I danni risarcibili in caso di illegittima esclusione da una gara di appalto

Francesco Elefante
10 Marzo 2016

All'impresa illegittimamente esclusa da un gara di appalto deve essere riconosciuto il risarcimento dei danni subiti sia a titolo di danno emergente, ivi compresi, eccezionalmente, i costi sostenuti per la partecipazione alla procedura negoziata (Cons. St., Sez. III, 14 dicembre 2012, n. 6444; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 6 ottobre 2011, n. 1466; contra, di recente, Cons. St., Sez. IV, 1 aprile 2015, n. 1708, e Cons. St., Sez. VI, 28 luglio 2015, n. 3728); sia a titolo di c.d. lucro cessante, da riferire, principalmente, all'utile non conseguito. Sul piano dell'elemento soggettivo, inoltre, non è richiesto al privato un particolare sforzo probatorio in punto di colpa dell'Amministrazione.

La fattispecie. – Una società facente parte di un Raggruppamento Temporaneo di Imprese, ottenuto l'annullamento in via giudiziale del provvedimento di esclusione di quest'ultimo da una procedura di gara – avente ad oggetto, nello specifico, l'affidamento del «servizio di rimozione, trasporto, demolizione ed avvio a recupero/smaltimento di imbarcazioni e relitti» situati in talune isole siciliane – agiva in via autonoma per ottenere pro quota la condanna dell'Amministrazione resistente al risarcimento per equivalente dei danni subiti in ragione del mancato espletamento del suddetto servizio (relativamente al quale il Raggruppamento era pacificamente risultato il migliore in termini di capacità tecnica e finanziaria), successivamente aggravati dall'inottemperanza, da parte della stessa P.A., ai provvedimenti giudiziari medio tempore emessi.

Quali voci di danno sono risarcibili? – Nel caso di accoglimento della domanda risarcitoria proposta dal partecipante illegittimamente pretermesso devono essere risarciti tutti i danni subiti tra i quali vi rientrano, eccezionalmente, anche le spese sostenute per partecipare alla gara, oltre ovviamente al mancato incremento del curriculum professionale ed al mancato guadagno.

Con riferimento specifico alla prima delle suddette voci, infatti, pur essendo noto il principio generale per cui le spese sostenute per la partecipazione alle gare di appalto restano ordinariamente a carico dell'impresa, queste ultime assurgono a voci risarcibili nell'ipotesi di esclusione illegittima in quanto sussumibili nell'ambito del c.d. danno emergente da lesione del diritto del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili.

Quanto al danno c.d. curriculare, costituente una specificazione del danno per perdita di chance, la pronuncia stabilisce che quest'ultimo è direttamente correlato alla mera qualità di impresa operante nel settore degli appalti pubblici – prescindendo dal lucro che l'impresa stessa si era ripromessa di ricavare dall'esecuzione dell'appalto – in quanto lesione afferente al mancato accrescimento della capacità competitiva sul mercato e, quindi, di aggiudicazione di ulteriori e futuri appalti: l'interesse di un operatore economico all'aggiudicazione di un appalto, infatti, non è limitato ai ricavi direttamente connessi all'esecuzione dell'oggetto della singola gara.

Con riferimento, invece, al lucro cessante da mancata esplicazione di un'attività d'impresa, pari al mancato utile ritraibile, si stabilisce che la quantificazione deve tenere conto, da un lato, dell'offerta presentata dalla società; dall'altro, degli utili attesi dall'iniziativa diminuiti, però, dei redditi eventualmente conseguiti dalla società nel periodo di riferimento attraverso l'impiego alternativo dei propri mezzi (c.d. aliunde perceptum).

Infine, con riguardo al profilo dell'elemento soggettivo, la pronuncia ribadisce il prevalente indirizzo giurisprudenziale secondo cui in materia appalti non è richiesto al privato un particolare sforzo probatorio ai fini della dimostrazione della colpa dell'Amministrazione, essendo infatti in tale ambito sufficiente invocare, quale presunzione (semplice) di colpa, l'illegittimità del provvedimento ovvero la mera allegazione di circostanze idonee a dimostrare l'insussistenza di un errore scusabile (Cons. St., Sez. III, 10 settembre 2014, n. 4618; Cons. St., Sez. VI, 25 gennaio 2008, n. 213; Cons. St., Sez. VI, 3 giugno 2006, n. 3981; Cons. St., Sez. VI, 9 marzo 2007, n. 1114; Cons. St., Sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751).