La derogabilità delle tabelle ministeriali sul costo del lavoro

Antonella Mascolo
03 Marzo 2016

Sono automaticamente anomale le offerte che si discostano dalle tabelle ministeriali sul costo della manodopera dipendente?

Sono automaticamente anomale le offerte che si discostano dalle tabelle ministeriali sul costo della manodopera dipendente?

Come si evince dal combinato disposto degli artt. 86, comma 3-bis e 87, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006, il dato del costo del lavoro rappresenta un elemento centrale ai fini dell'apprezzamento sull'attendibilità e la serietà dell'offerta, in quanto gli enti aggiudicatori sono rigorosamente tenuti a valutare che il valore economico di ciascuna offerta sia «adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza».

Al riguardo, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che le tabelle ministeriali sul costo della manodopera dipendente menzionate all'art. 86, comma 3-bis, c.c.p. non costituiscono parametri assoluti e inderogabili, ma sono suscettibili di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali svolte dall'offerente, purché vengano salvaguardate le retribuzioni minime dei lavoratori, così come stabilito in sede di contrattazione collettiva (cfr. ex multis Cons. St., Sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 854).

In tal senso quindi, i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono una soglia intangibile in peius, ma semplicemente un parametro di valutazione della congruità dell'offerta, con la conseguenza che l'eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo non legittima di per sé un giudizio di anomalia da parte della stazione appaltante.

Proprio per tale ragione, il Consiglio di Stato ha ritenuto che è affetta da nullità la clausola che commina la sanzione escludente per il solo mancato rispetto dei valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali, atteso che detto parametro non costituisce un limite inderogabile, bensì soltanto un elemento da considerare ai fini del complessivo giudizio di congruità dell'offerta (cfr. Cons. St., Sez. III, 10 novembre 2015, n. 5128).

Conclusivamente, deve quindi ritenersi che le stazioni appaltanti sono titolari di un significativo margine di discrezionalità nel valutare se il valore economico offerto dal concorrente sia concretamente adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro indicativamente quantificato dalle tabelle ministeriali.

Per tale ragione, un'offerta non può ritenersi anomala ed essere automaticamente esclusa da una gara, per il solo fatto che il costo del lavoro è stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali, occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata.

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