservate alla giurisdizione esclusiva amministrativa in materia di appalti pubblici proprio dal cit. art. 133 c.p.a.

Osservazioni

In definitiva, alla luce dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia, sembra assolutamente in linea con l'orientamento prevalente la decisione adottata dal TAR Campania, Napoli, con la sentenza 26 settembre 2016, n. 4402 e la sentenza 26 settembre 2016, n. 4403, con le quali, pur accogliendo i ricorsi nella parte in cui si richiede l'adeguamento periodico dei corrispettivi dovuti, è stato dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda di rimborso dei maggiori costi sostenuti in conseguenza dell'incremento dell'orario di lavoro e del corrispondente aggravio di retribuzione della manodopera impiegata in appalto a favore del giudice ordinario.