La determinatezza dei servizi giuridici-legali quale presupposto per il loro affidamento mediante gara
08 Febbraio 2017
Nella fattispecie in esame si discute della legittimità della procedura di affidamento – indetta da un'Amministrazione comunale – del servizio giuridico-legale per l'Amministrazione medesima. A sollevare la questione è l'Ordine degli Avvocati territorialmente competente che lamenta la violazione delle norme a tutela dell'autonomia e del decoro degli avvocati, nonché dei principi in materia di fissazione della base d'asta e di determinazione dell'oggetto di gara, con conseguente irragionevole ed ingiustificata compressione della partecipazione alla procedura selettiva e alterazione, in radice, dello svolgimento della stessa, in violazione – altresì – delle regole della concorrenza e di buona amministrazione di cui all'art. 97 Cost. L'adito TAR, chiarito il quadro normativo di riferimento – trattasi di gara indetta ai sensi dell'All. B al Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 163 del 2006 (in data antecedente all'entrata in vigore della nuova disciplina di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) e di servizi, quindi, parzialmente esclusi dall'ambito di applicazione del medesimo d.lgs. n. 163 del 2006. Al riguardo la giurisprudenza amministrativa ha da sempre affermato la necessità che la scelta del contraente debba, comunque, seguire le regole comunitarie della trasparenza, non discriminazione e pubblicità della procedura (TAR Calabria n. 330 del 2007 e n. 15430 del 2006; Cons. St. n. 3206 del 2002), differenziando tra incarico occasionalmente svolto dal professionista e servizio legale esternalizzato (Autorità di Vigilanza, determinazione n. 4/2011; Cons. St., Sez. V, 11 maggio 2012, n. 2730) – rileva come gli atti di gara, nel definire ciò che è compreso nel servizio, prevedano in sostanza l'obbligo del professionista di portare a termine, oltre la scadenza del contratto, tutte le cause instaurate “sino all'esecutività delle sentenze”, senza prevedere al contempo un ulteriore compenso. Ne discende che lo svolgimento del servizio legale – dopo il decorso della durata contrattuale – sarebbe rimasto senza una definizione temporale e sostanzialmente gratuito per un tempo indeterminato. Rileva, altresì, come i medesimi atti di gara, a fronte di una iniziale previsione della possibilità del professionista di svolgere il servizio presso il proprio studio, dispongano che il medesimo dovrà garantire la propria presenza presso gli uffici comunali «ogni volta che l'amministrazione comunale lo ritenga necessario». Ne discende palesemente contraddetta l'affermazione difensiva dell'Amministrazione in ordine alla libertà del professionista di svolgere la propria attività presso il suo studio. Seppure con il c.d. decreto Bersani (d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in l. 4 agosto 2006, n. 248) sia venuto meno – come affermato dalla difesa dell'Amministrazione comunale – il sistema dei minimi tariffari inderogabili in favore della determinazione consensuale e omnicomprensiva del prezzo della prestazione, si è di fatto assistito ad una reintroduzione dei minimi tariffari in forza della prospettiva ordinistica tesa a ritenere che un prezzo inferiore alla tariffa minima non risulterebbe decoroso per la professione (prospettiva di cui il Consiglio di Stato ha dato atto con sentenza 22 gennaio 2015, n. 238). Al riguardo, rileva l'adito TAR, la citata giurisprudenza amministrativa - evidenziando i principi posti dalla Corte di giustizia nella sentenza 18 luglio 2013, C-136/12, tra i quali quello secondo cui la nozione eurounitaria di impresa include anche l'esercente di una professione intellettuale – rimette alla valutazione del giudice nazionale l'esame di comportamenti anticoncorrenziali, affermando che il principio secondo cui “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione” è già insito nell'ordinamento ed è previsto nell'art. 2233 c.c. che espressamente si occupa del contratto d'opera intellettuale, e precisando che tale norma, contenuta nel codice civile, si indirizza al singolo professionista, disciplinando i suoi rapporti con il cliente nell'ambito del singolo rapporto contrattuale, senza attribuire alcun potere di vigilanza agli Ordini in merito alle scelte contrattuali dei propri iscritti. Nel caso di specie, tuttavia, – precisa il TAR – si verte nella particolare ipotesi in cui l'indeterminatezza dei servizi richiesti al professionista non solo è suscettibile di generare un'accentuazione dell'esiguità del compenso, ma incide anche, e gravemente, sulla stessa correttezza della attivazione, da parte dell'Amministrazione comunale, di una procedura di tipo comparativo idonea a consentire, a tutti gli aventi diritto, di partecipare, in condizioni di parità e uguaglianza, alla selezione per la scelta del miglior contraente. Da qui la manifesta violazione – in linea con le censure del ricorrente Ordine che, per l'effetto vengono accolte – non solo dei principi in tema di equo compenso, ma anche delle regole delle procedure selettive pubbliche, della massima partecipazione e della leale concorrenza, nell'interesse della collettività unitariamente considerata coincidente con i principi di buona amministrazione e di garanzia della trasparenza e della par condicio, principi comunque applicabili anche in ipotesi di procedure selettive nei settori esclusi dall'ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici. |