Condanna alle spese del giudizio ed individuazione del valore della controversia

08 Novembre 2016

La corretta individuazione del valore della controversia, ai fini della liquidazione delle spese di giudizio, non si fonda né sul valore stimato dell'appalto ai sensi dell'articolo 29 del d.lgs. n. 163 del 2006 né sulla base del contributo unificato versato.Bensì, per la liquidazione delle spese di lite, occorre fare riferimento al d.m. 10 marzo 2014, n. 55 ed in particolare, in materia di contratti pubblici, all'articolo 5, comma 3, che individua il valore della controversia nell'interesse sostanziale perseguito dal cliente privato, così come rapportato all'utile effettivo o ai profitti attesi dal soggetto aggiudicatario o dal soggetto escluso.

Il Consiglio di Stato con la sentenza in commento chiarisce il significato di “valore della controversia” in relazione alla liquidazione delle spese di giudizio.

La vicenda in esame trae origine da un ricorso in appello proposto da una Società seconda classificata in una gara d'appalto e risultata soccombente nel giudizio di fronte al TAR.

La Società appellante, impugnando la sentenza di primo grado, ha, tra l'atro, contestato la parte relativa alla liquidazione delle spese di lite, considerandole abnormi rispetto all'effettivo valore dell'appalto.

Invero, come rilevato anche nella sentenza oggetto di comento, l'individuazione del valore della controversia deve tener conto di quanto stabilito nel d.m. 10 marzo 2014, n. 55 con riferimento specifico ai contratti pubblici: infatti l'articolo 5, comma 3 del predetto decreto statuisce che, ai fini della liquidazione delle spese, in tale materia, occorre riferirsi all'interesse sostanziale perseguito dal cliente privato «rapportato all'utile effettivo o ai profitti attesi dal soggetto aggiudicatario o dal soggetto escluso».

I giudici di Palazzo Spada, riformando sul punto la sentenza di primo grado, hanno affermato che le spese non possono essere liquidate sulla base del valore stimato dell'appalto ai sensi dell'articolo 29 del (precedente) codice dei contratti pubblici: tale valore risulterebbe infatti abnorme in quanto non terrebbe conto dei costi sostenuti dalla società vincitrice della gara d'appalto e, dunque, non corrisponderebbe al valore effettivo derivante dallo svolgimento del servizio.

La sentenza, accogliendo parzialmente l'appello, ha invece liquidato forfettariamente le spese di lite, tenendo conto dell'effettivo utile conseguibile da parte dell'impresa e non sulla base dell'importo d'appalto posto a base di gara.

Giova inoltre sottolineare che, la sindacabilità in appello della condanna alle spese di lite, comminata dal giudice di primo grado, è limitata, in quanto espressiva della discrezionalità di cui dispone il giudice, alla sola ipotesi in cui venga modificata la decisione principale, con l'eccezione dell'abnormità manifesta sul punto (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 21 ottobre 2015, n. 4808).

Nel caso di specie sussisterebbe il requisito dell'abnormità manifesta, avendo il giudice di prime cure liquidato le spese sulla base del valore della controversia erroneamente calcolato ai sensi dall'articolo 29 del d.lgs. n. 163 del 2006 e non in virtù dell'articolo 5, comma 3 del d.m. n. 55 del 2014.

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