Riflessioni sulle principali questioni in tema di responsabilità precontrattuale della P.A.: natura giuridica, momento determinante del legittimo affidamento e danno risarcibile

Carmine Nuzzo
08 Novembre 2016

Il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione provvisoria ascrivibile alla colpevole condotta della stazione appaltante e, in particolare, alle incontestate criticità e ritardi registrati durante la fase di pubblicazione della lex specialis ed al conseguenziale slittamento dei termini di partecipazione, nonché alla lenta celebrazione delle attività di esame delle offerte, determina il sorgere di una responsabilità precontrattuale, riconducibile al modello extracontrattuale o da fatto illecito di cui all'art. 2043 c.c.
Massime

Il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione provvisoria ascrivibile alla colpevole condotta della stazione appaltante e, in particolare, alle incontestate criticità e ritardi registrati durante la fase di pubblicazione della lex specialis ed al conseguenziale slittamento dei termini di partecipazione, nonché alla lenta celebrazione delle attività di esame delle offerte, determina il sorgere di una responsabilità precontrattuale, riconducibile al modello extracontrattuale o da fatto illecito di cui all'art. 2043 c.c.

È risarcibile, in termini di lucro cessante, il danno da mancato conseguimento dell'aggiudicazione definitiva, che va determinato nella misura del 3% della base d'asta, oltre alla maggiore somma tra interessi e rivalutazione monetaria dalla data di verificazione del danno fino al soddisfo.

Il caso

Successivamente all'adozione dell'aggiudicazione provvisoria in favore di un'impresa partecipante ad una procedura aperta, interviene una determinazione dirigenziale con la quale il Comune procedente revoca in autotutela tutti gli atti della gara. Nella motivazione del provvedimento, si legge che le difficoltà riscontrate nel rispetto dei tempi prescritti dalla Convenzione conclusa con la Regione hanno determinato l'impossibilità di accedere ai finanziamenti destinati al contratto oggetto della procedura. In concreto, la Convenzione prevede finanziamenti per le gare concluse entro il 31 dicembre 2015. Mentre, nella gara in questione, il Comune ha adottato, nel termine della Convenzione, solo l'aggiudicazione provvisoria. Il ritardo viene ricondotto causalmente alla forte carenza di organico. Inoltre, secondo il Comune, la revoca è legittima e l'aggiudicataria non può avanzare alcuna pretesa risarcitoria in quanto il bando contiene un'apposita clausola di rinuncia dei concorrenti a qualsiasi pretesa in caso di ritiro degli atti di gara per perdita dei finanziamenti regionali.

Rebus sic stantibus, l'impresa aggiudicataria ricorre innanzi al giudice amministrativo campano per ottenere l'annullamento della revoca, per omessa comunicazione di avvio del procedimento, e per il risarcimento del danno in forma specifica, mediante stipulazione del contratto, ovvero, in subordine, per equivalente monetario.

Le questioni

La sentenza si trova a dover affrontare diverse questioni giuridiche di particolare interesse.

In primo luogo, viene in rilievo il tema dei presupposti e delle condizioni alle quali poter riconoscere la responsabilità c.d. precontrattuale in capo alla p.a. in caso di ritiro legittimo di provvedimento favorevole. Detta questione si lega a filo doppio con altre sotto-questioni: quella della natura della responsabilità precontrattuale, che ne influenza notevolmente il regime giuridico, e quella della individuazione della fonte del danno da provvedimento favorevole poi annullato o ritirato in autotutela ovvero del momento in cui si può dire sorto un legittimo affidamento incolpevole.

In secondo luogo, la pronuncia deve risolvere le problematiche legate all'ubi consistam del danno da mancato conseguimento dell'aggiudicazione definitiva.

Le soluzioni giuridiche

L'analisi del Collegio muove dall'accertamento della legittimità sostanziale della revoca dell'aggiudicazione provvisoria, sull'assunto che nel procedimento di autotutela avente ad oggetto il ritiro di atti endoprocedimentali – come quello in esame – non vi sia un obbligo di comunicare l'avvio del procedimento. Tale obbligo sorgerebbe solo relativamente al ritiro di un provvedimento conclusivo del procedimento. (Cfr. Cons. St., Sez. V, 18 luglio 2012, n. 4189; TAR Campania, Napoli, Sez. I, 3 luglio 2012, n. 3165).

Altro presupposto preliminare è l'accertamento dell'inefficacia della clausola del bando di gara con cui si preveda che i partecipanti, per il solo fatto di aver proposto la domanda, hanno accettato la rinuncia a spiegare qualsiasi pretesa nei confronti della p.a. procedente in caso di mancata stipula del contratto per mancanza delle necessarie coperture finanziarie. Una siffatta clausola, ove efficace, sarebbe in ogni caso nulla ai sensi dell'art. 1335 c.c. in quando configurerebbe una condizione meramente potestativa.

Tenendo presente questi due dati (la legittimità della revoca e l'inefficacia della clausola di rinuncia a pretese risarcitorie), il TAR si sofferma sulle questioni relative alla domanda risarcitoria precontrattuale, accogliendola.

Il TAR afferma espressamente che: «Si è dunque in presenza di un'ipotesi di responsabilità da contatto qualificato, attualmente ricadente nella figura generale di cui all'art. 2043 c.c., specificamente come paradigma di cattiva gestione dei tempi e dell'organizzazione del procedimento»e, pertanto, procede all'accertamento di tutti gli elementi costitutivi richiesti dalla citata norma. Una responsabilità precontrattuale che, dunque, sorge non soltanto nelle ipotesi di mancata stipulata del contratto da parte dell'aggiudicatario definitivo o di stipulazione di un contratto invalido o caducato, ma anche nel caso di mancato conseguimento dell'aggiudicazione definitiva da parte dell'aggiudicatario provvisorio.

Il ricorrente lamenta la lesione del proprio legittimo affidamento incolpevole alla conclusione del contratto. L'affidamento dell'aggiudicatario provvisorio è stato leso da un comportamento scorretto della stazione appaltante in una fase avanzata della gara, rilevante ai sensi dell'art. 1337 c.c. come ritiro ingiustificato dalle trattative precontrattuali.

Si osserva che la fonte del danno non è il provvedimento di revoca legittimo. Questo ha quasi carattere ricognitivo dell'oggettiva impossibilità di addivenire alla conclusione del contratto per il non contestato colpevole ritardo nell'istruzione della procedura.

La fonte della lesione è il comportamento della stazione appaltante contrario al generale canone di buona fede e correttezza nelle trattative.

La colpevolezza della condotta risiederebbe, secondo il Collegio, nell'aver il Comune omesso di adottare misure organizzative interne tali da consentire la tempestiva conclusione del procedimento nel termine previsto dalla Convenzione stipulata con la Regione. La perdita dei finanziamenti, che a sua volta è causa della mancata stipula del contratto, è eziologicamente riconducibile ad una condotta omissiva colposa della stazione appaltante, secondo il criterio di accertamento del nesso di causalità della c.d. probabilità logica relativa.

Quanto al danno risarcibile, si osserva che, nel caso di responsabilità precontrattuale nell'ambito delle procedure ad evidenza pubblica, occorre tenere in considerazione il momento preciso della procedura in cui si verifica la lesione del legittimo affidamento. In altri termini, è possibile immaginare una “stadiazione progressiva”, dal momento di ingresso nella procedura fino a quello del raggiungimento dell'utilità finale anelata. L'affidamento assume una diversa consistenza patrimoniale e non patrimoniale a seconda di quanto più ci si avvicini al bene della vita. Più la procedura di gara avanza, maggiore è il rafforzamento del convincimento del soggetto di essere sempre più vicino al conseguimento dell'utilità finale.

La fase della procedura in cui avviene il «ritiro dalle trattative» determinerebbe l'ubi consistam del danno risarcibile. La separazione tra fase di qualificazione e circoscrizione dei soggetti partecipanti alla gara e fase successiva di apprezzamento delle offerte emerge anche dalla normativa predisposta dal legislatore nel nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016), anche sul piano della tutela processuale.

Solitamente, si ritiene che, in caso di responsabilità precontrattuale, il danno risarcibile consista nella lesione dell'interesse negativo a non essere coinvolto in trattative inutili e infruttuose. Secondo il Collegio, quando la lesione del legittimo affidamento derivi dal comportamento scorretto della p.a. che abbia impedito all'aggiudicatario provvisorio di conseguire l'aggiudicazione definitiva, il danno risarcibile si manifesta soltanto in termini di lucro cessante. Il privato ha diritto al risarcimento del danno parametrato al 3% della base d'asta, oltre alla maggior somma tra interessi e rivalutazione monetaria dalla verificazione del danno al soddisfo. Nulla spetta, invece, a titolo di danno emergente, per il semplice fatto che le spese vive per la procedura sono state strumentali a far acquisire al ricorrente la qualifica di aggiudicatario provvisorio. Non è risarcibile nemmeno il danno curriculare, stante la sua attinenza alla diversa ipotesi di mancata stipulazione del contratto.

Osservazioni

La sentenza del TAR Campania suscita una molteplicità di osservazioni critiche, sia per la pluralità di questioni toccate, sia per le posizioni assunte.

Per poter cogliere a pieno le seguenti osservazioni critiche, si impone una breve premessa sul tema della responsabilità precontrattuale della p.a.

Come noto, in tema di responsabilità della p.a. e, in particolare, con riguardo a quella di tipo precontrattuale, si assiste ad un sempre più costante processo di pancivilizzazione del rapporto privato-pubblica amministrazione. Volendo prendere in prestito le parole di Immanuel Kant, si potrebbe validamente affermare che, sempre più spesso, si guarda al rapporto tra privato e pubblica amministrazione con le lenti del civilista e, dunque, con le categorie giuridiche proprie del diritto privato. Prova ne è la sempre più diffusa tendenza ad applicare anche alla p.a. i principi e le norme del codice civile, nonché il riconoscimento alla stessa di una generale capacità di diritto privato. Nella materia dei contratti pubblici, questa tendenza pancivilistica si è manifestata in modo proteiforme e, tra l'altro, si evidenzia anche con riguardo alla ormai consolidata ammissibilità di una responsabilità precontrattuale della p.a.

In ambito civilistico, la responsabilità precontrattuale ha creato principalmente tre grandi problemi.

Da un lato, quello della natura contrattuale o extracontrattuale della stessa, in merito al quale ancora non si è arrivati ad un approdo pacifico.

Dall'altro, ma ormai si tratta di un dato acquisito, si è cercato di forzare la responsabilità precontrattuale al di fuori dei suoi classici confini operativi. Accanto alla responsabilità da mancata stipula del contratto ex art. 1337 c.c. e a quella da stipulazione di un contratto invalido ex art. 1338 c.c., si colloca ormai da tempo anche la responsabilità per i danni derivanti dalla stipulazione di un contratto valido, efficace ma ingiusto perché concluso a condizioni più sfavorevoli rispetto a quelle che uno dei contraenti avrebbe ottenuto se non ci fosse stato il comportamento scorretto dell'altro.

Infine, il riconoscimento di quest'ultima forma di responsabilità, riconducibile al danno da dolo incidente ex art. 1440 c.c., ha condotto la giurisprudenza a superare il dogma della risarcibilità del solo interesse negativo, per ammettere la risarcibilità del c.d. interesse positivo differenziale, definibile come la differenza tra ciò che il contratto è e ciò che il contratto sarebbe stato senza il dolo incidente.

Detto ciò, si osserva che gli stessi problemi si sono posti e si pongono quando una delle parti del rapporto è la p.a. Il punto che interessa però è che, seppure le questioni giuridiche sono le stesse, non è detto che le risposte, le soluzioni debbano essere le medesime date in ambito civilistico.

La vera importanza della pronuncia in commento, infatti, si coglie non tanto e non solo per quello che dice espressamente, ma anche per ciò che si legge tra le righe. Sullo sfondo della pronuncia, infatti, c'è proprio il dubbio circa la correttezza di una pancivilizzazione indiscriminata della responsabilità precontrattuale della p.a. In altre parole, occorre chiedersi se è corretto o meno trasporre tout court i principi civilistici in tema di responsabilità precontrattuale alle ipotesi in cui una parte del rapporto sia una p.a. Questi dubbi emergono soprattutto con riguardo alla distribuzione dell'onere della prova, all'individuazione del momento preciso in cui può dirsi formato un legittimo affidamento e all'ubi consistam del danno risarcibile.

La spinta pancivilistica ha portato, prima di tutto, ad equiparare la fase pubblicistica di scelta del contraente della p.a. a delle trattative contrattuali private, nonché ad individuare in capo alla p.a. un generale dovere di buona fede e correttezza, nel rispetto dell'altrui libertà negoziale. Si configura un vero e proprio obbligo di trattare secondo buona fede.

La sentenza affronta in modo del tutto peculiare i principali problemi legati alla responsabilità precontrattuale della p.a., ma, tuttavia, lascia all'interprete alcune perplessità.

Non può non osservarsi l'assunzione, da parte del Collegio, di una posizione oggi minoritaria nonché alquanto contraddittoria circa il grande tema della natura della responsabilità precontrattuale.

Si legge, infatti, che «Si è dunque in presenza di un'ipotesi di responsabilità da contatto qualificato, attualmente ricadente nella figura generale di cui all'art. 2043 c.c.». La prima considerazione che risalta è questa incongruenza tra la prima e la seconda parte del riportato periodo. L'affermazione per cui quella precontrattuale è una responsabilità da contatto sociale qualificato e quindi aquiliana potrebbe apparire alquanto contraddittoria. La teoria germanista del contatto sociale qualificato s'inquadra nelle tendenze moderne alla estensione dell'ambito di operatività della responsabilità da inadempimento di un'obbligazione di cui agli artt. 1218 e 1176 c.c. Il contatto sociale, infatti, sarebbe una fonte di obbligazioni riconducibile ad «ogni altro atto o fatto idoneo secondo l'ordinamento giuridico»di cui all'art. 1173 c.c. E' evidente che ogni interpretazione che vada a rinfoltire le fila dei fatti fonte di obbligazione, riduce proporzionalmente l'area della responsabilità aquiliana.

Se si riconduce la responsabilità precontrattuale al contatto sociale qualificato, non si comprende come le si possa riconoscere natura aquiliana e procedere all'accertamento degli elementi costitutivi previsti dall'art. 2043 c.c. Tradizionalmente, infatti, quella aquiliana è definita come la responsabilità “del passante”, in quanto presuppone la non preesistenza di una relazione giuridica o di fatto tra danneggiante e danneggiato. Questa caratteristica si ripercuote sulla natura dell'obbligazione risarcitoria. Nel caso della responsabilità da inadempimento, l'obbligazione risarcitoria ha carattere derivato o secondario, nel senso che sorge dalla violazione, dall'inadempimento di un precedente rapporto obbligatorio di prestazione o di protezione tra le parti. L'art. 2043 c.c., invece, è ormai considerato a tutti gli effetti una norma primaria, in quanto l'obbligazione risarcitoria aquiliana deriva dalla violazione del canone ivi previsto del neminem laedere, e dunque è un'obbligazione originaria.

Rilevata quest'incongruenza, va detto che, in concreto, la sentenza riconosce natura aquiliana alla responsabilità precontrattuale, così collocandosi all'interno di una corrente di pensiero in costante declino, anche in campo civilistico.

L'orientamento più recente della Corte di Cassazione si sviluppa in senso opposto. Il contatto tra p.a. e cittadino nella procedura di gara è un fatto fonte di obbligazioni di protezione, il cui inadempimento fa sorgere una responsabilità ex artt. 1218 e 1176 c.c. Questo comporta che il privato sia tenuto a provare in giudizio solo il proprio credito e il danno-conseguenza subìto, essendo sufficiente la mera allegazione dell'inadempimento dell'obbligo di correttezza e buona fede nelle trattative da parte della p.a.

L'amministrazione, dal canto suo, è tenuta a fornire la prova o dell'inesistenza di un inadempimento ovvero dell'impossibilità oggettiva o soggettiva di tenere il comportamento conforme ai canoni di correttezza – sub specie di assenza di causalità o assenza di colpa – la quale deve essere eziologicamente riconducibile ad un precedente causale non imputabile alla stessa nemmeno per colpa. In altri termini, si richiede che la p.a. dimostri che, se un inadempimento vi è stato, si è trattato di un errore scusabile, configurabile, ad esempio, in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione d'incostituzionalità della norma applicata (Così, Cass., Sez. I, 12 luglio 2016, n. 14188, Est. Valitutti; Cons. St., Sez. V, 31 agosto 2016, n. 3742). La natura “contrattuale” (rectius da inadempimento), tra l'altro, secondo la Cassazione, determinerebbe l'applicazione del termine di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c. alla responsabilità precontrattuale della p.a.

Queste divergenze tra i sostenitori dell'una e dell'altra teoria offrono lo spunto per una considerazione critica circa gli aspetti positivi e negativi della pancivilizzazione richiamata in incipit.

Si potrebbe sostenere, infatti, che la tesi della Cassazione è certamente quella che consente di contemperare al meglio le esigenze di buona amministrazione e di effettività della tutela giurisdizionale, in quanto le regole della responsabilità da inadempimento consentono di riequilibrare in sede processuale un rapporto tendenzialmente asimmetrico come quello tra privato e p.a.

Tuttavia, si potrebbe osservare, come per la verità fatto da una certa parte della giurisprudenza amministrativa, che una pancivilizzazione indiscriminata che non tenga conto delle peculiarità del rapporto amministrativo non sarebbe coerente con i principi fondamentali del nostro ordinamento amministrativo sostanziale e processuale. In alcune pronunce, si è detto che, sebbene oggi l'amministrazione disponga di strumenti pubblicistici e privatistici al medesimo tempo, quello della p.a. sarebbe un “diritto privato speciale”. La trasposizione dei principi civilistici della responsabilità da inadempimento in campo amministrativo comporterebbe, secondo questa impostazione, uno sbilanciamento processuale fortissimo tra azione di annullamento e azione di condanna al risarcimento dei danni. Nell'una il ricorrente sarebbe tenuto a provare i fatti costitutivi della propria domanda, cioè i vizi di legittimità del provvedimento; nell'altra, potrebbe limitarsi a provare il comportamento costitutivo del diritto di credito e il danno, allegando soltanto l'inadempimento dell'obbligo di protezione (In tal senso: TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 5 agosto 2016, n. 1309, Est. Pozzi).

Altro nodo problematico è rappresentato dall'individuazione del momento preciso della procedura di gara in cui può dirsi formato un legittimo affidamento tutelato dall'ordinamento giuridico.

La pronuncia in commento sostiene, come sopra illustrato, che non è possibile individuare un momento preciso prima del quale non ci sarebbe alcun affidamento e successivamente al quale ve ne sarebbe uno legittimo e tutelato dall'ordinamento. L'affidamento vi sarebbe sempre, fin dal momento di ingresso del concorrente nella procedura. Quello che conta, però, è il grado, l'intensità dell'affidamento. Esso sarebbe un concetto graduabile su una scala ascensionale e sarebbe direttamente proporzionale al danno risarcibile. Più avanza la procedura, più l'affidamento si rafforza e più aumenta la consistenza del danno risarcibile. Di conseguenza, anche l'aggiudicazione provvisoria contribuirebbe a rafforzare l'affidamento sulla positiva prosecuzione della procedura mediante l'ottenimento dell'aggiudicazione definitiva. In caso di recesso ingiustificato dalle trattative sorgerebbe comunque una responsabilità precontrattuale della p.a. (In senso conforme: TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 26 febbraio 2016, n. 591, per cui: «L'impresa che abbia ottenuto l'aggiudicazione provvisoria, se non ha una posizione di vantaggio stabile derivante dal suddetto atto interinale, ma una mera aspettativa alla conclusione del procedimento, ha comunque un interesse (strumentale) a che la P.A. si comporti secondo buona fede nelle varie fasi del procedimento di evidenza pubblica e tale interesse assume indubbio rilievo giuridico ai sensi dell'art. 1337 c.c., risultando meritevole di tutela: la sua lesione, per effetto della violazione, da parte della P.A., delle regole di lealtà e correttezza nelle trattative che è obbligata ad osservare, è dunque suscettibile di ristoro, nei limiti del cd. interesse negativo.»).

Sennonché, come osservato da altra parte della giurisprudenza amministrativa, si potrebbe validamente e ragionevolmente sostenere anche la tesi opposta. L'aggiudicazione provvisoria sarebbe un atto endoprocedimentale instabile ed interinale, che esprime una scelta non definitiva della stazione appaltante, tant'è che vi sarebbe sempre la possibilità che ad essa non segua quella definitiva. L'affidamento giuridicamente tutelato potrebbe sorgere soltanto a seguito dell'aggiudicazione definitiva. Di conseguenza, una responsabilità precontrattuale della p.a. sarebbe configurabile nelle sole due ipotesi classiche della mancata stipula del contratto o di stipula di contratto invalido o successivamente caducato, ma non anche nell'ipotesi di mancata aggiudicazione definitiva da parte dell'aggiudicatario provvisorio (In tal senso: TAR Sicilia, Palermo, Sez. III, 05 aprile 2016, n. 883; TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 5 agosto 2016, n. 1309; Cons. St., Sez. V, 7 luglio 2014, n. 3449; Id., Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1559; Id., Sez. V, 26 giugno 2015, n. 3237; Id., Sez. V, 5 aprile 2012, n. 2007; Id., Sez. VI, 17 marzo 2010, n. 1554).

Tra l'altro, pare opportuno ricordare che il nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016) ha eliminato la distinzione tra aggiudicazione provvisoria e definitiva. Questo molto probabilmente potrebbe portare ad una rivalutazione della tesi per cui la presenza di un legittimo affidamento andrebbe accertata in concreto caso per caso, assumendo questo diversa intensità a seconda dello stadio di avanzamento della procedura e di una molteplicità di circostanze concrete anche esoprocedimentali.

In disparte il tema del momento in cui può dirsi sorto un legittimo affidamento, occorre altresì domandarsi se, ai fini della sussistenza di un affidamento legittimo ed incolpevole, vi sia un onere del partecipante alla gara o al procedimento di avvedersi di eventuali patologie degli atti della procedura di gara. Si potrebbe sostenere, infatti, che, a prescindere dal momento in cui avviene il ritiro degli atti di gara, la lesione del legittimo affidamento non sarebbe risarcibile quando il privato avrebbe dovuto o potuto accorgersi dell'illegittimità di uno o più atti della gara con l'ordinaria diligenza. Conoscendo tali vizi, il privato giammai avrebbe dovuto o potuto fare affidamento sulla per lui positiva conclusione della procedura/trattativa.

Tuttavia, potrebbe osservarsi che un tale onere di non far affidamento sarebbe esigibile solo quando l'azione amministrativa si pone in violazione di norme imperative, sulle quali incombe un dovere generale di conoscenza e informazione per tutti i consociati. Di conseguenza, la prevedibilità e la conoscibilità della illegittimità degli atti di gara escluderebbe un legittimo affidamento incolpevole solo relativamente ai casi di autoannullamento d'ufficio, non anche in quelli di revoca della gara per ragioni di opportunità, convenienza e adeguatezza.

Visti i problemi relativi al quando e al come sorge un affidamento legittimo giuridicamente tutelato, permane la questione dell'ubi consistam del danno risarcibile in caso di responsabilità precontrattuale. Sul punto, deve osservarsi che la consistenza del danno risarcibile varia a seconda della tesi cui si aderisce in tema di momento determinante del legittimo affidamento incolpevole.

Nei casi contemplati dalla giurisprudenza prevalente, il danno risarcibile, coincidente con la lesione del c.d. interesse negativo, comprenderebbe, secondo un primo indirizzo, il danno emergente e la rivalutazione monetaria (Cfr. TAR Sicilia, Palermo, Sez. II, 05 marzo 2015, n. 605; TAR Campania, Napoli, Sez. V, 01 febbraio 2016, n. 607) dal momento dell'evento dannoso, essendo l'obbligazione risarcitoria un debito di valore che si trasforma in debito di valuta solo a seguito della sua liquidazione in sentenza. Non potrebbe essere richiesto il danno da esecuzione del contratto, né il danno curriculare, il quale presuppone l'aggiudicazione e l'esecuzione della prestazione contrattuale, attenendo entrambi all'interesse positivo.

A questo indirizzo, si potrebbe, però, portare un rilievo critico laddove si consideri, come in parte affermato dalla sentenza in commento, che le spese vive sostenute per la partecipazione alla gara sono strumentali a far acquisire al ricorrente lo status di partecipante alla gara, il quale è condizione necessaria e imprescindibile ai fini della legittimazione ad agire. Dunque, la voce di danno risarcibile in caso di responsabilità precontrattuale sarebbe solo il lucro cessante, inteso come occasioni contrattuali sfumate a causa dell'impegno richiesto dalla partecipazione alla gara poi annullata (TAR Lazio, Roma, Sez. II, 02 settembre 2015, n. 11008).

Altro danno risarcibile potrebbe essere quello da perdita di chance, che è pur sempre un danno emergente, ove si dimostri che la condotta della p.a. contraria al canone di buona fede abbia determinato la perdita della seria ed apprezzabile possibilità di conseguire una certa utilità, possibilità intesa come posta attiva già presente nel patrimonio del concorrente.

Anche in relazione al danno da inadempimento precontrattuale rileva il disposto di cui all'art. 1227 c.c., che esclude la risarcibilità dei danni evitabili dal creditore con l'uso dell'ordinaria diligenza. Sul punto, è sufficiente precisare che, mentre alcuni ritengono che la norma attenga al nesso di causalità giuridica tra danno evento e danno conseguenza, taluni ipotizzano, invece, che la norma ponga un c.d. duty to mitigate, ossia un dovere, anch'esso di buona fede, di mitigare, non aggravare o impedire la produzione dei danni di cui si chiede il ristoro.

Un'ultima considerazione merita di essere svolta con riguardo alla possibilità che dall'inadempimento dell'obbligo di buona fede e correttezza nelle trattative sorga anche un danno non patrimoniale. Se si qualifica il comportamento contrario a buona fede come inadempimento di un'obbligazione da cui sorge una responsabilità lato sensu contrattuale, ne consegue che il danno potrebbe avere, in astratto, anche carattere non patrimoniale, qualora il comportamento della p.a. abbia leso interessi inerenti la persona costituzionalmente garantiti. L'aspetto interessante sarebbe che, come osservato dalla migliore dottrina, in ambito contrattuale, non essendoci una norma equivalente all'art. 2059 c.c., si dovrebbe ritenere che non operi, a differenza di quanto avviene in campo aquiliano, il limite di tipicità del danno non patrimoniale previsto dalla citata norma. Per ciò, il danno non patrimoniale da inadempimento sarebbe risarcibile non soltanto nei casi oggi ammessi in base alla lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., ma anche in caso di lesione di interessi non patrimoniali atipici rilevanti rispetto al rapporto obbligatorio frustrato dall'inadempimento.

Guida all'approfondimento

E. NAVARRETTA, L'ingiustizia del danno e i problemi di confine tra responsabilità contrattuale e extracontrattuale, in N. LIPARI-P. RESCIGNO (diretto da), Diritto civile, IV, 3, Milano, 2009

G. CHINÈ, La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione nell'era della risarcibilità degli interessi legittimi, in Foro amm. TAR, 2003, 3, 797 e ss.

S. AMATO, I nuovi confini della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, in Riv. giur. edil., 1, 2014, 1 e ss.

V. CUFFARO, Responsabilità precontrattuale, Voce, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988

G. MARI, La tutela in forma specifica e per equivalente nelle controversie relative alle procedure di affidamento di appalti pubblici, in M.A. SANDULLI, Il nuovo processo amministrativo, Milano, 2015, 385 e ss.

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