Sussiste il dovere di provvedere della P.A. nel caso di richieste di revisione della certificazione antimafia e istanze di iscrizione alla white list

Nicola Posteraro
10 Ottobre 2016

Sussiste l'obbligo di provvedere della P.A. sia nel caso in cui l'amministrato richieda la revisione della certificazione antimafia, sia nel caso in cui questi richieda l'iscrizione nell'elenco della white list.
Massima

Sussiste l'obbligo di provvedere della P.A. sia nel caso in cui l'amministrato richieda la revisione della certificazione antimafia, sia nel caso in cui questi richieda l'iscrizione nell'elenco della white list.

Il caso

La società ricorrente era stata oggetto di una serie di informative interdittive emesse dalla Prefettura.

Sulla base di alcune sopravvenute circostanze, la stessa aveva poi presentato, all'amministrazione, una richiesta della revisione della certificazione antimafia, oltre che una istanza per l'iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa.

Dopo qualche tempo, la Prefettura aveva comunicato alla ricorrente che, in relazione alle istanze di revisione della certificazione antimafia, erano in corso le verifiche con i competenti organi di P.S. Nonostante ciò, però, essa non aveva poi provveduto in alcun modo, né in relazione alla richiesta di revisione, né in relazione all'istanza di iscrizione.

La ricorrente pertanto, esperiva il ricorso avverso il silenzio inadempimento, adendo il giudice amministrativo, al fine di chiedere l'accertamento dell'illegittimità del silenzio serbato dalla P.A. a fronte delle sue domande (richiesta di revisione della certificazione e istanza di iscrizione alla white list).

La stessa, inoltre, chiedeva la condanna dell'amministrazione a provvedere in senso ad essa favorevole, relativamente alla richiesta di revisione della certificazione antimafia.

La questione

Il punto di diritto che la sentenza affronta è relativo al se la pubblica amministrazione abbia il dovere di provvedere a fronte a) della richiesta di revisione della certificazione antimafia; b) della istanza di iscrizione nella cd. white list.

Le soluzioni giuridiche

Il Collegio afferma che il ricorso deve essere accolto, in quanto fondato, con riferimento all'accertamento dell'obbligo dell'Amministrazione intimata di concludere il procedimento iniziato sulle richieste della ricorrente.

Per quanto riguarda la richiesta di revisione della certificazione antimafia, citando espressamente l'art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159 del 2011 (a mente del quale «Il prefetto, anche sulla documentata richiesta dell'interessato, aggiorna l'esito dell'informazione al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell'accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa»), i giudici specificano che nel caso in cui la società destinataria dell'informativa evidenzi mutamenti nelle circostanze di fatto a tal fine rilevanti, rappresentando di aver eliminato i presupposti sulla base dei quali era stato emesso il provvedimento interdittivo, l'Amministrazione è tenuta a riaprire il procedimento e a compiere una nuova istruttoria al fine di accertare se i fatti sopravvenuti siano tali da aver fatto venir meno il rischio di infiltrazione mafiosa.

Essa è obbligata, pertanto, a provvedere.

Il TAR afferma che la norma corrisponde alla finalità di perseguire il bilanciamento tra l'interesse pubblico a non consentire alla P.A. di contrattare con soggetti sospettati di collusione con la criminalità organizzata, e quello privato di garantire il diritto al libero esercizio dell'attività economica privata non appena sia stato accertato il venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell'accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa (nello stesso senso, TAR Lazio, Sez. I-ter, sentenze nn. 7316 del 2015 e 6559 del 2014).

La pronuncia si pone sulla scia della giurisprudenza in materia, che ha più volte affermato che, a fronte di una circostanziata richiesta di aggiornamento da parte del soggetto interessato, il prefetto non possa legittimamente sottrarsi all'obbligo di riesaminare il quadro indiziario esistente alla luce dei nuovi dati segnalatigli e debba quindi ripronunciarsi, in via espressa, su di esso (ex pluribus, Cons. St., Sez. VI, 20 maggio 2009, n. 3092; Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743).

I giudici specificano, poi, che resta comunque ferma, naturalmente, la piena discrezionalità del potere valutativo del prefetto in merito al perdurare del rischio di infiltrazione mafiosa (cfr., in questo senso, anche Cons. St., Sez. III, 13 maggio 2015, n. 2410; 3 maggio 2016, n. 1743).

La sentenza, infine, afferma che non può invece essere accolta la domanda volta all'accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale dedotta dalla ricorrente, volta alla conclusione in senso favorevole alla ricorrente del procedimento di aggiornamento dell'informativa antimafia. Essendo necessari, a tal fine, ulteriori accertamenti istruttori ed indagini di particolare delicatezza e complessità, la fattispecie, il Collegio precisa che tale attività rientra nell'eccezione prevista dall'art. 31 c.p.a.

Anche per quanto riguarda l'istanza di iscrizione alla white list ex art. 1, comm 52, della l. n. 190 del 2012, i giudici affermano che il gravame va accolto, posto che, anche in questo caso, in capo alla P.A. sorge un dovere di provvedere, una volta che ad essa venga rivolta una istanza di tal tipo.

Osservazioni

Nel caso di specie, si ritiene che i giudici abbiano correttamente rilevato il dovere di provvedere della P.A., in relazione alle richieste di revisione della certificazione antimafia presentate dal privato.

Ciò in quanto, come espressamente affermato dalla stessa amministrazione in un periodo antecedente a quello in cui il ricorso è stato poi proposto, un procedimento amministrativo, nel caso concreto, era stato già avviato (erano in corso le verifiche con i competenti organi di P.S.); dunque, sussistevano i presupposti per far sì che trovasse applicazione l'art 2 della l. n. 241 del 1990, a mente del quale, si rammenti, la p.a. è tenuta a emanare un provvedimento amministrativo espresso (solo) nei casi in cui abbia dato corso ad un procedimento amministrativo (vuoi d'ufficio, vuoi su istanza di parte).

Questa precisazione appare importante, in quanto, se il procedimento non fosse stato avviato, si può affermare che difficilmente i giudici avrebbero potuto rilevare il dovere di provvedere.

Sembra infatti che, nel caso dell'art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159 del 2011, si tratti di veri e propri poteri d'ufficio, i quali vengono esercitati dall'amministrazione (e, meglio, dal Prefetto) solo laddove questi lo ritenga dovuto.

Il privato, come precisato dalla norma, può sì richiedere che tali poteri vengano esercitati (e, dunque, può sollecitarli), ma con la sua richiesta, a differenza di quanto avverrebbe se la sua fosse una vera e propria istanza tipizzata, non attiva alcun tipo di procedimento amministrativo.

In altre parole, il potere di attivazione, essendo potere d'ufficio, resta comunque in capo alla P.A., la quale, a fronte della denuncia del privato (sebbene qualificata, in quanto supportata da un effettivo interesse differenziato e qualificato del soggetto richiedente) resta comunque l'unica a poter avviare concretamente il procedimento finalizzato alla emanazione della decisione finale.

Per tale motivo, si può ritenere che se i procedimenti in commento non fossero stati avviati dalla P.A., i giudici avrebbero potuto al massimo rilevare un dovere di procedere della P.A., e non anche un suo dovere di provvedere.

La stessa sentenza, in un punto, afferma testualmente che, nel caso in cui la società destinataria dell'informativa evidenzi mutamenti nelle circostanze di fatto a tal fine rilevanti, rappresentando di aver eliminato i presupposti sulla base dei quali era stato emesso il provvedimento interdittivo, l'Amministrazione è tenuta non a provvedere, in senso stretto, ma «a riaprire il procedimento e a compiere una nuova istruttoria al fine di accertare se i fatti sopravvenuti siano tali da aver fatto venir meno il rischio di infiltrazione mafiosa».

È chiaro quindi che, se essa, pur obbligata a farlo, non apra il procedimento, il ricorrente non possa contestare un suo dovere di provvedere, mancando, a monte, il presupposto per poterlo ravvisare (la sussistenza di un avviato procedimento amministrativo da concludere).

Certo è, però, che le norme sulla tempestività dell'azione amministrativa, sia da un punto di vista sostanziale, sia da un punto di vista processuale, non aiutano l'amministrato, in questo senso, perché sono state pensate dal legislatore solo al fine di far sì che questi possa contestare il dovere di provvedere e non anche quello di procedere.

Diverso, si può affermare, è il caso della richiesta di iscrizione nelle white list: qui siamo dinanzi ad una vera e propria istanza tipizzata, la quale, presentata, avvia essa stessa, in automatico, il procedimento amministrativo, facendo così sorgere, in capo all'amministrazione, il dovere della p.a di provvedere (il quale ultimo assorbe, quindi, il dovere di procedere).

Guida all'approfondimento

Sul dovere di provvedere, si veda, ex pluribus, M. LIPARI, I tempi del procedimento amministrativo. Certezza dei rapporti, interesse pubblico e tutela dei cittadini, in Dir. amm., 2003, 2, 292 ss.; A. POLICE, Il dovere di concludere il procedimento e il silenzio inadempimento, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Milano, 2010, 228 ss.; M.A. SANDULLI, Le novità in tema di silenzio, in R. GAROFOLI-T. TREU (a cura di), Il libro dell'anno del diritto, Roma, 2014; N. POSTERARO, Brevi note sull'obbligo di provvedere alla luce del nuovo articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in Foro amm., 2014, 1338 ss.

Sulla differenza tra dovere di procedere e dovere di provvedere (e, quindi, tra sollecitazione dei poteri di ufficio e istanze tipizzate), si cfr. L. BERTONAZZI, Il giudizio sul silenzio, in B. SASSANI-R. VILLATA (a cura di), Il codice del processo amministrativo, Torino, 2012, 919 ss.; N. POSTERARO, Considerazioni critiche sul generalizzato dovere di provvedere della P.A., ivi, 2015, 2676 ss. e la bibliografia ivi richiamata.

Sommario