Qualificazione dei progettisti: i servizi svolti per committenti privati rilevano solo se i lavori sono stati ultimati

10 Novembre 2016

Ai fini della qualificazione dei progettisti, i servizi svolti per committenti privati non possono essere utilizzati se i lavori oggetto della progettazione non siano stati ultimati. La diversità di trattamento rispetto ai servizi di progettazione svolti per i committenti pubblici, per i quali non è necessaria l'ultimazione dei lavori, rinviene la sua giustificazione nella diversità soggettiva dei destinatari degli stessi servizi di progettazione. Soltanto la pubblica amministrazione offre garanzie di certificazione anche in mancanza della concreta attuazione del progetto. Le medesime garanzie in caso di servizi di progettazione svolti per committenti privati possono essere ricavate solo se le attività progettuali affidate da questi abbiano ricevuto concreto svolgimento mediante l'esecuzione dei lavori.

Il Consiglio di Stato afferma che, tra i requisiti tecnico-organizzativi di partecipazione alle gare pubbliche volte ad affidare servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria, rilevano i servizi previamente svolti per committenti privati esclusivamente nell'ipotesi in cui i lavori oggetto della progettazione siano stati ultimati. La sentenza interpreta l'art. 263, comma 2, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 nel senso che la mancata necessità della realizzazione dei lavori sia da riferire esclusivamente ai servizi previamente effettuati nei confronti di soggetti pubblici (in senso contrario Cons. St., Sez. V, 10 febbraio 2015, n. 692).

Come già rilevato dalla sentenza 22 maggio 2015, n. 2567 della stessa sezione, tale disparità di trattamento si giustifica in ragione della circostanza che soltanto le pubbliche amministrazioni offrono adeguate garanzie di certificazione anche in mancanza della concreta attuazione del progetto. In caso di servizi di progettazione svolti per committenti privati, invece, le medesime garanzie possono essere ricavate solo se le attività progettuali affidate abbiano ricevuto concreto svolgimento mediante l'esecuzione dei lavori.

Il Collegio sottolinea che, a differenza di quanto avviene in ambito privato, l'attività progettuale delle stazioni appaltanti pubbliche è (rectius era) oggetto di un'analitica disciplina sia nel previgente dei codice dei contratti pubblici (art. 90 e ss.), sia nel relativo regolamento di attuazione (art. 252 e ss.). In particolare, l'attività di verifica e validazione dei progetti che le stazioni appaltanti sono tenute a svolgere fornisce adeguate garanzie di capacità tecnico-professionale dei progettisti in successive gare per l'esecuzione di servizi analoghi; al contrario, l'assenza di simili obblighi di verifica preventiva in capo ai privati viene recuperato dall'art. 263, comma 2, ai fini della qualificazione dei progettisti, attraverso la necessità dell'ultimazione dei lavori. Soltanto il compimento dei lavori oggetto della progettazione – evidenzia la sentenza – consente di avere adeguate garanzie circa l'affidabilità, adeguatezza e coerenza dei servizi di progettazione svolti.

Da ultimo, il Collegio considera che, in senso contrario a quanto sinora osservato, non può essere addotta la circostanza che l'art. 263, comma 2 preveda, per i servizi svolti nei confronti di soggetti privati, modalità di prova alternative al certificato di collaudo (atti autorizzativi o concessori ovvero copia del contratto e delle fatture relative alla prestazione): il profilo del possesso del requisito di capacità tecnica sul piano sostanziale, invero, non può sovrapporsi al distinto aspetto della prova di esso, pertanto, deve comunque emergere la necessaria dimostrazione che i lavori progettati siano stati realizzati completamente.

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