Oggetto del contratto di avvalimento e teoria della c.d. “forma-contenuto”

Carlo M. Tanzarella
09 Novembre 2016

Con specifico riferimento al contratto di avvalimento, l'Adunanza Plenaria afferma il principio per cui non sussiste la nullità del contratto nell'ipotesi in cui una parte dell'oggetto del contratto di avvalimento, pur non essendo puntualmente determinata, sia tuttavia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento.

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato esamina la dibattuta questione del contenuto del contratto di avvalimento, sotto il peculiare profilo della valutazione di ammissibilità di interpretazioni volte a introdurre, per esso, deroghe alla disciplina generale del codice civile che, in relazione all'elemento essenziale dell'oggetto del contratto, richiede che esso sia determinabile, e non anche necessariamente determinato.

L'occasione nasce da una vicenda nella quale era contestata la sufficienza del livello di dettaglio di un contratto di avvalimento che, pur indicando in maniera precisa e dettagliata i mezzi e le attrezzature messe a disposizione dall'ausiliata, conformemente a quanto richiesto dall'art. 88 del d.P.R. n. 207 del 2010, tra essi non menzionava lo stabilimento industriale di proprietà dell'ausiliaria. Tale omissione avrebbe impedito di ritenere soddisfatto il requisito del possesso della qualificazione nella categoria OS18A (specificamente concernente la produzione in stabilimento e il montaggio in opera di strutture di acciaio), per il quale era stato fatto ricorso all'avvalimento.

Secondo il Giudice rimettente, si dovrebbe aderire all'orientamento più rigoroso formatosi nella giurisprudenza amministrativa, secondo cui le parti dovrebbero sempre indicare l'oggetto specifico del contratto in modo determinato (tanto nel caso di avvalimento di garanzia, quanto nel caso di avvalimento operativo), e ciò anche in accordo alla teoria della c.d. “forma-contenuto”, riferita ad ipotesi nelle quali è legislativamente imposta, ai fini della validità dell'atto, l'esplicitazione di una serie di elementi puntualmente individuati: in tali casi, cui l'ordinanza di rimessione riconduce anche l'art. 88 del d.P.R. n. 207 del 2010, la forma non rappresenterebbe solo il mezzo di manifestazione della volontà contrattuale ma recherebbe in sé anche l'incorporazione di un contenuto minimo di informazioni che debbono essere necessariamente fornite attraverso il contratto.

Tale impostazione non è condivisa dall'Adunanza Plenaria.

Da un lato, essa rileva come le disposizioni alla base della teoria della c.d. “forma-contenuto” riguardino principalmente ipotesi volte a tutelare la posizione di parti contrattuali deboli, predeterminando in modo chiaro e tassativo gli elementi specifici che il contratto deve esplicitare quanto all'oggetto, in modo da equilibrare le asimmetrie informative gravanti sul rapporto (è il caso, ad esempio, dei contratti tra imprese e consumatori, o dei contratti bancari). Un'analoga ragione giustificatrice non è invece rinvenibile nel settore della contrattualistica pubblica, nel cui ambito agiscono operatori professionali.

Dall'altro, e più in generale, l'Adunanza Plenaria pone l'accento sull'obbligo di non introdurre, per gli istituti di matrice europea, vincoli e limiti ulteriori e diversi rispetto a quelli che operano in relazione ad analoghe figure del diritto interno, in accordo ai principi di parità di trattamento e non discriminazione, sicché anche l'art. 88 del d.P.R. n. 207 del 2010 deve essere letto ed interpretato in coerenza con le disposizioni codicistiche generali. Pertanto, l'oggetto del contratto di avvalimento non deve essere necessariamente determinato, ma anche solo determinabile e concretamente individuabile applicando le ordinarie regole di interpretazione del contratto (artt. 1362 ss. c.c.).

Inoltre, l'Adunanza Plenaria rileva che le disposizioni dell'ordinamento nazionale in tema di avvalimento non prevedono alcuna disposizione derogatoria specifica che, per casi eccezionali, potrebbe legittimare limitazioni alla possibilità per gli operatori di far ricorso all'avvalimento, in accordo a quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea: non l'art. 88 del regolamento di esecuzione, poiché di natura regolamentare e quindi inidoneo ad introdurre disposizioni derogatorie della normativa primaria di riferimento; non il vecchio codice dei contratti, che non legittimava in alcun modo l'introduzione in sede regolamentare di disposizioni volte a derogare all'ordinaria disciplina civilistica in tema di oggetto del contratto; non infine il nuovo codice dei contratti, il cui art. 89 non ha introdotto disposizioni puntuali volte a vincolare le forme di rappresentazione dell'oggetto contrattuale (per tale aspetto, le sentenza osserva come il legislatore delegato non abbia utilizzato in modo integrale gli spazi riconosciuti dalla legge delega, che avrebbe forse consentito più rigorose prescrizioni circa le indicazioni obbligatorie dell'oggetto contrattuale).

L'Adunanza Plenaria ritiene conclusivamente che l'articolo 88 del d.P.R. 207 del 2010, per la parte in cui prescrive che il contratto di avvalimento debba riportare «in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…) le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico», non legittimi né un'interpretazione volta a sancire la nullità del contratto a fronte di un oggetto che sia stato esplicitato in modo (non determinato, ma solo) determinabile, né un'interpretazione volta a riguardare l'invalidità del contratto connessa alle modalità di esplicitazione dell'oggetto sulla base del c.d. ‘requisito della forma-contenuto'.

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