Mini-rito e decorrenza del termine di impugnazione: il “correttivo” della giurisprudenza

Flaminia Aperio Bella
10 Maggio 2017

Il dies a quo del termine impugnatorio del provvedimento che determina l'ammissione alla gara decorre dalla pubblicazione sul profilo del committente ai sensi dell'art. 120, comma 2-bis, c.p.a. e, in mancanza di tale atto, dalla comunicazione o notificazione individuale del provvedimento, purché completa di ogni elemento utile a farne apprezzare la lesività da parte di un operatore di normale diligenza.

La regola posta dall'art. 120, comma 2-bis, c.p.a., secondo cui il termine di trenta giorni per la contestazione dell'ammissione degli altri concorrenti in gara decorre «dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante»rappresenta un'eccezione alla regola generale che richiede una comunicazione individuale; la riferita pubblicazione, essendo peraltro doverosa, induce l'impresa interessata ad un legittimo affidamento circa la data a partire dalla quale, soltanto, potrà decorrere il termine per impugnare l'ammissione di altra concorrente.

In caso di mancato assolvimento di detto onere, la pubblicazione può trovare un momento cognitivo equivalente, ai fini della decorrenza del termine impugnatorio, soltanto in una comunicazione o notificazione individuale del provvedimento, purché completa di ogni elemento utile a farne apprezzare la lesività da parte di un operatore di normale diligenza.

In mancanza della pubblicazione e della comunicazione individuale, la mera presenza del delegato della società ricorrente alla seduta pubblica in cui è stata disposta l'ammissione della controparte non consente di rilevarne, neanche in via astratta o approssimativa, la possibile illegittimità (nella specie afferente la mancanza di un requisito di capacità tecnica emersa in sede di accesso solo da una approfondita disamina della documentazione amministrativa proveniente dalla controinteressata), sicché non determina la decorrenza del termine di impugnazione.

Il Collegio precisa che tale interpretazione, a meno di non voler imporre alla ricorrente un'azione “al buio” (“quod non”), oltre a trovare conforto in recente giurisprudenza (cfr. TAR Molise, 28 aprile 2017, n. 150, su cui v. News Fabrizio Laudani 2 maggio 2017), sembra l'unica possibile e corente con i pertinenti principi affermati dalla Corte di Giustizia CE (Sez. V, 8 maggio 2014, in causa C-161/13), secondo cui «ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione di appalti pubblici possono essere garantiti soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni» (punto 37). Detti principi, seppur affermati nella vigenza del “vecchio” Codice Appalti, meritano di essere riaffermati anche nel nuovo contesto codicistico, con riguardo alle esigenze di tutela che debbono comunque essere riconosciute al partecipante alla gara e che non possono essere completamente sacrificate a tutto favore delle contrapposte esigenze accelleratorie sottese al rito “super speciale” di cui all'art. 120, comma 2-bis, c.p.a.

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